Il leggendario Barone Rosso tra mito e realtà

Lui è, e probabilmente sarà sempre, “l’asso degli assi”, il Barone Rosso o le Diable Rouge, come lo chiamavano i francesi: Manfred von Richthofen.

Manfred von Richthofen

Aviatore intrepido e senza paura, è di fatto diventato una leggenda, un eroe rispettato da amici e nemici, una sorta di cavaliere dell’aria morto giovane, come chi é “caro agli dei”.

Il Fokker Dr 1 del Barone Rosso

 

Ma com’è la realtà dietro al mito?

Manfred von Richthofen appartiene a una nobile famiglia prussiana e, come da tradizione, frequenta l’accademia militare. Quando scoppia la prima guerra mondiale passa molto tempo nelle trincee del fronte orientale, ma quei logoranti mesi di poca azione non soddisfano la sua voglia di combattere. Il ragazzo ha 23 anni, e una gran voglia di dimostrare il suo coraggio. Così entra nella Luftstreitkräfte, l’aviazione tedesca, e a settembre del 1915 riporta la sua prima vittoria in battaglia.

Ma è solo circa a metà del 1916 che diventa a tutti gli effetti un pilota da caccia, nel 2° Stormo da combattimento, dislocato in Russia. La svolta arriva quando entra a far parte della squadra di Oswald Boelcke, considerato il migliore tra i piloti da caccia tedeschi.

Gli aviatori prescelti si spostano in Francia, e a von Richthofen, dopo la sua sedicesima vittoria, viene affidato il comando di una squadriglia, la Jagdstaffel 11, che poi prenderà il giocoso soprannome di Circo Volante, perché gli aerei sono tutti colorati. Quelli di von Richthofen sono quasi sempre rossi, così l’aviatore sarà poi chiamato “Barone Rosso”.

Herman Goering, che fa parte della Jagdstaffel 11

Ma nelle missioni del Circo Volante non c’è nulla di giocoso, è sempre guerra. Forse una guerra un po’ meno sporca di quella combattuta in trincea o in prima linea, tra fango e scoppio di granate, dove guardi in faccia la morte e qualche volta anche gli occhi di un nemico, o quelli di un commilitone che si accascia fra le tue braccia.

Il Barone Rosso a bordo dell’aereo Albatros D.III.

Immagine di Bundesarchiv via Wikimedia Commons – licenza CC BY-SA 3.0

Lassù per aria sono “duelli”, quasi un cavalleresco fronteggiarsi fra due nemici alla pari, dove necessariamente vince il migliore.

Ma nemmeno quest’immagine mitizzata dell’aviazione della prima guerra mondiale risponde a verità. Immagine mitizzata, in particolare quella di von Richthofen, che è pianificata a tavolino dal governo e dalla stampa tedeschi, quando Oswald Boelcke muore in combattimento, scontrandosi con un aereo della sua squadra.

Cartolina di propaganda che recita: “Il nostro pilota da caccia di maggior successo: Barone von Richthofen”


 “Avevano bisogno di un giovane eroe radioso e bello, un vincitore che potesse essere servito in una società relativamente demoralizzata”. (J. Castan)

In realtà, la tattica del Barone Rosso non ha nulla di eroico né tantomeno di cavalleresco: quando il pilota vede un aereo nemico più “debole”, magari perché ha la mitragliatrice fuori uso oppure perché l’aviatore è evidentemente poco esperto, allora gli si “mette in coda”, e lo abbatte prendendolo alle spalle, badando bene a non sorvolare il territorio nemico.

Ricostruzione del triplano del Barone Rosso. Fotografia di Oliver von Thiele condivisa con licenza Creative Commons 2.5 via Wikipedia:

A smitizzare un po’ la figura di Manfred von Richthofen, della sua leggendaria “cavalleria” nei confronti del nemico, ci ha pensato lo scrittore e documentarista Joachim Castan, che nel libro “Il Barone Rosso” indaga la figura dall’aviatore attraverso documenti della famiglia Richthofen, dove si legge una storia un po’ diversa da quella trasmessa fino ad ora.

Manfred von Richthofen con il suo cane


L’autore parla dell’infanzia e dell’adolescenza di Manfred (forse segnata da un cattivo rapporto con la madre), della sua grande passione per la caccia, che poi sublimerà nel combattimento aereo: gli aerei nemici non sono altro che prede da abbattere, bersagli da colpire per impadronirsi di un metallico trofeo da esporre nei locali della sua base, così come esponeva le teste degli animali uccisi nella casa di famiglia.

La stanza del Barone con i trofei presi dagli aerei abbattuti

Tutto questo non trasforma il Barone Rosso in un brutale assassino, per Castan è “una figura tragica, che combatte fanaticamente, senza rimorso, in una guerra persa”.

Ma il Barone Rosso non assiste alla sconfitta del suo paese: muore il 21 aprile 1918, sui cieli della Somme, mentre cerca di abbattere un aereo nemico in difficoltà. Quel giorno forse calcola male le distanze, o forse è stanco, e si trova a sorvolare il territorio nemico. Qualcuno spara dalle trincee, e il suo aereo atterra in un campo controllato dagli australiani. Il velivolo è intatto, ma il grande asso dell’aviazione tedesca è morto. Ma lì, riverso sulla cloche, c’è solo un ragazzo che non ha ancora compiuto 26 anni.

I resti dell’aereo del Barone Rosso, con militari australiani

Manfred von Richthofen trova sepoltura, come nemico da onorare, in un piccolo cimitero francese, accompagnato da quei soldati che fino al giorno prima aveva combattuto.

I tedeschi apprenderanno della morte del loro asso grazie a un messaggio lasciato cadere da un aereo inglese sul campo-base di Cappy:

“AL CORPO D’AVIAZIONE TEDESCO. Il capitano barone Manfred von Richtofen è stato ucciso in battaglia il 21 aprile 1918 e seppellito con tutti gli onori militari”

Per tutti, d’allora in avanti, sarà l’eroe che ha abbattuto 80 aerei nemici, un uomo diventato leggenda, ampiamente sfruttato dalla propaganda nazista nei decenni a venire.


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