Un giardino segreto, un rifugio dal male che stava oscurando il mondo, un luogo dell’anima: è il Giardino dei Finzi Contini, ovvero il giardino che non esiste.
Fotografia di copertina Parco Pareschi a Ferrara, fotografia di Lungoleno condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia.
Giorgio Bassani
Immagine di pubblico dominio
Eppure non c’è turista (in particolare straniero) che, a Ferrara, non cerchi il giardino raccontato dallo scrittore Giorgio Bassani nel libro scritto nel 1962, e reso reale, ma solo cinematograficamente, dallo struggente film di Vittorio De Sica del 1970 (vincitore dell’Oscar come miglior film straniero, ma non amato dallo scrittore).
L’Oscar come miglior film straniero
Il Giardino dei Finzi Contini racconta la storia di una famiglia ebraica ricchissima, che vive in una grande villa con un magnifico giardino, dove c’è addirittura un campo da tennis. Nel 1938, quando le leggi razziali divennero una vergognosa realtà con la quale fare i conti, il giardino divenne un rifugio per un gruppetto di giovani ebrei: un luogo sicuro, dove ancora si poteva vivere la normalità: giocare a tennis e amoreggiare.
Il giardino, raccontato con tanto amore da Bassani, esercita un fascino che resiste ancora dopo molti decenni, e c’è sempre qualcuno che gira per la città alla sua ricerca. Forse perché Bassani, nel romanzo, dà delle indicazioni abbastanza precise, dei punti di riferimento lungo un percorso cittadino. Lo scrittore colloca il giardino in un luogo “all’infinito” alla fine di Corso Ercole I d’Este.
Corso Ercole I d’Este – Ferrara
Fonte immagine: Yerpo via Wikimedia Commons – licenza CC BY-SA 3.0
Il Corso attraversa Ferrara con un tracciato che identifica anche il momento di maggior fulgore della città e il successivo declino. Fu Ercole I d’Este che, nel XV secolo, incaricò l’architetto Biagio Rossetti di trasformare Ferrara in una “città ideale”, in quell’epoca chiamata Rinascimento, quando gli angusti spazi del medioevo lasciarono il posto a strade diritte e larghe, in una prospettiva che tendeva all’infinito.
Lo splendido Palazzo dei Diamanti – Ferrara
Fonte immagine: Vanni Lazzari via Wikimedia Commons – licenza CC BY-SA 4.0
In questa “città ideale”, voluta da una dinastia colta e visionaria, si possono trovare molti luoghi verdi, ma in realtà Bassani non prese ispirazione da nessun parco della sua città, ma dal lontano Giardino di Ninfa, della nobile famiglia Caetani di Sermoneta, vicino a Latina.
La ricerca di un possibile giardino, dopo oltre cinquant’anni dall’uscita del libro, dimostra quanto la storia drammatica, ma letteraria, dei Finzi Contini, si intrecci con quella reale della città. Gli ebrei furono costretti in un ghetto solo verso la fine del 16° secolo, quando la dinastia illuminata degli Este di Ferrara si estinse, e la città tornò sotto la sovranità dello stato pontificio.
Il Ghetto di Ferrara in una stampa del 1747
Nel corso del tempo, dopo l’unità d’Italia, le discriminazioni nei confronti degli ebrei sembrarono cessare. Addirittura, dal 1926 al 1938, il podestà di Ferrara fu un uomo politico di origine ebrea, Renzo Ravenna. Lo stesso padre di Bassani era iscritto al partito fascista, ma quando entrarono in vigore le leggi razziali tutto cambiò: il giovane Giorgio fu espulso dal locale circolo del tennis, e poi, dopo la laurea, costretto a insegnare unicamente nella scuola ebraica dell’ex ghetto.
La casa di Bassani a Ferrara
Fonte immagine: Sailko via Wikipedia – licenza CC BY-SA 3.0
Nel 1943 Bassani fu tenuto in prigione qualche mese per le sue idee antifasciste, e quando uscì scappò dalla città per non tornarci mai più a vivere, ma solo per esservi seppellito. La Ferrara dei Finzi Contini è proprio quella della sua giovinezza, raccontata sì attraverso il filtro di una visione poetica, ma con l’amaro finale di una tragedia che da “familiare” diventa “universale”: la Shoah.
Il protagonista, che rimane senza identità, ricorda gli anni dell’adolescenza, quando da giovane studente di ginnasio inizia a frequentare l’esclusivissima villa dei Finzi Contini, in maniera molto strana: una tredicenne Micòl lo invita a scavalcare il muro di cinta della sua villa, circondata da un bellissimo parco. Quello è il “luogo sicuro” dove i personaggi principali, tutti ebrei, troveranno rifugio dall’oscurità che incombe sulla città e sul mondo intero. Era ancora tempo di sogni, d’amore e di risate, e partite di tennis, illusioni divorate dall’orrore dei campi di concentramento, dove vengono deportati i Finzi Contini. Nessuno di loro alla fine sopravvivrà al massacro.
L’artista Dani Karavan, ispirato proprio da un gruppo di turisti in cerca del famoso Giardino dei Finzi Contini, ha recentemente presentato a Ferrara un’istallazione, un modello del giardino che non esiste “popolato di oggetti della mia mente” – dice l’autore – simboli che rimandano al romanzo, ma anche alla tragica realtà di quegli anni, come i binari ferroviari, a ricordo di quei treni che deportarono nei lager tante famiglie ebree.
Il Giardino che non c’è di Dani Karavan
Fonte immagine: MEIS
La mostra “Il Giardino che non c’è” resterà aperta fino al 10 marzo, presso il Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah.