Il Faro di Alessandria: che fine fece la settima Meraviglia del Mondo Antico?

E’ una città meravigliosa Alessandria, nei decenni che precedono convenzionalmente la nascita di Cristo, con le sue grandi strade e i ricchi templi, la tomba di Alessandro il Grande, il famoso Museo e l’incomparabile Biblioteca.

Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:

E c’è anche il gigantesco Faro, la settima meraviglia del mondo antico che, costruita per ultima, non rientra nelle classifiche più antiche, dove invece sono nominate le Mura di Babilonia.

Il Faro di Alessandria, di Antonio Tempesta – Firenze, 1610

Quando avviene la sostituzione non si sa, ma sta di fatto che quell’imponente costruzione desta la meraviglia di tutti, marinai e viaggiatori, come il geografo greco Strabone (64a.C.-24 d.C. circa), che lo descrive nella sua Geografia, o come Plinio il Vecchio (I secolo d.C,) che ne parla nella sua Storia Naturale. E non è difficile capire il perché di tanta meraviglia, se immaginiamo l’effetto provocato da un edificio alto all’incirca 130 metri (praticamente il primo grattacielo della storia) visibile da 48 chilometri di distanza, come testimonia Flavio Giuseppe, storico/militare romano del I secolo d.C.

Il Faro di Alessandria secondo Johann Bernhard Fischer von Erlach, 1720

Alessandro Magno fonda nel 331 a.C. la sua Alessandria che, fin dall’inizio, è una città di grande ricchezza, sia materiale sia culturale. Forse lui la immagina come il centro del suo vasto impero, una metropoli punto di riferimento di tutto il Mediterraneo orientale.

Dopo la sua morte prematura, la città continua comunque a prosperare sotto la dinastia tolemaica e per tutta l’antichità, richiamando da tutto il mondo greco persone che vogliono approfondire i loro studi nelle due istituzioni culturali più prestigiose dell’epoca, il Museo e la Biblioteca.

La ricchezza materiale della città invece, è dovuta in gran parte al commercio, attivo grazie al porto, costruito proprio davanti all’isola di Pharos, che viene collegata alla terraferma da una diga lunga 1200 metri, chiamata Eptastadio, che di fatto crea due approdi distinti: il Gran Porto, verso oriente, e l’Eunostos (che potrebbe tradursi come Porto del Fortunato Ritorno) a occidente.

Il Faro di Alessandria secondo Maarten van Heemskerck, 1572


Il porto però è pericoloso e occorre porre rimedio: troppe navi naufragano e molte merci vanno perse. Un faro è quello che ci vuole per garantire più sicurezza, ma anche per arricchire ulteriormente la città con una costruzione rara e in un certo senso simbolica, prova della grandezza e della ricchezza di Alessandria. Si può dire che lo scopo viene raggiunto perché il nome dell’isola su cui sorge, Pharos, diventa nelle lingue latine il nome comune dell’edificio, faro.

Il Faro di Alessandria secondo l’archeologo H. Thiersch, 1909


Quello di Alessandria non è il primo faro della storia: già i Greci ne avevano costruiti alcuni, come dimostrano diversi resti al Pireo, il porto di Atene, o altri risalenti al V e VI secolo a.C. sull’isola di Taso e a Fanari, sulla costa greca nord-occidentale. Nessuno di questi può però competere con la grandiosità e l’imponenza del Faro di Alessandria.

Ricostruzione del Faro secondo i disegni di H. Thiersch

Immagine di Emad Victor SHENOUDA via Wikimedia Commons

E’ Tolomeo I Sotere che intorno al 300 a.C. ne ordina la costruzione, completata una ventina d’anni dopo quando sul trono d’Egitto siede suo figlio, Tolomeo II Filadelfo.
L’architetto che progetta quell’opera incredibile potrebbe essere Sostrato di Cnido, almeno secondo Plinio il Vecchio, ma oggi sembra più probabile che l’uomo, ricco e potente, fosse in realtà il finanziatore.

Non ci sono dubbi invece sulla sua posizione, all’estremità orientale dell’isola di Pharos, e sul tempo relativamente breve occorso per realizzarlo, tra i 15 e i 20 anni. Pochissimo, se si considera la complessità dell’opera, oltreché il suo costo rilevante, che Plinio il Vecchio, a quattro secoli di distanza, quantifica in 800 talenti d’argento, una cifra stratosferica.

Il Faro di Abusir, un monumento funebre che forse riprende la forma del Faro di Alessandria, all’incirca della stessa epoca

Immagine di Gene Poole via Wikipedia – licenza CC BY-SA 3.0

Il faro viene descritto in molte fonti antiche, ma non sempre in maniera univoca, anzi, a volte in modi contrastanti. Molti però raccontano che l’edificio è bianco e a tre piani: uno rettangolare alla base, sormontato da uno ottagonale, mentre il terzo, quello superiore, è rotondo. Sopra a questo si alza benevola la statua di Zeus, o forse Poseidone, a proteggere i marinai. Sull’altezza del faro le notizie sono invece contrastanti: potrebbe essere stata tra i 100 e i 140 metri: una misura notevole per l’epoca, seconda solo alla Piramide di Cheope, che a quel tempo dominava la piana di Giza già da duemila anni.

Per mille e seicento anni un fuoco brucia in cima al Faro di notte, a indicare la rotta ai naviganti, mentre di giorno uno specchio di bronzo lucidato riflette la luce del sole. Nel corso dei secoli qualche terremoto lo danneggia, ma viene sempre ripristinato, almeno fino al 1330, quando è probabilmente distrutto completamente da un forte sisma.

Dopo quella data non viene più menzionato da alcuna fonte storica, mentre alcune delle sue pietre verrano usate per costruire la fortezza del Sultano Qāʾit Bāy.

Ma non quelle cadute in mare, individuate nel 1994 dall’archeologo francese Jean-Yves Empereur. Lo studioso e il suo gruppo hanno recuperato anche una statua colossale del III secolo a.C, forse una rappresentazione di Tolomeo II posta sotto al faro insieme a quella della moglie Arsinoe, raffigurata come Iside.

Resti del Faro di Alessandria sott’acqua

Immagine di Roland Unger via Wikipedia – licenza CC BY-SA 3.0

Il faro di Alessandria rappresentò per molto tempo un modello per analoghe costruzioni in tutto il Mediterraneo, ma le sue avanzate tecniche di matrice ellenistica, come i riflettori di luce, si persero nel corso dei secoli e furono recuperate solo intorno al 18° secolo. Tuttavia, nemmeno quella meraviglia architettonica e tecnologica garantì del tutto la sicurezza delle navi nel porto di Alessandria, che nei suoi fondali conserva ancora una quarantina di antichi relitti. Senza quel Faro però, sarebbero stati sicuramente molti di più.


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