Il 12 ottobre del 1492 Cristoforo Colombo sbarcava su un’isola: un’isola che credeva far parte dell’Asia, quell’Oriente leggendario descritto da diverse personalità medievali e da uno sconosciuto scrittore e forse viaggiatore, non ancora identificato con certezza: un certo John Mandeville. Autodefinitosi cavaliere inglese nativo della città di St. Albans, vissuto nel XIV secolo, il suo nome è considerato uno pseudonimo, attribuito da alcuni al medico francese Jean de Bourgogne, da altri all’abate Jean le Long, o ancora ad altri personaggi. I Viaggi di Mandeville ebbero un notevole impatto sul mondo immaginato dai viaggiatori tardo-medievali ed ebbero grande influenza sul navigatore genovese, convinto della possibilità di giungere nell’Estremo Oriente attraverso l’Atlantico: nozione già nota in passato e ribadita dallo stesso Mandeville, che sosteneva la possibilità di circumnavigare il globo.
Ritratto di Mandeville, 1459:
L’Oriente, nel Medioevo, era visto come un luogo misterioso, visitato solo da pochi viaggiatori, mercanti e missionari. I resoconti erano arricchiti di immagini mitologiche, rielaborate costantemente dall’immaginazione di quegli scrittori che raccoglievano informazioni, di varia provenienza, su quelle località e sulle creature che pensavano le abitassero. Notevole successo ebbero i “Viaggi” di John Mandeville, il resoconto di un viaggio mai o solo parzialmente svolto dal suo scrittore (sempre che sia stato scritto dalla stessa mano). Oggi siamo a conoscenza della dimensione immaginaria delle sue narrazioni, per le quali ha attinto da altri testi (di Marco Polo, Odorico da Pordenone, Pian del Carpine e altri) ma, al tempo, la mancanza di diffuse esplorazioni e di resoconti attendibili non basati sul sentito dire, oltre alla mentalità molto diversa da quella “scientifica” che si svilupperà più avanti, era facile credere a quei racconti, che con l’ampliamento delle conoscenze si riveleranno per quello che sono, storie ricche di elementi fantastici affiancate a parti verosimili.
Illustrazioni:
Colombo era convinto di essere giunto nelle Indie, nell’Oriente descritto dal Polo e dal Mandavilla, tuttalpiù poco distante, e per questo per diverso tempo si dedicò alla ricerca del celebre Gran Khan che, secondo le notizie raccolte prima della partenza da Palos, governava una buona fetta dell’Asia. Ma questi non c’era. Era sempre più lontano. In compenso, secondo le informazioni raccolte, c’erano delle amazzoni a Matinino (Martinica, dove Colombo collocherà l’isola delle donne), gente meno fantastica del popolo di donne guerriere, che avvicinavano i maschi delle popolazioni vicine solo per accoppiarsi, che si mutilavano il seno per combattere meglio, che erano governate dalla guerriera migliore del loro Paese, Amazonia, secondo Mandeville collegato alla terraferma solo da due lembi di terra e per il resto circondato dal mare.
Cristoforo Colombo
Mancavano, però, i cinocefali di Ongamara, adoratori del Bue, di cui portavano un’immagine sul copricapo che indossavano; gli uomini che comunicavano sibilando e vivevano in caverne fatte di terra; i dragoni e i liofanti di Silla, le oche a due teste e i leoni bianchi grandi come buoi; i giganti; gli uomini con gli occhi nelle spalle e la bocca nel petto, o quelli senza naso e senz’occhi ma con la bocca nella schiena, o ancora quelli che usavano il grande labbro inferiore per proteggere la testa dal sole; persone prive di lingua e con una bocca talmente piccola da potersi nutrire solo con una cannuccia; persone con orecchie che arrivavano sino alle ginocchia, altre con zampe di cavallo e uomini-scimmia.
E non avrebbe trovato neanche i popoli che a causa del caldo avevano i testicoli che arrivavano fino alle ginocchia, o i grifoni, o gli alberi da lana. Non c’era la costa magnetica che attirava le navi a sé, impedendo ogni avvicinamento; mancava il fiume di pietre preziose che sgorga direttamente dal Paradiso Terrestre; il deserto abitato dagli uomini muniti di corna e le canne con pietre preziose alla radice.
Non avrebbe trovato la fonte della giovinezza…
Forse, però, almeno il Gran Kahn, il Prete Gianni (già nominato dagli scrittori precedenti e forse basata sulle voci che arrivavano su sovrani Keraiti o su capi mongoli o cinesi), le grandi città (persino più grandi di quelle europee) e i ricchi regni esistevano. I cannibali c’erano; c’erano i “selvaggi” disinibiti, che andavano in giro nudi o tuttalpiù coperti da uno straccio sui genitali; le miniere d’oro e d’argento, anche se non ancora soddisfacenti; persino i mangiatori di uomini, i cannibali (Caribi), che tra l’altro non erano poi così lontani dalle terre che lo stesso Ammiraglio stava esplorando. Quello doveva essere l’Oriente, o per lo meno un suo prolungamento. Il Cipango e il Cathay dovevano trovarsi ormai a portata di mano. Lì avrebbe trovato spezie, oro e argento in abbondanza.
Illustrazioni:
A Cuba (Johanna), convinto fosse un prolungamento del Cathay, Colombo non incontrò grandi città costiere, bensì villaggi sparsi e persone che si dileguavano nella foresta alla vista degli spagnoli. Vi trovò però: “molti porti larghi e sicuri come non vidi mai in altri luoghi. Molti fiumi grandi e salubri… monti altissimi… gran varietà d’alberi che s’elevavano a grandi altezze… palme notevoli per altezza e per bellezza… meravigliose pinete, campi e prati vastissimi”. A Hispaniola gli abitanti giravano nudi, non avevano armi in ferro e, soprattutto, non erano idolatri. L’Ammiraglio non aveva incontrato, nonostante avesse inviato esploratori all’interno di Cuba, quei popoli adoratori di buoi, serpenti e altri animali decantati dal Mandeville. Intanto, però, aveva preso possesso di quelle terre e già pronosticava il fiorire dei traffici e i grossi guadagni che si avrebbero avuti sfruttando quei Paesi.
“In queste isole fin qui non ho trovato uomini mostruosi, come molti pensavano… tranne quelli di un’isola… la quale è popolata da uomini, temuti in tutte le isole come molto feroci, che si cibano di carne umana”, racconta Colombo. Le narrazioni medievali situavano a Oriente le dimore dei mostri più svariati. “Sebbene intorno a queste terre si sia già detto e scritto da altri, tutto fu per congettura senza che alcuno le abbia viste e conosciute positivamente, tantoché i veggenti ricevevano queste novelle e le giudicavano più per favole che per altro”. Insomma, il celebre genovese era a conoscenza della natura fantastica di quei racconti, o almeno della maggior parte. In fondo Mandeville non era mai stato in nell’Asia centrale e orientale. Persino Marco Polo aveva basato molte delle sue narrazioni sul sentito dire. Tuttavia, altrove dovevano pur esserci uomini con un solo occhio o con la faccia canina. Qualcosa si trovava, molte cose no. Ma per fortuna i mostri mancavano e la maggior parte della popolazione sarebbe potuta essere convertita (Colombo non lo sapeva, ma soprattutto sterminata) senza molti problemi.
Fonti:
Sir John Mandeville (by Letts Malcolm). Nuovo mondo. Gli italiani 1492-1565 (Paolo Collo, Pier Luigi Crovetto). https://it.wikisource.org/wiki/Lettera_ai_Reali_di_Spagna. https://it.wikisource.org/wiki/Lettere_autografe_edite_ed_inedite_di_Cristoforo_Colombo. I Viaggi di John Mandeville (https://www.liberliber.it/online/autori/autori-v/viaggi-di-gio-da-mandavilla/ ; https://archive.org/details/in.ernet.dli.2015.172783).