Il dodecaedro romano è un oggetto in pietra o in bronzo che è stato ritrovato in diverse zone corrispondenti ai confini dell’Impero Romano. Risalente a un periodo che va dal II al III secolo dopo Cristo, questo piccolo manufatto rappresenta un mistero per tutti gli storici e gli archeologi, che non sono ancora riusciti a spiegare (con certezza) la funzione di un oggetto tanto particolare.
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Il dodecadro è una figura assai complessa, fatta di dodici facce pentagonali. Il manufatto romano aveva inoltre delle piccole sfere sui vertici che hanno una funzione sconosciuta. Gli oggetti rinvenuti hanno dimensioni che vanno da 4 agli 11 centimetri, quindi molto simili e regolari nella loro produzione, e sono stati trovati dall’Olanda al Belgio, dalla Francia alla Germania, dalla Svizzera all’Austria, e in genere nella parte più settentrionale dell’allora immenso Impero Romano. In totale sono 116 i dodecaedri che sono giunti sino ai giorni nostri, alcuni di pregevolissima fattura mentre altri meno rifiniti.
Sotto, il Dodecaedro romano trovato in Germania in mostra al castello di Saalburg. Fotografia di Itub condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
Nonostante sembri incredibile, non esistono fonti letterarie che menzionino il dodecaedro e lo scopo della sua costruzione. La circostanza è curiosa, perché quello che potremmo definire un “gadget” universalmente conosciuto non viene descritto in nessun testo dell’epoca.
Le ipotesi
Le ipotesi riguardo il suo utilizzo sono diverse, e vedono il dodecaedro utilizzato come:
- Un oggetto per tessere, in cui le piccole sfere costituivano degli appigli per il filo
- Un oggetto di culto, in cui i fori consentivano di ospitare delle statuine votive
- Una figura che consentisse di determinare gli equinozi di primavera e autunno, in base ai quali i contadini determinavano il periodo migliore per la semina
- Il dodecaedro poteva inoltre essere un oggetto di misurazione ingegneristica, ad esempio per determinare la corretta sezione dei tubi dell’acqua
- Un particolare dado a 12 facce
- Uno strumento di misurazione per il campo di battaglia
La teoria più antica è che si tratti di un manufatto per qualche tipo di cerimonia religiosa, teoria supportata dai ritrovamenti archeologici, che vedono la maggior parte dei dodecaedri rinvenuti in siti gallo-romani, in particolare anche all’interno della tomba di una donna. Alcuni dodecaedri in oro sono stati scoperti anche in tesori del sud-est asiatico, confermando l’ipotesi che, in antichità, questa forma era associata ad un oggetto prezioso.
Altri studiosi ipotizzano che i dodecaedri possano risalire a culture antecedenti a quella romana, e che la datazione al tempo degli Imperatori sia solo da attribuire ai siti di ritrovamento.
L’ultima ipotesi, datata 2015, è stata fatta dalla ricercatrice Amelia Carolina Sparavigna, del Politecnico di Torino, che ha spiegato come il dodecaedro potrebbe esser stato un oggetto per misurare le distanze, precisamente un telemetro, utilizzato sui campi di battaglia.
Per misurare la distanza sarebbe stato sufficiente posizionare l’occhio di fronte a una coppia di fori e conoscere la dimensione di un determinato oggetto, ad esempio le insegne di una legione. Grazie all’allineamento dei fori si sarebbe potuto determinare, con un buon grado di approssimazione, la distanza dell’oggetto.
Nonostante la bontà delle ipotesi, però, queste rimangono solo supposizioni, e finché non si troverà un documento scritto che illustri la funzione dei dodecaedri non si sarà, probabilmente, in grado di determinare con certezza il suo utilizzo.
Per comprendere bene il funzionamento del Dodecaedro come telemetro è possibile consultare l’articolo: “Un dodecaedro romano come strumento per misurar distanze”, articolo di Amelia Carolina Sparavigna pubblicato su Researchgate.