Era il 1584 quando fu stilato, dall’erudito inglese Richard Hakluyt, un documento rivolto alla regina Elisabetta d’Inghilterra, dedicato al sostegno di un progetto di colonizzazione del Nord America. L’Inghilterra non pareva molto interessata a intraprendere il suo cammino imperiale in America. A quel tempo non erano stati ancora fatti seri tentativi di conquista, per questo diverse personalità di una certa influenza (Gilbert, Frobisher, Raleigh, Dee) iniziarono a propagandare la necessità di installarsi nel Nuovo Mondo, in modo da sfidare gli spagnoli, arricchire il Paese, trovare il passaggio per i ricchi mercati delle Indie orientali ed evangelizzare le popolazioni locali.
Richard Hakluyt raffigurato in una vetrata della cattedrale di Bristol
Immagine di Charles Eamer Kempe via Wikimedia Commons – licenza CC BY 3.0
Nel 1583 Humphrey Gilbert aveva formalmente preso possesso del Newfoundland (l’area intorno a Terranova), ma ancora non era stata insediata alcuna colonia. Il suo decesso nel viaggio di ritorno non gli permetterà di sfruttare a pieno il brevetto concessogli dalla regina per fondare un insediamento oltreoceano. Sarà il fratellastro Walter Raleigh a farsi carico della missione e a chiedere una patente per recarsi in America. La regina doveva, comunque, essere convinta a sostenere il progetto.
Era necessario che la Corona ravvisasse una forte convenienza nel proseguimento dell’impresa, ed è per questo che Raleigh decise di chiedere all’amico Hakluyt di contribuire all’opera di persuasione, con un trattato sulle ragioni che avrebbero dovuto incentivare la Corona a colonizzare l’America (A Particuler Discourse Concerninge the Greate Necessitie and Manifolde Commodyties That Are Like to Growe to This Realme of Englande by the Westerne Discoueries Lately Attempted, Written in the Yere 1584).
Ma questo non era l’unico motivo. Il Discorso appoggiava anche il progetto politico perorato da Raleigh, fautore dell’espansionismo inglese e della lotta allo Spagnolo, sul piano commerciale, militare, marittimo, imperiale e religioso. Così il grande scrittore prese a delineare i motivi che avrebbero dovuto avvalorare i piani del compagno.
Sir Walter Raleigh
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Innanzitutto, i nordamericani non erano cristiani. Hakluyt riporta le parole di San Paolo: “Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato”. Nome però sconosciuto a quelle popolazioni, dunque bisognava evangelizzarle. Per questo era necessario installarsi in quelle terre e inviare dei predicatori. I reali inglesi avrebbero dovuto farsi carico di tale missione, in quanto “Difensori della Fede”. L’evangelizzazione non sarebbe dovuta avvenire in modo traumatico: i coloni, dopo aver appreso lingua e costumi delle popolazioni autoctone, avrebbero insegnato gradualmente il Vangelo, evitando un massacro come quello degli spagnoli in Florida.
Arrivo di Inglesi in North Carolina – disegno tratto dal Discourse Concerning Western Planting – 1585 circa
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Non certo secondarie erano le motivazioni commerciali. La Spagna era forte e l’Inghilterra aveva una grande necessità di beni come oli e tinte per i capi d’abbigliamento da inserire nei propri circuiti commerciali, di cui facevano parte anche i domini spagnoli; ma anche di molte altre merci che doveva necessariamente prendere da ulteriori mercati poco agevoli (Spagna, Europa continentale, Mediterraneo, ecc.). Le navi inglesi venivano perquisite e gli ufficiali spagnoli non si facevano scrupoli a prendere ciò che volevano.
I contrabbandieri rischiavano la vita e l’economia britannica poteva essere danneggiata dalla lotta alle navi inglesi, le quali erano anche vittime degli attacchi di pirati e corsari barbareschi. In Francia vi era il problema delle imposte e delle confische. Il commercio delle Fiandre era in difficoltà a causa della guerra. La Danimarca aveva tolto alcuni privilegi agli inglesi, in risposta a un’azione simile portata avanti dall’Inghilterra. La Moscovia non passava un periodo felice a causa del raffreddamento dei rapporti con lo zar e della concorrenza di altri Paesi. Il commercio con l’estero risultava, in ogni caso, troppo costoso. Era desiderio di Hakluyt emanciparsi dalla dipendenza dai mercati europei, puntando a conquistarsi uno spazio da cui trarre una miriade di risorse da portare in patria, contenendo i costi, e da utilizzare per accrescere la produzione e le esportazioni britanniche.
Carta dell’America Settentrionale attribuita all’abate Claude Bernau (circa 1681)
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Era poi necessario trovare un nuovo mercato più sicuro e vantaggioso. Dell’America parla prendendo spunti dalle descrizioni di precedenti viaggiatori, traendo dai loro scritti le parti ove quelle terre venivano descritte come idilliache, ottime per la fondazione di colonie, provviste di ogni ben di Dio e dal clima temperato. La zona tra il trentesimo e il sessantesimo parallelo era perfetta. Il viaggio sarebbe durato poco più di un mese, cosa che avrebbe permesso di ridurre le provviste e aumentare il numero di navi che avrebbero percorso ogni anno la rotta, libera dal pericolo di pirati e corsari che infestavano il Mediterraneo. I mercanti non avrebbero, infine, dovuto temere l’azione dell’inquisizione, sempre alla ricerca di possessori e contrabbandieri di libri proibiti. La tassazione avrebbe potuto essere estesa, portando così nuove entrate alla Corona.
La ricerca di un passaggio, alternativo allo stretto di Magellano, per l’Oceano Pacifico, la cui esistenza tenta di suffragare elencando le testimonianze e le ipotesi formulate da alcuni navigatori (Cartier, Caboto, Ribault, etc.), in modo da stabilire una rotta per la Cina, era un altro degli obiettivi che avrebbero dovuto muovere la Corona verso il cammino imperiale. Una base per queste spedizioni sarebbe stata certamente utile. Nessuno, però, aveva ancora trovato quel passaggio, il quale era solo frutto di congetture; inoltre, ancora non era conosciuta l’esatta dimensione del continente. Il Nord America era in gran parte misterioso, ma al di là di esso era ormai certo che si trovasse il ricco “Oriente”.
La fondazione di nuove colonie, nella mente di Hakluyt, avrebbe potuto generare lavoro per gli inoccupati e fornito una soluzione al problema del vagabondaggio, della pirateria, del sovraffollamento delle carceri, della micro criminalità (ad es. i furti). I condannati avrebbero potuto costituire un’utilissima manodopera a basso costo nelle terre americane, venendo impiegati in mansioni di costruzione, nella produzione di materiale navale, come taglialegna, nelle miniere o nelle piantagioni, nella caccia alle balene, nella pesca e in qualsiasi altra attività utile alla madrepatria. Già si pensava al potenziale del mercato locale, ai nativi che, per via degli inverni rigidi, avrebbero gradito gli indumenti prodotti dagli inglesi. E non solo gli impiegati del settore tessile sarebbero stati i benvenuti, bensì tutti coloro in cerca di un’occupazione. Qualsiasi attività avrebbe potuto essere utile. Tutti, con il “lavoro onesto”, potevano “trovare sé stessi senza pesare sulle spalle degli altri”. Hakluyt proponeva la prospettiva di una colonia di onesti lavoratori, una comunità moralmente impeccabile. Il lavoro avrebbe poi incentivato i matrimoni e il concepimento di figli.
L’installazione di alcune basi, soprattutto in prossimità della Florida, avrebbe potuto, inoltre, permettere agli inglesi di insidiare la flotta e i domini ispanici. I nativi della Florida erano nemici degli spagnoli e questo avrebbe favorito la permanenza inglese. Hakluyt prende spunto dal passato recente: propone di armare i nativi della Florida contro gli spagnoli, così come questi ultimi avevano fatto con gli irlandesi; ripensa alle esperienze di spagnoli e portoghesi con i rispettivi imperi; prende le belle descrizioni riportate in Europa dagli esploratori del Nuovo Mondo; spiega il successo delle imprese di Carlo V e Filippo II con le ricchezze provenienti dalle Americhe (la Spagna era, in realtà, in una situazione economica, sociale e finanziaria estremamente precaria).
“Le ricchezze sono i più idonei strumenti di conquista”
Il Discorso di Hakluyt aveva una forte valenza anti-spagnola. Inglesi e spagnoli erano ai ferri corti (non a caso la guerra anglo-spagnola scoppierà proprio nel 1585): i corsari inglesi attaccavano navi e porti dell’impero di Filippo; i britannici intervennero nella successione al trono portoghese e appoggiarono i rivoltosi protestanti dei Paesi Bassi, che stavano creando all’imperatore non pochi problemi; Filippo, dal canto suo, voleva influenzare la politica inglese, favorendo il cattolicesimo, proponendosi anche di sostenere la rivolta in Irlanda. Hakluyt critica aspramente la Spagna e i suoi sovrani, che definisce tiranni, auspicando la liberazione delle popolazioni americane dal giogo spagnolo e riproponendo gli scritti di Las Casas sulle violenze perpetrate dai castigliani. Secondo i suoi piani è dall’America che sarebbe dovuto partire il rovesciamento dell’impero di Filippo, il quale sarebbe collassato sotto la sua stessa grandezza: i domini si sarebbero ribellati, il governo sarebbe caduto sotto il peso del debito che già lo sommergeva, le guarnigioni alle frontiere, non pagate, si sarebbero ribellate; il fine era l’isolamento di Filippo, anche da parte degli altri principi.
Ma non solo: era iniziata la corsa serrata alla colonizzazione delle terre d’oltreoceano. Era ormai imperativo non rimanere indietro. Bisognava ingrandirsi, espandersi, accaparrare, trovare e creare nuovi mercati, acquisire sempre più risorse, aumentare la popolazione, l’esercito, la flotta e le entrate fiscali per tenere in piedi tutta la struttura imperiale. La Spagna era, poi, una potenza pericolosa. A corte si discuteva su quale dovesse essere la politica da adottare a riguardo: difensiva o offensiva. La strategia offensiva, sostenuta da Raleigh e Hakluyt, prevedeva l’attacco ai domini coloniali spagnoli. I corsari Hawkins e Drake avevano svelato la debolezza della Spagna nella difesa dell’impero.
Il corsaro John Hawkins
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Giudica ingiurioso e irragionevole il fatto che il papa, Alessandro Borgia, uno spagnolo, a suo tempo, avesse tenuto conto solo di Spagna e Portogallo nell’assegnazione delle aree del mondo da colonizzare (bolla Inter Caetera), discriminando, in questo modo, gli inglesi; critica poi la tendenza della Chiesa di Roma a intromettersi sempre nelle questioni terrene.
Il corsaro Francis Drake
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Ma non solo: Hakluyt afferma il diritto dell’Inghilterra ad avere un suo spazio nel Nuovo Mondo, in virtù del presunto viaggio compiuto dal principe gallese Madoc (XII sec. – in realtà mai avvenuto), arrivando ad asserire come diverse parole del luogo fossero simili a parole gallesi; altra rivendicazione si serve delle esplorazioni compiute da Caboto, il quale, tra l’altro, avrebbe scoperto la terraferma, il continente, un anno prima di Colombo, ancora impegnato nella perlustrazione delle isole.
“Per avere diritto su un paese, è sufficiente averlo visto e scoperto”, afferma Hakluyt. La missione religiosa e la rivendicazione delle “scoperte” servivano a giustificare sia a Corte sia a livello internazionale la politica imperialistica, che avrebbe aiutato a contenere e magari danneggiare la tracotante potenza spagnola, a incrementare la potenza inglese e a risolvere diversi problemi interni, come la povertà, la disoccupazione e il vagabondaggio (le leggi per i poveri non avevano ancora risolto il problema, che crisi e aumento demografico non aiutavano ad arginare; inoltre pare non sia ancora del tutto chiara l’effettiva entità del problema, che parrebbe molto esasperato dagli scritti degli osservatori del tempo).
Intanto la regina aveva concesso a Raleigh una patente, della durata di sei anni, per impiantare una colonia in Nord America. Il favorito della regina non perse tempo: il 25 marzo 1584 venne emesso il brevetto e il mese dopo inviò una spedizione esplorativa alla volta del Nuovo Mondo. Dopo poco più di due mesi di viaggio gli uomini inviati da Raleigh toccarono terra. Bisognava fare in fretta: non si poteva permettere che gli spagnoli occupassero quella regione, che intanto Raleigh aveva ribattezzato Virginia in onore della regina Elisabetta (vergine perché non sposata), la quale lo nominerà cavaliere.
La Colonia della Virginia
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L’anno successivo una nuova spedizione approderà sull’isola di Roanoke, stavolta per fondare una colonia. Un grosso problema interverrà, però, a rendere difficili i rapporti con l’insediamento, contribuendo al fallimento di questo tentativo di colonizzazione: la guerra con la Spagna, scoppiata ufficialmente nel 1585, quando gli inglesi si intromisero apertamente nella rivolta dei Paesi Bassi spagnoli. In questo periodo si prediligerà dedicarsi alla ricerca del passaggio per il Pacifico; mentre un gruppo di puritani, dopo essere stato scarcerato, otterrà il permesso, da parte del Consiglio privato della regina, di andare nelle isole della Maddalena per fondare un proprio insediamento separatista, destinato anch’esso a fallire (faranno ritorno in Europa). I viaggi verso quelle regioni, comunque, non furono mai interrotti del tutto, anzi, si continuerà ad approdare sulle coste nordamericane, ma senza seri piani di installazione permanente. L’avventura coloniale in Nord America riprenderà vigore solo nel 1607, qualche anno dopo la fine della guerra, quando verrà fondata, in Virginia, la colonia di Jamestown.
Fonti:
https://archive.org/details/discourseonweste00hakl/mode/2up
English colonization of North America (Louis B. Wright)
Envisioning America: English plans for the colonization of North America, 1580-1640
The expansion of Elizabethan England (A. L. Rowse)
English seamen and the colonization of America (E. Keble Chatterton)
North American discovery: circa 1000-1612 (David B. Quinn)
Sixteenth century North America: the land and the people as seen by the Europeans (Carl O. Sauer)