Il 9 settembre 1949, a Québec, sembra un giorno come tanti. All’aeroporto, la torre di controllo segue sul radar, tra i tanti aerei in volo, un Douglas DC-3 della Canadian Pacific Airlines, la principale compagnia privata del Paese, che è da poco ripartito dopo essere arrivato da Montreal, con destinazione Baie-Comeau, una cittadina piccola ma molto importante dal punto di vista commerciale, quasi al confine tra Canada e USA, un viaggio breve e tranquillo.
Improvvisamente, alle 11:15, il velivolo scompare dai radar
Le ricerche, immediatamente attivate, scopriranno dopo poche ore che il viaggio si è fermato a metà strada, all’altezza del villaggio di Sault-au-Cochon, a circa 40 km da Quebéc City. L’aereo è esploso in volo, come attesta la testimonianza di un pescatore che ha assistito al fatto, e i suoi rottami si sono sparpagliati in un’area boscosa e disabitata, sulla riva Nord del Golfo di San Lorenzo.
Un DC-3 della Canadian Pacific:
Poliziotti e tecnici inviati sul posto possono solo accertare che il velivolo è andato completamente distrutto e che tutte le persone a bordo (19 passeggeri e 4 membri dell’equipaggio) sono morte. Incidente inspiegabile, caso chiuso.
Per la Canadian Pacific Airlines, una compagnia che ha fatto della qualità e della sicurezza dei voli il suo punto forte, è una batosta terrificante. Tra l’altro, tra i 19 passeggeri, c’erano alcuni importanti imprenditori e manager, e i risarcimenti da pagare alle loro famiglie si prospettano apocalittici, di una portata tale da portare la compagnia alla bancarotta.
Alcuni Rottami:
Uno dei vicepresidenti della Canadian Pacific Airlines, N.R. Crumb, a differenza dei suoi colleghi, non si lascia prendere dal panico. Si è sempre occupato della sicurezza degli aerei e le circostanze del disastro lo lasciano parecchio perplesso. Contatta immediatamente un detective suo amico, Jacques Perreault, e lo invia sul posto insieme a due tecnici e a un avvocato, Francois Gravel.
Perreault riferisce, già dopo il primo sopralluogo, che c’è qualcosa che non quadra. Soprattutto, i rottami più grandi emettono un odore di dinamite a dir poco sospetto. Crumb e Gravel si precipitano dal primo ministro Maurice Duplessis a chiedere che intervenga presso il Ministero della Giustizia per far riaprire le indagini. La risposta è raggelante: non se ne parla proprio, è meglio che la Canadian Pacific Airlines si preoccupi di come reperire i soldi per i risarcimenti.
Crumb però non si arrende, e riesce almeno a strappare l’autorizzazione a proseguire privatamente le indagini a spese della compagnia. Subito dopo, su suo ordine, Perreault ingaggia i 15 migliori detective canadesi: qualunque pista da seguire sarà battuta fino in fondo.
Lo schema di ritrovamento dell’aeroplano:
Passano pochi giorni e la ricerca dà i primi frutti. Un tassista di Quebéc City racconta di aver condotto all’aeroporto, la mattina del 9 settembre, una signora corpulenta che aveva con sé una scatoletta di legno da consegnare a qualcuno che stava per partire. Altri testimoni identificano la donna come Marguerite Pitre, nata Ruest, una domestica quarantenne che il 20 settembre successivo ha tentato il suicidio con il gas, senza riuscirci, lasciando un biglietto sconclusionato in cui si accusava di un crimine non chiarito.
La Pitre, fermata dalla polizia, canta quasi subito: il pacchetto conteneva una bomba a orologeria e lei lo ha consegnato a una donna di 29 anni, Rita Guay, nata Morel, che stava per imbarcarsi proprio su quel DC-3 ed era ovviamente ignara del suo contenuto.
Sotto, Rita Morel in Guay:
Ma perché?
Deve esserci un mandante, e questo è il più facile da immaginare, il primo che verrebbe in mente a qualunque sbirro: Joseph-Albert Guay, 32 anni, marito di Rita.
Joseph Guay:
Guay è un rappresentante di orologi e gioielli, viaggia molto per lavoro e ama condurre una vita dispendiosa: troppo, per le sue finanze familiari sempre al limite del dissesto. A forza di contrarre debiti, è stato costretto a chiudere la sua attività e a lavorare alle dipendenze di altri, ragione per cui la moglie lo considera un miserabile fallito e non fa nulla per nasconderlo, né a lui né a chiunque altro. Da quando è nata la loro unica figlia, poi, gli ha letteralmente sbarrato la porta della camera da letto. Poco male, per uno come Guay che non è certo portato alla monogamia, e infatti il rappresentante si è subito trovato una sostituta, nella persona di una cameriera diciannovenne, Marie-Ange Rouletabille, con la quale, nel 1949, ha una relazione da 2 anni.
Il fatto però è che Marie-Ange comincia a stufarsi di fare la ruota di scorta e di divorziare da quella bigottona di Rita non se ne parla proprio: nel Quebéc cattolico e francofono, il divorzio non esiste nemmeno. Senza contare che Guay continua a spendere molti più soldi di quelli che guadagna.
Così un giorno, all’ineffabile rappresentante, viene in mente l’idea con cui risolvere tutti i problemi, la classica storia dei due piccioni presi con una fava. Rita, visto che anela tanto al Paradiso, lo raggiungerà al più presto, grazie a un finto incidente, e lascerà al marito devoto un bellissimo ricordo: i 15.000 dollari canadesi (equivalenti a 156.000 dollari di oggi) delle due assicurazioni sulla vita che lui ha prontamente stipulato a suo nome (una da 5 e una da 10 mila dollari, nel giorno del volo) nella triste eventualità di doversi consolare della perdita.
Il piano di Guay è tanto semplice quanto cinico. La convincerà a fare un viaggio con una bomba a orologeria nei bagagli, che esploderà mentre l’aereo sorvola il mare. Quindi, con la tecnologia del tempo, sarà impossibile recuperare reperti che possano servire a incriminarlo. Accidentalmente, nella deflagrazione, moriranno anche tutti gli altri passeggeri… ma la perfezione non appartiene a questo mondo, pensa Guay mentre si frega le mani ritenendo di aver messo a punto, se non il delitto perfetto, ciò che ci si avvicina di più.
Joseph e Maria insieme:
Nonostante i pessimi rapporti tra loro, riesce a convincere Rita a partire con il solo argomento cui la donna è sensibile, quello del lavoro e dei soldi: deve compiere due viaggi contemporaneamente, le spiega, uno da un cliente a Montreal e uno per recuperare un campionario a Baie-Comeau. Può lei essergli di aiuto? Rita accetta e parte per Baie-Comeau. All’ultimo minuto, Guay le fa arrivare un altro pacchetto in cui, ufficialmente, c’è solo della merce per un altro cliente.
Però, per attuare il piano, gli servono dei complici
Una è appunto la Pitre, che porta a Rita il pacchetto con la bomba mentre Guay si fa vedere da quanti più testimoni possibile mentre passeggia insieme a Marie-Ange sulla Dufferin, celebre terrazza panoramica, da cui si possono anche ammirare gli aerei che decollano dall’aeroporto. L’altro è il fratello della Pitre, l’orologiaio Généreux Ruest, che prepara il congegno a tempo che farà esplodere l’ordigno al momento prestabilito.
Purtroppo per Guay, l’aereo ha 10 minuti di ritardo e non esplode sull’acqua, bensì sulla terraferma, lasciando reperti facilmente recuperabili.
Il processo, nonostante gli indizi e le prove, e la confessione della Pitre, non è facile. Guay accusa senza mezzi termini i suoi due complici di essere stati consapevoli fin dall’inizio di ciò che stavano preparando, mentre loro rispondono di non averne mai saputo nulla. Ruest afferma che Gauy gli commissionò la bomba a orologeria allo scopo di bonificare un terreno di sua proprietà dalle radici degli alberi tagliati (una pratica molto comune a quel tempo), mentre la Pitre sostiene di aver capito tutto solo dopo aver appreso la notizia dell’esplosione (e il tentato suicidio potrebbe dimostrare che è davvero così).
Joseph Guay con la figlia piccola:
Del resto, è possibilissimo che Guay li accusi solo per prendere tempo. La condanna a morte è certa ma, se deve testimoniare nei processi contro di loro, l’esecuzione sarà posticipata e, più tempo passa, più è probabile che la pressione dell’opinione pubblica si affievolisca e renda possibile la concessione di un’eventuale grazia, che Guay ha tutte le intenzioni di chiedere.
Guay al momento dell’arresto:
Invece i giudici hanno fretta di consegnarlo al boia, perché dietro di loro c’è il governo che preme. La faccenda delle indagini non riaperte dopo la richiesta della Canadian Pacific Airlines brucia parecchio. Se tutto fosse dipeso solo da Duplessis, ora Guay se la spasserebbe, perciò il premier è ansioso di recuperare credito mostrandosi inflessibile contro lo spietato stragista.
Così le richieste di rinvio sono respinte, e Guay finisce impiccato a Montreal il 12 gennaio 1951. Sulla forca, prima che il boia tiri la leva, fa in tempo a pronunciare la frase che lo consegnerà definitivamente agli annali della Storia criminale: “Au mois, Je meurs célèbre!” (“Almeno, muoio famoso!”).
Guay a processo:
Sulla sola base delle sue accuse, con il Paese ormai in preda a una foga giustizialista senza limiti, vengono condannati a morte anche Ruest e la Pitre. Ruest è impiccato, sempre a Montreal, il 25 luglio 1952. Le condizioni di salute dell’orologiaio, già affetto da tubercolosi ossea al momento dell’arresto, si aggravano durante la detenzione ed è necessario condurlo al patibolo su una sedia a rotelle. Invece di finire impiccato, sarà decapitato perché, quando si stringe il cappio all’apertura della botola, la testa si stacca dal corpo.
Sotto, la Pitre:
Nemmeno questo orrore desta un briciolo di pietà verso la Pitre, che sarà la dodicesima e ultima donna a essere giustiziata nella Storia del Canada. Il 9 gennaio 1953 arriva il suo turno: alla vista del patibolo, la donna sviene e, dato che pesa oltre 100 kg, occorre lo sforzo di quattro guardie per sollevarla e procedere con la procedura prevista.
Diversi giuristi e altri studiosi hanno esaminato il caso e la conclusione è pressoché unanime: indipendentemente dalla possibilità che fossero colpevoli o no, Ruest e la Pitre furono condannati a morte con troppa leggerezza, sulla base di elementi assolutamente insufficienti a pronunciare qualsiasi verdetto, non solo quello capitale.