Il difficile rapporto madre/figlia fra Edith e Anna Frank

Quando compie tredici anni, il 12 giugno 1942, Annelies Frank, detta Anne, riceve in dono un diario. Ancora non sa che quel quaderno raccoglierà pensieri e parole destinati a graffiare le coscienze di milioni di persone, a rammentare per sempre quello che significò il nazismo per ogni singola persona di origine ebrea, al di là degli orrori della guerra e dei campi di concentramento.

Anne Frank – 1940

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Perché nel suo Diario, Anne Frank racconta di quegli infiniti giorni trascorsi nell’alloggio segreto dove si nasconde insieme all’amatissimo padre Otto, alla madre Edith, alla sorella Margot, e a quattro persone estranee alla sua famiglia.

Cinquanta metri quadrati dove condividere ore e giorni, ansie e preoccupazioni, contrasti e nervosismi, depressione e paura per un futuro che diventa sempre più incerto e senza speranza. Eppure Anne riesce ancora a scrivere:

“…È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo che può sempre emergere…”

E’ il 6 luglio del 1942, meno di un mese dopo il suo tredicesimo compleanno, quando Anne e la sua famiglia si vedono costretti a trovare rifugio nella soffitta dell’edificio sede della ditta del padre, al 263 di Prinsengracht, ad Amsterdam.

L’edificio di Amsterdam dove c’era l’alloggio segreto dei Frank

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Il 5 luglio Margot, di tre anni più grande di Anne, riceve dal comando di occupazione nazista un ordine di comparizione: deve essere deportata in un campo di lavoro in Germania. Edith e Otto Frank decidono di entrare in clandestinità, sfruttando quell’alloggio segreto, già predisposto grazie al sostegno di alcuni dipendenti fidati.

Molti anni dopo, quando Otto Frank, unico sopravvissuto del gruppo di Prinsengracht, decide di pubblicare i diari di Anne, non include alcune pagine di considerazioni troppo personali della figlia, sulla scoperta della sessualità, di critica nei confronti dei coinquilini, e sopratutto del difficile rapporto con la madre Edith.

Se la vita di Anne Frank avesse seguito un corso normale, i contrasti madre-figlia non sarebbero stati altro che quelli consueti dell’adolescenza. Per Anne però non si risolvono crescendo, ma vivendo l’orrore del campo di concentramento.

Edith Frank

Immagine via Wikipedia/Giusto Uso

Mamma Edith, che nasce nel 1900, è l’ultima di quattro figli di una famiglia benestante di Aquisgrana. Vive un’infanzia e una giovinezza serena e protetta, malgrado il dolore per la morte della sorella maggiore Bettina.

La sua vita comunque è simile a quella di molte altre ragazze con genitori ricchi: gli studi alla scuola ebraica, il lavoro nell’azienda di famiglia, le feste, il tennis con gli amici, le vacanze al mare. Proprio durante una vacanza a Sanremo Edith rincontra Otto Frank, visto di sfuggita a una festa qualche mese prima. Dopo due mesi i due ragazzi si sposano, l’8 maggio 1925, poi si trasferiscono a Francoforte, e all’inizio del 1926 nasce Margot, la figlia maggiore. Anne arriverà tre anni dopo.

Sono gli anni più belli della famiglia Frank, quelli ricordati con maggior rimpianto da Edith. Però là fuori, in Germania, la situazione si fa di giorno in giorno più difficile: la crisi economica non risparmia la famiglia, mentre l’odio verso gli ebrei si diffonde in tutto il paese e diventa la norma. Quando Hitler diventa cancelliere del Reich, nel 1933, i Frank decidono di emigrare nei Paesi Bassi, ad Amsterdam. Otto avvia un’attività commerciale, che stenta a partire, mentre Edith si occupa della famiglia.

Quella nuova vita però non la soddisfa, lontana dalla Germania e dalla famiglia di origine, che in quegli anni vive la follia del nazismo. Durante la famigerata Kristallnacht, la notte dei cristalli, i due fratelli di Edith vengono arrestati, anche se alla fine tutti e due riusciranno a salvarsi e a emigrare negli Stati Uniti.

I Frank si sentono al sicuro ad Amsterdam, tanto che la madre di Edith li raggiungerà, nel 1939, e lì morirà a gennaio del ’42, dopo una lunga malattia. Quando però Hitler invade la neutrale Olanda, nel 1940, nessun ebreo può più sentirsi al sicuro: i Frank cercano disperatamente un modo per emigrare negli Stati Uniti, ma non ci riescono. Otto ed Edith cercano di nascondere la reale situazione alle figlie, conducendo una vita il più normale possibile, anche se alla donna manca molto la Germania, non riesce a imparare bene l’olandese e ad Amsterdam non si sente a casa.

Poi la situazione precipita, quando Margot riceve quell’avviso di comparizione per essere mandata in un campo di lavoro in Germania.

Margot Frank nel 1941

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La ragazza è l’antitesi della sorella Anne: pacata, riflessiva e molto religiosa, rappresenta l’esempio che la madre suggerisce ad Anne di seguire. Nel suo diario la bambina scrive di questi contrasti e non risparmia parole poco simpatiche nei confronti della madre, descritta invece, da quelli che la conoscevano, come una donna moderna e non autoritaria.

Anne capisce che i suoi difficili rapporti con la madre sono dovuti alla difficile vita nell’alloggio segreto, dove la disperazione si impadronisce della donna, che non vede più un futuro, per nessuno di loro. La sensibilità di Anne, che in quei due anni di reclusione scopre qualcosa sull’amore, le fa percepire anche quanto fosse sbilanciato il legame tra Edith, ancora molto innamorata del marito, e Otto, che invece prova solo un sentimento d’affetto nei confronti della moglie.

Otto Frank nel 1961

Jac. de Nijs / Anefo – Nationaal Archief via Wikipedia – licenza CC BY-SA 3.0

Tutto questo cambia il 4 agosto 1944, quando le SS fanno irruzione nel nascondiglio segreto, e spediscono tutti gli occupanti al campo di transito di Westerbork.

All’inizio di settembre del ’44 i Frank vengono deportati al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Al loro arrivo Otto viene immediatamente separato da Edith e dalle figlie, che non rivedrà mai più.

Edith e le ragazze sono inseparabili e si sostengono a vicenda, come testimoniano alcune sopravvissute, che sintetizzano in una frase quella che era la realtà sociale del campo:

Auschwitz non è certo il luogo dove coltivare dissidi

Il 30 ottobre però Edith Frank viene destinata alla camera a gas, mentre le figlie sono spedite a Bergen-Belsen. In qualche modo Edith riesce a scampare alla morte e trascorre l’inverno nel campo, con in testa sempre Margot e Anne. Praticamente smette quasi di mangiare, vuole conservare ogni possibile boccone per le figlie che spera prima o poi di rincontrare. Muore, d’inedia, il 6 gennaio 1945, tre settimane prime dell’arrivo dell’Armata Rossa, che libera i prigionieri sopravvissuti all’orrore.

Memoriale per Margot e Anne Frank a Bergen-Belsen

Immagine di Arne List via Wikipedia – licenza CC BY-SA 3.0

Margot e Anne Frank seguono la sorte della madre, anche si spengono per malattia. Muoiono di tifo al campo di Bergen Belsen, a pochi giorni di distanza una dall’altra, nel febbraio del 1945, pochissimo tempo prima della liberazione alleata.

Edith e le sue due figlie avrebbero forse riso insieme, andando avanti con l’età, di quei problemi adolescenziali, avrebbero coltivato progetti e sogni, vissuto una vita “normale” segnata da gioie e dolori, se solo il loro percorso su questa terra non avesse incrociato l’aberrazione dell’ideologia nazista. Quella madre che muore d’inedia per conservare qualche tozzo di pane per le figlie, senza nemmeno sapere se sono ancora vive, non può che suscitare, oltre a un infinito senso di pietà, il più profondo rispetto: lei sapeva bene il significato della parola Amore.


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