Il culto di Iside e la strabiliante convergenza con il Cristianesimo

Chi studia la fase di passaggio fra il paganesimo e il cristianesimo, sa benissimo che numerosi sono i riferimenti alla vecchia tradizione pagana da parte della nuova religione che si andava imponendo per editto e con la forza. I padri fondatori della religione fondata da Gesù hanno certamente introdotto elementi nuovi, fondendoli con altri di altre tradizioni: l’ebraismo, ovviamente, ma anche le religioni e perfino le teorie filosofiche che si erano affermate nei secoli dell’Età Antica. Stando ai fatti e ai documenti che possediamo, possiamo ipotizzare che uno di questi ‘prestiti’, sconosciuto ai più, sarebbe piuttosto clamoroso. Vediamo di capirci qualcosa.

Il mito di Iside

Iside, raffigurazione moderna di Jeff Dahl (Immagine su licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia)

Partiamo dall’inizio. Nell’antica religione egizia, Iside era la dea della vita, della guarigione, della fertilità, ma anche, fattore che si rivelerà importante, della magia. Per la verità, appare nel pantheon Egizio in un’epoca non proprio antichissima: le prime attestazioni risalgono alla Quinta Dinastia (2500-2350 a.C.). Probabilmente era una divinità legata alla regione del Delta del Nilo, dato che i testi più antichi in nostro possesso (i cosiddetti Testi delle Piramidi) testimoniano un culto proprio in quella regione.

Gradualmente, da divinità minore, divenne sempre più importante. La sua notorietà è certamente legata al culto di Osiride, divinità legata all’aldilà, aspetto che, come è noto, era di particolare importanza nell’Antico Egitto. Iside era figlia di Geb (la terra) e Nut (il cielo) e sorella di Set, Nefti ed Osiride. Di quest’ultimo era anche la sposa. Secondo una versione della leggenda, quella senza dubbio più affascinante, avvenne che il perfido Set fosse invidioso di Osiride, dato che Ra, signore di tutti gli dèi, lo aveva designato signore della terra. Per questo progettò di eliminarlo e prenderne il posto.

Durante un banchetto che offrì in onore del fratello, fece portare una grande cassa riccamente decorata, dicendo che l’avrebbe donata a colui che vi fosse riuscito ad entrare perfettamente dentro. Molti provarono, ma nessuno vi si adattava: chi troppo alto, chi troppo basso, chi troppo magro, chi troppo grasso. Quando vi entrò Osiride, si scoprì che sembrava fatta per lui: ci entrava perfettamente.

Iside accoglie Io in Egitto, da un affresco a Pompei, I secolo d.C.

Allora il fratello malvagio, mettendo in pratica il suo piano, chiuse il contenitore e lo gettò nel Nilo, lasciandolo alla deriva. Mentre Iside e la sorella Nefti cercavano invano il sarcofago, questo si era incagliato presso un cespuglio a Biblo, una città nel Nord dell’Egitto. Magicamente la pianta era cresciuta a tal punto da diventare una grossa acacia, inglobando la cassa. L’albero era talmente bello e miracoloso, che fu fatto tagliare dal re della città per ricavarne un pilastro per il proprio palazzo.

Iside, che aveva seguito la “traccia magica” dello sposo a bordo di una barca, capì che doveva entrare nel palazzo, in qualche modo. Per poter recuperarne il corpo si finse una parrucchiera e, grazie alle sue arti magiche, acconciò benissimo le chiome della regina. La sua saggezza nel parlare fece il resto: entrò nelle grazie della regina e fu nominata tutrice del figlioletto.

Mentre rifletteva su come portar via il tronco che conteneva il corpo del marito, si affezionò al bambino e volle ricompensarlo. Ogni notte accendeva un fuoco magico di fronte al tronco che custodiva il corpo del marito e vi metteva sopra il principe. Ma la madre si accorse di quello stranezza, e, temendo per la vita del piccolo, irruppe nella stanza interrompendo quello che sembrava a tutti gli effetti un omicidio.

Iside a quel punto si rivelò per quello che era e rimproverò la regina: con quel rituale stava rendendo il figlio immortale, bruciando ogni traccia di mortalità in lui. La donna, spaventata, volle esaudire il desiderio della dea, purché continuasse il rito interrotto. Iside volle il pilastro di legno di acacia, ovviamente. E, presolo in custodia, volle nasconderlo, in attesa di poter tirare fuori Osiride dalla sua prigione.

Ma ancora una volta il perfido Set trovò il modo di liberarsi del potente fratello. Prese il cadavere, lo smembrò in quindici pezzi e sparse ogni parte in una località diversa del paese. Di nuovo Iside si mise alla ricerca dello sposo e riuscì a trovarne tutti i pezzi, tranne uno, il membro virile, che era stato mangiato da un uccello del Nilo. Ma tanto bastava: con le sue arti magiche riuscì a resuscitare Osiride per una sola notte, durante la quale la dea fu fecondatata. Il giorno seguente, il dio, trovando insopportabile questa nuova vita, tornò nel regno dei defunti, del quale verrà nominato signore. Iside, invece, avrebbe partorito Horus, il dio falco, che lotterà con Set per vendicare il padre.

Il culto di Iside nel mondo Ellenistico e a Roma

Iside, dea della magia, era molto venerata in epoca antica, ma non era certo la divinità principale.

Iside tiene in braccio il faraone Seti I , XIV secolo a. C., Tempio di Abydo, Egitto (Immagine di Olaf Tausch su licenza CC BY 3.0 via Wikipedia)

Questa tendenza si ribaltò con la conquista dell’Egitto da parte di Alessandro Magno e la seguente epoca tolemaica, fino a divenire oggetto di un culto a se stante, di una religione creata appositamente per venerarla.

Le ragioni di questa diffusione, anche e soprattutto in culture estranee a quella egizia, sono presto spiegabili: predicare la resurrezione dai morti, la vita eterna e la magia facevano breccia in un popolo che conosceva ben più di noi le sofferenze della vita. Il fatto che con le arti magiche, la dea avesse reso immortale un bambino o resuscitato il suo sposo divino morto, la fece diventare molto popolare. Ma la religione isiaca non era per tutti: si trattava di una religione misterica, cioè riservata agli eletti che venivano iniziati al culto. E, come tante altre (si pensi ai Misteri Eleusini), si diffuse in modo straordinario, prima nel mondo ellenistico, poi in quello romano.

Abbiamo un fedele ritratto dei rituali, in particolare quelli di iniziazione, di questa religione in un romanzo antico: le Metamorfosi (opera conosciuta anche come L’Asino d’Oro) di Apuleio, un autore latino della fine del II secolo a. C.

Quasi contemporaneamente, Plutarco dedicò alla dea e al suo sposo un trattato omonimo all’interno dei suoi Moralia. Anche le navi di Nemi, fatte costruire da Caligola sul lago nei pressi di Roma, pare fossero legate al culto di Iside.

La sua influenza sarà talmente forte da far sopravvivere, fra i cultori dell’esoterismo, il suo ruolo di regina della magia, pressoché intatto, fino ad oggi. Giusto per fare un esempio, ancora alla fine del XIX una grande occultista come Helena Petrovna Blavatsky dedicava un testo, Iside svelata (1877), alla misteriosa dea, patrona della magia.

Probabile porzione di statua di culto del tempio di Iside del Campo Marzio, popolarmente nota come Madama Lucrezia, Roma, Piazza San Marco. (Immagine di pubblico dominio via Wikipedia)

Templi isiaci sorgevano un po’ dappertutto: ne troviamo uno anche a Pompei. Un grande iseo sorgeva nel Campo Marzio a Roma. Avevano una caratteristica comune, c’era quasi sempre una fonte d’acqua, una cisterna o una vasca, perché questo elemento era sacro alla dea. Alcuni di questi edifici pare avessero rudimentali sistemi meccanici per riempire o vuotare le vasche, a imitazione delle piene del Nilo.

Scavi di Pompei, il tempio di Iside in una foto di fine ‘800 (Immagine di pubblico dominio via Wikipedia)

I riti quotidiani comprendevano la vestizione della statua di culto, il suo nutrimento con offerte di cibi prelibati, e poi la recitazione di preghiere ed inni, al suono del sistro, uno strano sonaglio. Caratteristica dei fedeli era il capo rasato, con un’unica ciocca di capelli che veniva mantenuta e fatta crescere.

Statua romana di Iside, I o II secolo d.C., nella mano destra, anche se frutto di un restauro moderno, possiamo vedere un sistro, il tipico sonaglio del culto (Immagine di pubblico dominio via Wikipedia)

Grandi feste durante l’anno celebravano la dea: in particolare due, l’Isia, che rievocava la ricerca di Osiride, a fine ottobre; e il cosiddetto Navigium Isidis, che celebrava la navigazione sul Nilo della dea. Quest’ultima, che si svolgeva in primavera, per l’esattezza nel primo plenilunio dopo l’equinozio (21 marzo), consisteva nel portare con una grande processione un carro ornato di ghirlande di fiori a forma di barca (Carrus Navalis) verso il mare, o comunque un fiume. I partecipanti alla processione, sacerdoti e non, indossavano maschere che ricordavano i miti egizi o animali sacri alle divinità e cantavano inni sacri alla dea.

Il Cristianesimo

In quegli anni, una nuova religione prendeva sempre più piede: il Cristianesimo
Dopo tre secoli di crescita piuttosto lenta e feroci persecuzioni, nel 313, Costantino promulgò l’editto di Milano: istituì la libertà di culto nell’Impero romano e vietò le persecuzioni. Ma, in questo modo, favorì il fiorire del Cristianesimo come religione di Stato.

Il 391 d. C., poi, segna una cesura profonda nel mondo antico: dopo aver promulgato nel 380 l’editto di Tessalonica, che imponeva pesanti sanzioni per i pagani, l’imperatore romano Teodosio vietò ogni culto diverso da quello cristiano, fissato teologicamente dal Credo elaborato dal Concilio di Nicea. Era la brusca fine di un’epoca: di lì a poco, convenzionalmente, sarebbe cominciato il Medioevo. I templi pagani venivano saccheggiati e cadevano in rovina, gli antichi culti abbandonati. Rituali vecchi di secoli, come le Olimpiadi, venivano interrotti.

Ma non tutto, di queste religioni antiche, fu dimenticato.

Il Cristianesimo, una religione “nuova”, si trovò a dover competere con molte altre concorrenti. Due su tutte: il mitraismo e, appunto, il culto isiaco. E, nel soppiantarle, non le distrusse del tutto, ma bensì prese in “prestito” alcuni aspetti, unendoli a elementi propri, forse perché i fedeli nuovi provenivano proprio da queste religioni, forse per convenienza, al fine di attirare nuovi adepti presentando messaggi e riti similari. E quando la religione diventò quella dello Stato, grazie a Costantino prima e a Teodosio poi, ci si dovette occupare delle festività: era difficile eradicare una consuetudine vecchia di secoli, perciò, invece che abolirle, le “adattarono” alla nuova situazione.

Al culto isiaco la teologia cristiana deve molto più di quanto si pensi comunemente.
Diffuse erano nell’antichità statue o raffigurazioni che rappresentavano la dea nell’atto di allattare il figlio Horus e l’iconografia ricorda in modo impressionante quadri e sculture della Madonna, spesso seduta in trono come Iside, mentre allatta Gesù.

Due esempi di convergenza religiosa: alla sinistra di chi legge Iside che allatta il figlio Horus, statua conservata al Museo del Louvre, Parigi (Immagine di Guillaume Blanchard su licenza CC BY-SA 1.0 via Wikipedia); alla destra Jean Fouquet, Vergine col Bambino (tavola dal Dittico di Melun), 1452-55 (Immagine di pubblico dominio via Wikipedia) [collage dell’autore]
Possiamo menzionare altri due aspetti: la forza purificatrice dell’acqua, che ricorda quella del battesimo, e il culto delle reliquie. In Egitto infatti vi era un fiorire di reliquie di Osiride: vi erano almeno quattordici parti del suo corpo, ricordiamo, custodite da altrettanti templi, ma forse ve ne erano molte di più. Ancora oggi i cristiani, come è noto, hanno una spasmodica adorazione per parti di corpi dei santi, ritenute miracolose, custodite all’interno dei loro templi: le chiese.

Poi vi è la questione della resurrezione di Osiride: la morte e una resurrezione per così dire “temporanea”, per poi tornare da dove si è venuti. Ma prima di scomparire del tutto, occorre lasciare nel mondo un ultimo ricordo, una prova tangibile di sé: un insegnamento nel caso del Cristo, un figlio divino nell’altro caso.

In questo episodio evangelico, per chi volesse approfondire, vi è anche un parallelismo con il mito di origine anatolica di Attis, pure lui risorto, in primavera, dopo tre giorni.

Una festività in prestito, anzi due

Ma un altro aspetto meno noto di quanto il Cristianesimo debba alla religione isiaca, lo troviamo certamente nella sua principale festa: la Pasqua.

Processione in onore di Iside, dipinto di Frederick Arthur Bridgman del 1902. Al centro possiamo vedere il carrus navalis (Immagine di pubblico dominio via Wikipedia)

Intanto, parliamo della sua data. A chi scrive è sempre suonato molto strano che, in una Palestina romanizzata, non si fosse annotata la data romana della morte e resurrezione del Cristo. Possibile che di un giorno tanto importante si conoscesse soltanto il giorno del calendario ebraico (cioè il giorno dopo il sabato di Pesach)? E poi: perché il Natale (altro prestito da un’altra religione, stavolta il mitraismo) cade in una data fissa, mentre la Pasqua, che celebra l’atto fondativo del Cristianesimo, no?

Ancora una volta dobbiamo registrare una coincidenza: la Pasqua cristiana ricorre la domenica successiva al primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera, che coincide anche con la Pasqua ebraica. Nello stesso periodo, ricordiamo che veniva festeggiato il Navigium Isidis, un rito collegato, per caso o meno, a un dio che risorge. Una convergenza o un prestito?

Difficile stabilirlo con certezza assoluta, la cultura ebraica fu com’è noto in contatto con quella egizia; d’altro canto, la primavera è il periodo del risveglio, della resurrezione della natura. Quello che è certo è che le festività sono contemporanee.

C’è di più: la processione del Navigium, con delle persone mascherate dietro a un carro ricorda molto un’altra ricorrenza: il carnevale. In effetti, le testimonianze su quest’ultima tradizione sono molto antiche; sappiamo, del resto, che molte festività pagane sopravvissero a lungo, svuotate del loro significato originario. Potrebbe darsi che la festività del Navigium, attestata almeno fino al VI secolo d. C., sia passata al Cristianesimo, sdoppiandosi nel carnevale, che viene anticipato di quaranta giorni per farlo coincidere con il testo evangelico, e nella Pasqua?

Ipotesi suggestiva, non credete?

E quando ricordiamo il nome del carro a forma di nave con cui si celebrava il rito isiaco, appunto il Carrus Navalis, diventa più di un’ipotesi, perché il nome ricorda in modo impressionante la parola “carnevale”: il periodo dell’anno in cui ci si maschera e, ancora oggi, vengono allestiti carri allegorici e fantasiosi, proprio come il carro di Iside.

Sono, anche queste, casualità?

Occorre infine pensare al Cristianesimo come insieme di elementi unici e straordinari, uniti però a una serie stratificata di tradizioni e di innovazioni che nulla hanno a che fare col messaggio evangelico originario. La nuova religione ebbe un lungo periodo di stratificazione e consolidamento, durante il quale fiorirono diverse dottrine che oggi definiremmo eretiche, ma che si definivano cristiane al pari delle altre.

Poi, trecento anni dopo gli eventi descritti nel Nuovo Testamento, un decreto fissò i canoni della religione cristiana. Significativa è a tal proposito l’immagine di un “caleidoscopio dei cristianesimi”, dogmatizzato dagli imperatori del VI secolo [P. Flores D’Arcais, Gesù – L’invenzione del Dio cristiano, p. 59]. Gli stessi imperatori, tuttavia, temevano che dare un taglio troppo netto alla tradizione precedente non avrebbe favorito la conversione.

Non dobbiamo quindi stupirci se troviamo perfettamente inserite nel contesto cristiano, rituali o consuetudini che non gli appartengono. Nei primi secoli dell’era cristiana, le tradizioni precedenti, alcune già vecchie di millenni, erano dure a morire, mentre oggi hanno totalmente perduto il significato originario, tanto da convincere i più che siano farina del sacco dei padri fondatori della propria religione.

BIBLIOGRAFIA
AA.VV. Miti e leggende da tutto il mondo, 1989

Apuleio Le metamorfosi

Di Cocco, Giampaolo Alle origini del Carnevale, Angelo Pontecorboli Editore, 2007

Flores D’Arcais, Paolo Gesù, l’invenzione del Dio cristiano, Add Editore, 2011

Plutarco De Iside et Osiride

SITOGRAFIA
https://it.wikipedia.org/wiki/Iside
https://it.wikipedia.org/wiki/Navigium_Isidi
https://web.archive.org/web/20100108062501/http://www.anticoegitto.net/iside.htm
https://www.ilbosone.com/mito-di-iside-e-osiride/


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