Quando, nel 1460, il monaco Leonardo da Pistoia giunse a Firenze con un manoscritto greco ritrovato in Macedonia, il cosiddetto Corpus Hermeticum, Cosimo de’ Medici chiese a Marsilio Ficino, erudito e letterato della sua corte, di dare assoluta precedenza alla traduzione del testo appena arrivato. Ficino si mise all’opera e completò l’incarico nell’aprile del 1463.

Il manoscritto in questione suscitava tante entusiastiche aspettative, perché era attribuito ad Ermete Trismegisto in persona: un grande re, sacerdote e mago dell’età pre-classica. All’antico dio greco Hermes, o Ermete (per i romani Mercurio), i greci avevano assimilato il dio egizio Toth, inventore della magia, dell’alchimia e dell’astrologia. Il nome di Ermete Trismegisto, figura leggendaria vissuta prima dei filosofi greci e, forse, anche di Mosè, era quindi una congiunzione fra la sapienza e il divino.

Già in precedenza il ritrovamento di testi arcaici come gli Inni Orfici e gli Oracoli Caldaici aveva suscitato una grande eco fra gli umanisti, ma, nel caso del Corpus Hermeticum, si trattava di veder riaffiorare un’antica sapienza in particolare, quella data direttamente da Dio all’uomo. Oggi sappiamo che, in realtà, sia gli Inni che gli Oracoli sono un prodotto del II secolo d.C., ma nel Rinascimento si pensava risalissero addirittura a Zoroastro.

Il Corpus Hermeticum, che conteneva una raccolta di testi magici, invece, era ritenuto antichissimo e gli studiosi rimasero sconvolti da quei suoi accenni al logos, ‘figlio di Dio’, nei quali si ravvisava una prefigurazione di Cristo in epoca pagana. Per gli alti concetti spirituali contenuti negli scritti, Ermete Trismegisto veniva riverito come una sorta di antico profeta pagano di Cristo.

Soltanto nel 1614, il filologo classico Isaac Casaubon dimostrò che il Corpus è posteriore alla nascita di Gesù; tuttavia, dalla fine del Quattrocento, e per tutto il Rinascimento, il Corpus Hermeticum, opera densa di spiritualità egizia, fu ritenuto, insieme alle sacre scritture, la fonte più vicina alla sapienza adamitica. Nei testi del Corpus si intrecciano motivi egizi, platonici, biblici e gnostici, e la loro diffusione spiega in che modo il sapere ermetico penetrò nel mondo dell’Umanesimo e del Rinascimento.

I testi della raccolta propongono una visione magico-astrologica del cosmo basata su corpi celesti che esercitano forze e influssi sulle cose terrene. Conoscendo le leggi planetarie, questi influssi possono essere previsti e, attraverso pratiche di magia astrale e magia simpatica, si può modificare il corso della natura. Tra il macrocosmo (l’universo) e il microcosmo (l’uomo) intercorrono corrispondenze, parentele misteriose che si possono riconoscere attraverso segni impressi nella stessa forma esteriore delle cose, le cosiddette segnature.

Tale dottrina fu elaborata nel XVI secolo da esoteristi come Paracelso e i suoi seguaci, con questi che, ad esempio, promuovevano rimedi basati sulla credenza che fra i corpi esistessero segrete simpatie e antipatie. Un esempio pratico è la cura con la polvere (o unguento) di simpatia, che veniva usata per curare le ferite da taglio applicandola non sulla ferita, ma sull’arma che l’aveva causata.

Un altro mezzo per agire sulle forze della simpatia cosmica erano i talismani, immagini che agivano sulle entità superiori e potevano consentire guarigioni, miglioramenti di salute e rinvigorimento della forza fisica.

Dopo secoli in cui la Chiesa aveva denunciato la magia come strumento diabolico, essa improvvisamente fu vista come suprema forma di saggezza. Era ora possibile denunciare la Chiesa per aver ripudiato la magia, come non esitò a fare l’esoterista tedesco Cornelius Agrippa: “… nonostante le magia originariamente occupasse il vertice dell’eccellenza nel giudizio di tutti gli antichi filosofi e fosse venerata dai grandi saggi e sacerdoti dell’antichità, in seguito all’affermarsi della Chiesa cattolica è diventata oggetto di odio e sospetto, condannata dai sacri canoni e infine messa fuori legge”. (Dedicatory Letter to Johannes Trithmius ,1533)

Ed ecco che astrologia, magia, alchimia, divinazione e cabala divennero apertamente presenti e, per così dire, “ufficiali” nella cultura del XV e XVI secolo, mentre nel Medioevo la corrente ermetica era stata relegata in filoni sotterranei.
Tutto questo per merito del Corpus Hermeticum