Quando gli scattano questa foto Toro Seduto ha circa 52 anni e si trova nella riserva indiana di Standing Rock, nel South Dakota. Il suo sguardo è fiero e impassibile, quasi a rimarcare tutto ciò che è stata la sua vita.

È lo sguardo di un orgoglioso capo Sioux che ha dovuto seppellire il tomahawk e arrendersi ai bianchi, ma solo dopo aver lottato e costretto il governo statunitense a non sottovalutare la forza dei nativi. Dietro la nuca ha ancora la penna d’aquila bianca che il padre gli ha dato in gioventù come premio per la sua prima azione di guerra. Le sue lunghe trecce scendono lungo un corpo che ha visto tante battaglie, e le cicatrici sul volto ne sono la prova. È il 1883. Mancano ancora sette anni al giorno della sua morte, ma è come se una parte di lui sia già dinanzi al Grande Spirito. Toro Seduto ha perso. I Sioux hanno perso. I nativi di tutte le tribù hanno perso. Ma c’è differenza tra perdere su tutti i fronti e perdere con onore.

Toro Seduto ha perso con onore ed è stato uno degli ultimi irriducibili, la più grande speranza del suo popolo. La sua storia ha inizio in un passato non troppo lontano, quando i bisonti popolavano le praterie e la sua gente viveva nelle Grandi Pianure. Un passato da quiete prima della tempesta, perché, di lì a pochi anni, i bianchi gli avrebbero tolto tutto, incluso il diritto di cavalcare liberi sulle terre dei loro antenati.

I primi anni da guerriero, capo-tribù e sciamano
Tasso che Salta (è questo il suo vero nome) nasce nei pressi del fiume Yellowstone, nel South Dakota, in un giorno imprecisato fra il 1830 e il 1831, da Bisonte che si Siede, un capo minore dei Sioux Hunkpapa. Cresce a contatto con la natura, diventa un giovane forte e intraprendente e subito si fa notare per le sue qualità. A dieci anni caccia da solo un bufalo e il padre gli dona il suo nome, poi semplificato dagli americani in Sitting Bull, ovvero Toro Seduto, come lo conosciamo oggi.

Diventa un membro della Società dei cuori coraggiosi, un gruppo di 50 guerrieri incaricati di proteggere la comunità, che gli assicura un posto nell’élite dei Sioux e, a 14 anni, partecipa alla sua prima azione di guerra contro il popolo rivale dei Crow.

Toro Seduto si batte senza paura e riesce a intercettare e uccidere un nemico che sta scappando a cavallo. Lo scalpo della vittima è il trofeo che testimonia il suo passaggio all’età adulta, e il padre gli conferisce una piuma d’aquila bianca che porterà sempre dietro la nuca.

Passano alcuni anni e diventa una certezza per il suo popolo, un punto di riferimento. Possiede grandi abilità riflessive, sa studiare le situazione ed eccelle nell’oratoria, una dote che gli consente di infervorare gli animi di chi lo ascolta.

Si distingue nella caccia al bisonte e nelle schermaglie contro le altre nazioni indiane, si guadagna il titolo di capo-tribù degli Hunkpapa e la nomina a Sant’uomo dei Sioux, una sorta di capo spirituale, un tramite fra la sua gente e il Grande Spirito. I suoi compiti da sciamano prevedono la conoscenza, il rispetto e l’esecuzione dei riti, in particolare quello della Danza del Sole, il più alto cerimoniale dei pellerossa. È un momento di alto misticismo in cui il cerimoniere danza, digiuna e si autoflagella per giorni per offrire il suo sangue in sacrificio agli spiriti e ricevere in cambio delle visioni sul futuro.

Toro Seduto ha una grande spiritualità. Rinuncia agli agi riservati al suo ceto sociale per vivere in povertà e, dal 1856, anno del suo primo rito, non mancherà mai di sottoporsi alla Danza del Sole, nemmeno nel 1876, quando gli spiriti lo premieranno con la profezia di un’importantissima vittoria contro i bianchi, ma di questo ne parleremo fra poco.

La Guerra di Nuvola Rossa e la pace effimera
All’inizio degli anni ’60 dell’Ottocento le tensioni fra nativi e statunitensi sono alle stelle. Nel 1863, il generale Alfred Sully chiede di incontrare Toro Seduto per sottoporgli un trattato di pace. Il governo statunitense propone ai pellerossa di abbandonare le loro terre e ritirarsi nelle riserve, dove godranno di costanti approvvigionamenti per sopravvivere, e già molti capi-tribù hanno accetto, ma Toro Seduto fa orecchie da mercante.

Non si fida dei bianchi: sono degli avidi invasori che vanno in un posto e non lo lasciano, prendono tutto ciò che desiderano e non restituiscono niente. Toro Seduto risponde con un “no” categorico e anche Nuvola Rossa, il capo degli Oglala Sioux, è dello stesso avviso.

Le tensioni fra le due fazioni degenerano nel 1865. Dopo la fine della Guerra di Secessione, circa 4.000 nuovi coloni arrivano negli Stati Uniti e si spingono a ovest in cerca di fortuna. Il governo inasprisce le restrizioni contro i nativi e acconsente alla costruzione di una grande ferrovia in grado di collegare le coste dell’Oceano Pacifico e dell’Oceano Atlantico. I lavori toccarono anche le terre Sioux, con il risultato che le mandrie di bisonti si disperdono e i pellerossa rimangono senza la loro principale fonte di sostentamento.

Il malcontento dei nativi si trasforma nella Guerra di Nuvola Rossa, che va in scena dal 1866 al 1868. Dopo due anni di massacri il governo scende a patti e sigla il trattato di Fort Laramie, che concede ai Sioux il possesso del Wyoming, della regione del Powder River, delle Black Hills e ingenti scorte alimentari nelle riserve.
In cambio i Nativi non devono ostacolare il completamento della ferrovia

Se Nuvola Rossa è soddisfatto dall’accordo, Toro Seduto continua a non fidarsi e intuisce che c’è solo un modo per fronteggiare i bianchi:
Unire tutti i Sioux sotto un’unica bandiera

L’oro delle Black Hills e la rottura del tratto di Fort Laramie
Nel 1867 diventa il capo supremo della nazione Sioux e, in particolare, trova l’appoggio di Cavallo Pazzo, un Oglala di dieci anni più giovane. Il loro incontro è provvidenziale. Toro Seduto è un uomo saggio, che pensa prima di agire. Cavallo Pazzo, invece, è intrepido e impulsivo, dotato di una leggendaria follia guerriera. Sono due personalità agli antipodi, ma la loro alleanza sarà un fattore determinante nella lotta ai bianchi.

Il casus belli per imbracciare le armi ha origine nel 1874, quando alcuni coloni si infiltrano nei territori Sioux delle Black Hills e trovano l’oro. La notizia fa subito il giro del paese e già nel 1875 si presentano circa 15.000 minatori in cerca di ricchezze.

Il rapido proliferare dei bianchi è una chiara violazione del trattato di Fort Laramie, e gli sporadici tentativi del generale Philip Sheridan di contenere l’invasione non servono a niente. Nelle Black Hills ha inizio la caccia all’oro e il presidente Ulysses Grant è costretto a intervenire.

In un primo momento opta per una soluzione pacifica e cerca di negoziare la cessione delle terre, ma i Sioux sono disposti ad accontentare il governo statunitense solo in cambio del mantenimento di ben sette generazioni e 600 milioni di dollari. Grant, allora, mette i pellerossa davanti a una scelta: o gli cedono le Black Hills e tornano nelle riserve entro i 31 gennaio del 1876 o saranno considerati ostili e verranno braccati e uccisi. Per tutta risposta, Toro Seduto disseppellisce l’ascia di guerra, ma, prima di scoprire le conseguenze del suo gesto, facciamo un passo indietro e contestualizziamo la scelta statunitense di venir meno agli accordi di Fort Laramie.

Dopo la fine della Guerra di Secessione gli Stati Uniti sono vittima della prima grande depressione, il cosiddetto Panico del 1873. Tutto ha inizio con la svalutazione dell’argento, poi la disoccupazione cresce del 12%, il debito pubblico lievita fino a 2 miliardi di dollari e un terzo delle aziende ferroviarie, ovvero il settore trainante dell’economia statunitense, va in crisi.

Il governo pensa bene di prendere due piccioni con una fava. Da un lato deve creare un nemico comune per sanare la divisione fra nord e sud, un trucco elettorale usato da sempre, anche in Europa; dall’altro non può fare a meno dell’oro delle Black Hills per rimettere in moto l’economia.
Il punto d’incontro di queste due esigenze sono gli irriducibili di Toro Seduto

La profezia di Toro Seduto e la Battaglia di Little Bighorn
Così, nel 1876, ha inizio la grande guerra Sioux. I soldati statunitensi danno il via a una ferocissima caccia, ma i Sioux fanno fronte comune e si riuniscono sotto la leadership di Toro Seduto e Cavallo Pazzo. A loro si aggiungono anche le tribù degli Arapaho e dei Cheyenne, con questi ultimi che abbandonano l’iniziale neutralità dopo che il generale George Crook ha sterminato uomini, donne e bambini di un intero villaggio.

Le grandi pianure si tingono di rosso, ma gli statunitensi sono troppo sicuri di sé e sottovalutano il nemico. Il 17 giugno Cavallo Pazzo li punisce nella battaglia del Rosebud, con Crook che è costretto alla ritirata, e i festeggiamenti per la vittoria confluiscono nell’annuale celebrazione della Danza del Sole.

L’imponente gruppo Sioux, Arapaho e Cheyenne si riunisce lungo il torrente Little Bighorn e Toro Seduto si sottopone al rito. Danza, digiuna e si autoflagella per giorni. Il Grande Spirito apprezza il sacrificio di sangue e gli fa dono di una visione. Vede dei soldati con i piedi all’insù piovere sull’accampamento come tante piccole cavallette, e non ha dubbi che si tratti della profezia di una grande vittoria indiana.

Il 25 giugno è il giorno del giudizio. Il 7° Cavalleggeri del generale George Armstrong Custer ha scoperto la posizione dei nativi e si appresta ad attaccare l’accampamento, che si estende per più di 3 chilometri lungo il fiume. Ci sono circa 1.200 tepee di pelle di bisonte immersi nel silenzio, con i suoi abitanti ancora addormentati per i lunghi festeggiamenti della sera prima.

Qualcuno sente il rumore dei cavalli, si sveglia e all’orizzonte vede comparire gli uomini di Custer. Scatta l’allarme e, in pochi minuti, si scatena l’inferno. Toro Seduto monta a cavallo e incita i guerrieri; dall’altra parte del fiume, Cavallo Pazzo cavalca a grandi falcate per raggiungere il punto di scontro con i soldati.
Ha inizio la battaglia di Little Bighorn

L’offensiva dei bianchi è lenta e confusionaria. Non sanno come accerchiare l’accampamento e, grazie alla saggezza e all’estro guerriero dei loro due leader, i nativi riescono a respingerli, ma quando Custer ordina la ritirata è ormai troppo tardi.
Cavallo Pazzo li insegue, li bracca e non fa prigionieri
Per i Sioux è il loro più grande successo, è la profezia di Toro Seduto che si avvera… Ma è anche l’inizio della fine

La rappresaglia dei bianchi e la fuga in Canada
I nativi hanno vinto una battaglia, non possono vincere la guerra e l’esercito lo sa. Il loro unico errore è stato quello di sottovalutare gli avversari, e il generale William Sherman propone una rappresaglia senza ulteriori spargimenti di sangue, almeno per quanto riguarda la fazione statunitense.

Dalla caccia al nativo si passa alla caccia al bisonte, con innumerevoli capi di bestiame che muoiono per lasciare i Sioux a stomaco vuoto. Le praterie diventano un cimitero a cielo aperto. Scheletri e carcasse di animali, talvolta ammucchiate in macabre montagne di ossa, è l’unica cosa che d’ora in poi troveranno i nativi; uno scenario che si riproporrà anche negli anni successi, fino a determinare la quasi totale estinzione del bisonte nordamericano.

L’unica soluzione è migrare altrove. Solo in 200 sono d’accordo; gli altri si ritirano nelle riserve. Persino Cavallo Pazzo sventola bandiera bianca, ma Toro Seduto no. Proprio non vuole saperne di darla vinta ai bianchi e per quattro anni si sposta nelle Wood Mountain canadesi, dove la carenza di cibo persiste e, il 19 luglio del 1881, è costretto a tornare in patria e arrendersi al governo statunitense.

La prigionia e gli spettacoli con Buffalo Bill
I soldati lo portano nella riserva di Standing Rock, poi lo rinchiudono a Fort Randall come prigioniero di guerra. In realtà Toro Seduto ha ottenuto il perdono presidenziale, ma il suo nome è comunque altisonante, e i guardiani delle riserve temono che la sua presenza possa infervorare gli animi e dar vita a una rivolta.

Ha il permesso di riunirsi alla sua gente solo nel maggio del 1883, quando le terre native sono ormai nelle mani dei bianchi e i pellerossa vivono come topi in gabbia nelle riserve. Non c’è più nessuna guerra da combattere, nessuna prateria per cui lottare, e nel 1885 è in una condizione di tale indigenza da partire insieme a Buffalo Bill per partecipare ai suoi spettacoli western.

Per quattro mesi gira il Nordamerica e l’Europa, si esibisce a cavallo e diventa una stella del mondo circense, ma anche se la paga è buona- circa 50 dollari a settimana- Toro Seduto non può sopportare una cosa. Di solito, a fine spettacolo, gli impresari gli concedono di prendere la parola, e lui ne approfitta per ammonire il pubblico sul triste destino dei nativi. Lo fa nella sua lingua e nessuno lo capisce; anzi, succede di peggio:
Le persone ridono e applaudono come se stesse facendo uno spettacolo comico
Toro Seduto non ci sta. Se c’è una cosa che i bianchi non sono riusciti a togliergli è l’orgoglio. Fa le valigie e se ne torna a Standing Rock.

La morte di Toro Seduto
E’ il 1890. Fra le riserve si diffonde il culto della Danza degli Spiriti, che predica l’arrivo di un pellerossa messianico e il ritorno nelle terre d’origine. Toro Seduto è scettico a riguardo, ma la spiritualità lo ha sempre affascinato e invita la sua gente ad apprendere la danza. Il diffondersi del culto, però, insospettisce i bianchi, che, il 15 dicembre del 1890, ordinano alla polizia indiana della riserva di arrestare Toro Seduto. La loro preoccupazione è che possa trarre vantaggio dal proliferare della Danza degli Spiriti e scappare o dare inizio a un’insurrezione.

Alle 5:30 del mattino, 39 agenti cercano di prelevarlo dalla sua abitazione, ma Toro Seduto protesta e intervengono gli altri Sioux. Si parte con un battibecco, poi si passa alle mani e alle armi. Segue una sparatoria e, nella confusione, Toro Seduto riceve due colpi, uno al petto e uno in testa. Cade in ginocchio, si accascia e muore. Oggi, riposa nei pressi di Mobridge, nel South Dakota, la sua terra natia.

Leggenda popolare vuole che una sua storica massima sia:
“Quando l’ultimo albero sarà abbattuto, l’ultimo fiume avvelenato, l’ultimo pesce catturato, solo allora vi accorgerete che non si può mangiare denaro”.
Probabilmente non disse mai una frase del genere, ma sicuramente pensò qualcosa di simile. È solo un’attribuzione, ma è comunque una frase che ben riassume ciò ch’è stato Toro Seduto. Un saggio, un guerriero, un paladino del suo popolo, un nemico dei bianchi per necessità. Necessità che fa eco a dovere. Il suo dovere di fermare una folle e avida conquista a discapito della natura e di tutto ciò che era sacro ai nativi.
Fonti:
Sitting Bull – Enciclopedia Britannica
Toro Seduto, grande capo Sioux – Puntata di Passato e Presente disponibile su Ray Play
L’effimera vittoria della battaglia di Little Bighorn – Focus
Toro Seduto moriva 130 anni fa – Sky Tg 24
Sitting Bull – Wikipedia inglese.