Due uomini in camicia e parrucca si sfidano a duello nella campagna irlandese. Al segnale convenuto le pistole fanno fuoco. Uno dei due cade a terra colpito a morte e subito soccorso dai suoi padrini.
Cambio di scena. Siamo in Germania. In una verde radura si affrontano due schieramenti in linea, i francesi in marsina bianca e i prussiani in marsina blu e mostrine bianche. I soldati avanzano al rullo del tamburo, coi vessilli spiegati al vento, subendo imperterriti le salve della fucileria nemica. Quelli dietro scavalcano i compagni caduti e proseguono verso la morte senza battere ciglio. Hanno coraggio e dignità da vendere.
Queste sono alcune scene del film di Stanley Kubrick, Barry Lyndon (tratto dall’omonimo romanzo di W. M. Thackeray), una delle migliori rappresentazioni cinematografiche della guerra nel XVIII secolo e un omaggio all’affascinante figura del soldato-gentiluomo.
Ѐ proprio questa atmosfera, il Settecento con tutte le sue suggestioni, che mi ha letteralmente rapito quando, durante le mie ricerche nella Saletta archivi e rari della Biblioteca comunale di Imola, ho avuto tra le mani un documento originale sottoscritto di proprio pugno dal re di Francia Luigi XV e controfirmato dal suo Ministro della guerra, il duca de Choiseul. Ѐ un’esperienza entusiasmante avvertire la Grande Storia intrecciarsi con la storia locale e con le vicende personali di un uomo, il conte Giorgio Cristiano Tozzoni.
L’atto ufficiale di cui vi parlo è, infatti, la patente di nomina a sottotenente dell’esercito francese del conte Tozzoni, che nulla ha da invidiare al personaggio letterario di Redmond Barry. L’unica differenza è che Barry è un parvenu irlandese pronto a tutto per acquisire lo stile e il titolo di Lord Lyndon, mentre Giorgio Cristiano è un giovane aristocratico della provincia pontificia che lascia volontariamente gli agi del proprio rango e che vuole mettersi alla prova.
Il primo si arruola per sfuggire alla giustizia britannica dopo aver partecipato a un duello, il secondo si arruola per inseguire la gloria delle armi
20 aprile 1768. Reggia di Versailles. Il re Luigi XV, appena rientrato dalla consueta battuta di caccia mattutina, si accomoda svogliatamente alla scrivania per firmare gli atti del giorno. Il re è più avvezzo alle sue passioni, in primis la caccia, le feste e le avventure galanti, nelle quali spende volentieri tutte le proprie energie. Il suo ruolo istituzionale lo annoia mortalmente. Tra le carte sotto la sua penna, c’è anche la nomina di un nobile italiano a sottotenente. Probabilmente il sovrano lo sottoscrive senza nemmeno leggerne il nome, seguendo senz’altro le indicazioni di de Choiseul quale responsabile della burocrazia militare.
Ritratto di Luigi XV, bottega di Louis-Michel van Loo:
Inizia così la carriera militare del conte Tozzoni nell’isola di Corsica.
Giorgio Cristiano è un giovane irrequieto e dall’indole avventurosa. Ѐ un cavaliere elegante che ama il ballo, la caccia e la scherma, tutte discipline in cui eccelle, facendo sospirare più di una dama. Gli va stretta la tranquilla vita da nobile di provincia che conduce a Imola nel palazzo di famiglia. Chiede dunque al padre, il marchese Giuseppe, dignitario della corte di Modena, di essere ammesso nella guardia ducale. Non volendo vederselo a sorvegliare la porta degli appartamenti del duca, che è solito frequentare in ragione delle sue funzioni, il padre rilancia proponendogli di prendere servizio nel Reggimento Italiano, in forza all’esercito francese, comandato da suo cugino, il Conte Monti. Giorgio Cristiano accetta con entusiasmo e, a 23 anni, parte alla volta della Corsica per raggiunge i commilitoni. Ѐ il giugno del 1768.
Sotto, il Salotto Giallo di Palazzo Tozzoni, fotografia di Sailko condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikimedia:
Nel Reggimento italiano sono arruolati solamente soldati e ufficiali provenienti dalla Penisola e, sotto tale aspetto, è paragonabile a quella che sarà nel secolo successivo la famigerata legione straniera. Durante l’Antico Regime gli eserciti di tutta Europa, e in particolar modo quello della Prussia di Federico il Grande, sono formati da mercenari, spesso provenienti dall’estero e arruolati con la forza o con l’inganno, e non da coscritti interni, secondo quello che sarà il modello napoleonico. Gaglioffi, falliti, criminali fuggitivi, avventurieri e teste calde trovano nella guerra un nuovo inizio e la possibilità di fare fortuna.
Sotto, ritratto di Federico il Grande di Wilhelm Camphausen:
Giorgio Cristiano è determinato a dimostrare il suo valore sul campo. Non vuole essere l’ennesimo “nobiluccio raccomandato” che gioca a fare la guerra. Perciò decide di buttarsi nel vortice delle situazioni, in prima linea, tra i ranghi della Compagnia dei Cacciatori, la fanteria d’assalto specializzata nelle ricognizioni e nelle missioni più ardite.
Lo scenario in Corsica sembra quello di un romanzo coloniale. Un’isola nel Mediterraneo, il cui entroterra montuoso è irto di terreni scoscesi e boschi impervi infestati da cinghiali, fieri e pericolosi come la popolazione locale che da secoli lotta contro la dominazione straniera. Le coste dell’Europa continentale sono vicine, ma il mare appare una barriera insormontabile, un vero e proprio “isolante” di culture.
Da almeno quattro secoli la Repubblica di Genova, conosciuta come la “Dominante”, governa l’isola con pugno di ferro, sfruttando anche le lotte intestine tra fazioni e famiglie còrse. Addirittura si arriva ad appaltare l’esercizio del potere al Banco di San Giorgio (analogamente a quanto accade in India con la Compagnia delle Indie Orientali sino al 1858, anno in cui la colonia viene gestita direttamente dall’Impero britannico), compagnia commerciale e finanziaria dai metodi brutali.
Ogni più elementare libertà della popolazione è calpestata sino all’imposizione agli abitanti del divieto di lasciare l’isola. In questa situazione le ondate di rivolta divengono sempre più feroci, con saccheggi, devastazioni, omicidi, banditismo e violenze di ogni genere. L’odio separatista viene cavalcato da personaggi a loro volta eccessivi e dai tratti esasperati.
Prima la tragedia shakespeariana di Sampiero di Bastelica, capitano al soldo della Francia che, nella seconda metà del Cinquecento, arriva ad uccidere la moglie traditrice della famiglia e della causa separatista, poi la commedia grottesca di Theodor von Neuhoff, militare tedesco che nel 1736 riesce a farsi nominare per qualche mese addirittura Re di Corsica, per poi cadere in disgrazia.
Rimasta isolata nello scacchiere europeo nella repressione dell’ennesima rivolta separatista còrsa capeggiata dal Generale Pasquale Paoli, la Dominante è costretta ad accettare con riluttanza l’intervento, assolutamente interessato, del Regno di Francia. Il duca de Choiseul offre alla Repubblica l’invio di un potente contingente militare per sedare la ribellione una volta per tutte, pensando bene di accollare alla controparte l’intera gestione finanziaria dell’operazione.
Pasquale Paoli:
Le truppe sbarcano sull’isola prendendo il controllo delle piazzeforti costiere. Le forze ribelli si attestano nell’entroterra.
20 gennaio 1769. Torre e trincea detta d’Arcambal. Giorgio Cristiano Tozzoni con uno sparuto contingente di venti uomini è accerchiato da preponderanti forze còrse assetate di sangue. Il conte ha già inviato staffette a cercare rinforzi sfidando tagliagole nascosti dietro ogni cespuglio. Non sa se e quando arriveranno, ma di una cosa è sicuro: venderà cara la pelle.
O gloria, o morte
La resa è fuori discussione, anche perché il nemico non fa prigionieri. Gli isolani sono tremendi:
Chi è catturato viene fatto a pezzi dopo atroci sofferenze
L’unico conforto all’attesa stressante sembra essere solo il cognac a fiumi e la compagnia di qualche generosa vivandiera. Le munizioni stanno per finire e la fame sta iniziando a far sentire i suoi morsi. Nella mente di Giorgio Cristiano affiorano ricordi della formazione classica al collegio dei Barnabiti: Leonida e i trecento spartani alla difesa delle Termopili. Pochi si sono opposti a molti e il loro sacrificio riecheggia ancora nell’eternità. I pensieri si accavallano gli uni agli altri: tentare una sortita, resistere a oltranza o spararsi un colpo alla tempia. Questo flusso di coscienza attraversa il cervello come un fulmine, mentre il conte si sta preparando davanti allo specchio. Ѐ quello che si è portato da Imola e che gli ricorda momenti di lussuria con qualche amante dal volto sfuocato.
Dopo aver indossato la marsina bianca e la fusciacca da ufficiale, si assicura alla cintura la spada e un paio di pistole. Pronto a morire con stile da soldato-gentiluomo, Giorgio Cristiano corre ad incitare gli uomini e a combattere fianco a fianco nella terra e sugli spalti.
All’alba del terzo giorno di resistenza, nell’inferno più assoluto, tra gli spari e la nebbia della guerra, arrivano finalmente i rinforzi dell’esercito francese a rompere l’odioso assedio.
E’ la Vittoria!
Il Duca de Choiseul da Versailles gli invia una lettera di encomio il 13 maggio 1769 con le congratulazioni di Sua Maestà in persona per l’eroismo dimostrato unitamente a un premio di 300 franchi.
Choiseul ritratto da Charles-Amédée-Philippe van Loo:
Il conte Giorgio Cristiano Tozzoni non accetta il denaro. Per lui, l’onore e il coraggio di un soldato e gentiluomo non hanno prezzo.
Quando tornerà a Imola diventerà il padre di Giorgio Barbato Tozzoni, famoso per la bella moglie Orsola e per la sua “bambola” a grandezza naturale.