Il “Complot de l’Oeillet”: l’estremo tentativo per salvare Maria Antonietta

Maria Antonietta è stata una delle regine più calunniate della storia. Molte persone, tuttora, sentendone il nome, ricordano soprattutto la frase:

Se il popolo non ha pane, mangi brioche

Frase falsa, mai pronunciata, inventata dai suoi detrattori. Con l’inizio della rivoluzione la famiglia reale si trasferì da Versailles alle Tuileries, ai domiciliari, ma il tentativo di fuga del 1791 dei sovrani, pianificato dal suo amico e forse amante, Axel Fersen, si concluse a Varennes con l’arresto e con la reclusione nella Torre del Tempio di Parigi.

Ritratto della Regina di Élisabeth Vigée Le Brun:

Il processo a Luigi XVI finì come ovvio. Luigi Capeto, come veniva chiamato dopo la destituzione, venne ghigliottinato in Place de la Concorde il 21 gennaio 1793. Maria Antonietta, la Vedova Capeto, restò alla Torre con i figli, il delfino Luigi Carlo di 8 anni, la figlia Maria Teresa di 15 e con la cognata Madame Elisabeth. Il figlio le venne allontanato in luglio e il 2 agosto fu trasferita, alla Conciergerie.

La Conciergerie, in origine Palazzo reale e sede del Parlamento poi convertita in prigione, durante la rivoluzione ospitò il Tribunale della Rivoluzione, che dal 1793 al 1795 condannò alla ghigliottina 2600 persone, dopo processi spesso definibili come una farsa.

Era il preludio della condanna, ma tutti gli interventi dell’ambasciatore austriaco Mercy presso l’imperatore Francesco non ebbero alcun esito, così come la situazione di Maria Antonietta rimase ignorata dalle corti d’Europa.

 

La cella di Maria Antonietta conteneva un letto, un tavolino e una sedia. Si occupava di lei una cameriera, Marie-Rosalie Lamorlière. La cella aveva una finestra sulla Court des Femmes, dove non le fu mai concesso di scendere, ma da dove poteva almeno avere un po’ di aria e luce.

Il contegno di Maria Antonietta mosse a pietà molti dei suoi carcerieri, le venivano portati cibi dall’esterno e anche la moglie del custode Ricard si prendeva cura di lei.

L’ispettore del carcere Michonis, quando i gendarmi se ne andavano, si intratteneva con la regina, le portava notizie dei figli.

Indubbiamente non lo faceva per spirito monarchico ma per avidità

Una sera si presentò con il cavaliere Alexandre Gonsse de Rougeville, vecchia conoscenza dei reali, che lasciò nella cella un garofano. Celato nel fiore un biglietto dove la informava di essere a disposizione per qualunque bisogno e le promise di portarle del denaro per corrompere le guardie. Maria Antonietta, non avendo carta e penna, preparò una risposta per Rougeville su un ritaglietto di carta, forandola con l’ago, e lo consegnò alla Ricard:

Je suis gardée à vue, je ne parle à personne, je me fie à vous, je viendrai

(Sono guardata a vista. Non parlo con nessuno. Mi fido di voi, verrò).

Pare che nella notte fra il 2 e il 3 settembre, complici i Ricard e corrotto il gendarme Gilbert, Maria Antonietta sia uscita dalla cella e stesse per superare l’ultimo cancello, quando venne arrestata da Gilbert. A nulla valsero le preghiere dei complottisti e della regina. La donna venne riportata in cella. Michonis venne arrestato (poi ghigliottinato nel 1794) e i Ricard cacciati.

Quest’ultimo tentativo di salvezza verrà ricordato come ‘complot de l’oeillet’

La regina venne trasferita in un’altra cella, la stanzetta della farmacia di 2 metri per 3, scura e umida, con la finestra sbarrata e murata a metà, le vennero tolti tutti gli effetti personali, i pochi gioielli, l’orologio, il medaglione con i capelli dei bambini, le candele, ovviamente aghi e necessaire da cucito. Le guardie stazionavano alla porta e sotto la finestra tutto il giorno.

Maria Antonietta alla Conciergerie. Dipinto di Alexandre Kucharsky:

Tutti i privilegi e la compagnia erano finiti. Sempre sola, nessuno le rivolgeva la parola, e Maria Antonietta era rimasta perfino senza la nozione del tempo, e trascorreva la giornata leggendo, lei che non aveva probabilmente mai letto in vita sua.

 

Al processo arrivò l’ombra di quella che era stata. Aveva solo 38 anni ma era pallida, emaciata, con i capelli completamente bianchi e soffriva di pesanti perdite ematiche (forse un fibroma uterino).

L’atto d’accusa la incolpava di aver insegnato al re a ingannare il suo popolo, di tradimento della repubblica, della rovina del tesoro nazionale, di rapporti segreti con l’Austria, spionaggio, cospirazione, incesto, rapporti saffici con le amiche, Duchessa di Polignac e Principessa di Lamballe, orge con il corpo di guardia e il coinvolgimento nell’affare della collana (seppur fosse certa la sua innocenza).

Non le venne risparmiata alcuna nefandezza

Il colpo più duro per Maria Antonietta arrivò con la dichiarazione, fatta firmare al figlio Luigi Carlo, dove il piccolo di 8 anni e mezzo dichiarava che erano state la madre e la zia ad avviarlo alle pratiche di masturbazione, commettendo anche incesto e riconfermò questa storia davanti alla corte e davanti alla zia.

Raffigurazione (1794) del processo a Maria Antonietta

Perché il bambino abbia fatto una simile affermazione non è mai stato chiaro. Forse era stato plagiato, in fondo era piccolo, e aveva iniziato a cantare canzoni rivoluzionarie imparate in prigionia riferendosi alla sua famiglia con parole definite irripetibili.

Dopo questa accusa Maria Antonietta si rivolse alle madri fra il pubblico ricevendone solidarietà e sostegno. L’accusa si ritorse contro l’accusatore, ma fu una pugnalata per lei.

L’accusata rispose con calma a tutte le domande, difendendosi, ma l’esito del processo era già scritto

Per i giurati sarebbe stato perfino troppo pericoloso assolverla, se anche avessero voluto. L’ultima notte, con le candele, carta e penna che le vennero concesse, Maria Antonietta scrisse una lunga lettera alla cognata Elisabetta, raccomandandole la figlia Maria Teresa, che era con lei, ed il figlio Luigi Carlo anche lui prigioniero alla torre ma del quale non sapeva più nulla. Le chiese anche di perdonare il bambino per le sue affermazioni vergognose, chiese perdono a tutti e perdonò i suoi nemici. Aggiunse i suoi saluti ai familiari e agli amici, e sembra intendere un saluto per Axel Fersen, dove dice come fino all’ultimo respiro avesse pensato a loro.

La lettera non fu mai consegnata alla destinataria, e venne ritrovata dopo 20 anni nelle carte del giudice istruttore Fouquier-Tinville (anche lui in seguito decapitato).

Il contenuto della lettera peraltro risulta interrotto perché alle 7 arrivò la cameriera per aiutarla con i preparativi. Il gendarme presente nella cella non le concesse di cambiarsi in intimità, lei si nascose dietro alla cameriera e gli indumenti sporchi di sangue li nascose in una crepa nel muro. Le fu vietato di vestirsi di nero e scelse un abito bianco, il lutto delle regine. Alle 8 arrivò un sacerdote, uno di quelli fedeli alla repubblica, e Maria Antonietta rifiutò la confessione.

Maria Antonietta condotta alla ghigliottina, dipinto di William Hamilton:

Alle 10 arrivò il boia, che le tagliò i capelli e le legò le mani dietro la schiena. Alle 11 uscì, la carretta era già pronta, e le fu rifiutata una carrozza chiusa come concesso a Luigi XVI.

Lungo il percorso parve non vedere o sentire nulla, gli insulti, gli sberleffi della gente. Sulla strada Louis David, grande artista ma figura abietta della rivoluzione, fece l’ultimo schizzo della regina.

Place de la Concorde era già gremita, rumorosa, ma al suo arrivo si fece un gran silenzio. Maria Antonietta salì sul patibolo, venne fatta stendere e tutto finì in un battibaleno.

Era mezzogiorno e un quarto del 16 ottobre del 1793

Il suo corpo venne gettato in una fossa comune e coperto di calce, com’era successo a quello del re. Nel 1815 Luigi XVIII volle inumare i resti di Maria Antonietta e di Luigi XVI e questi vennero ritrovati grazie ad un avvocato realista che aveva memorizzato il luogo di sepoltura e lo aveva acquistato e recintato. Entrambi riposano nell’abbazia di St. Denis.

Scena del ghigliottinamento di Maria Antonietta:

Dei quattro figli, Maria Teresa fu l’unica a salvarsi, scambiata con altri prigionieri, e venne liberata nel 1795. Luigi Carlo morì in prigione alla torre nel 1795, probabilmente di malattia, dopo essere stato rinchiuso in una cella con solo una piccola apertura per passargli i pasti. Il medico che ne constatò la morte ne prelevò il cuore. Dopo i recenti esami del DNA venne riconosciuto come quello del Delfino e per questo fu sepolto a St. Denis.

Madame Elisabeth, sorella del re, venne ghigliottinata nel 1794. Per i curiosi di questa storia, la cella che si può visitare alla Concergerie è in verità quella a fianco dell’originale, che venne trasformata in cappella. Contiene comunque gli arredi autentici.

La Francia, in seguito, chiese scusa all’Austria per l’uccisione di Maria Antonietta, ma i sovrani non vennero mai assolti dall’accusa di tradimento. I colpevoli delle condanne a morte (i pochi sopravvissuti) erano comunque già stati condannati all’esilio da Luigi XVIII nel 1816.

Monumento funebre in onore di Luigi XVI e Maria Antonietta, a Saint-Denis, situato al piano superiore rispetto alla posizione dei sepolcri. Fotografia di Eric Pouhier condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:


Pubblicato

in

,

da