Il colpo di stato in Niger e la guerra dell’Uranio

Il 26 luglio in Niger è stato destituito il presidente in carica, Mohammed Bazoum, da un gruppo di militari locali, che hanno chiuso il politico, moglie e figli nella loro residenza controllata da un gruppo di rivoluzionari. Questa la notizia data su tutti i giornali qualche giorno fa, MA perché tutta questa attenzione al paese africano, quando da due anni in alcuni stati confinanti, Mali, Burkina Faso e Guinea, si sono susseguiti una serie di colpi di stato che hanno creato molto meno rumore? Come quasi sempre accade nel caso dei paesi africani c’entrano le risorse, in questo caso si parla di Uranio.

Però partiamo dalla base: dove si trova il Niger, che non è la Nigeria, e in quali condizioni economiche? Lo stato è un’ex colonia francese, indipendente dal 1960, popolata da un’infinità di tribù con lingue e costumi diversi fra loro, perlopiù di fede islamica. La sua superficie è costituita in larga percentuale dal deserto del Sahara, e confina a sud con la Nigeria, a ovest con il Mali e il Burkina Faso, a Nord con Algeria e Libia e a Est con il Chad. In pratica è al centro di una zona caldissima, sia per quanto riguarda il flusso di migranti sia per quanto riguarda la situazione politica. La popolazione del Niger è esplosa negli ultimi decenni, passando dai poco più di 5 milioni di abitanti degli anni ’60, sparsi in un’area grande quanto Italia, Francia e Germania messe insieme, a 25 milioni di abitanti odierni, con il 50% di loro che sono giovanissimi, hanno meno di 15 anni, e neanche la metà dei giovani sa leggere e scrivere, mentre fra gli anziani si scende al 15% scarso. Per essere chiari: è uno dei paesi più poveri al mondo, dove la gente muore ancora di fame e non ha accesso a nessun tipo di istruzione, e dove l’AIDS falcidia i giovani delle grandi città.

La capitale è Niamey, non a caso attraversata dal fiume Nilo, una città che nel giro di un secolo è passata da 3.000 abitanti a un milione, vi lascio intuire in quali condizioni di povertà estrema possano trovarsi le periferie. Insomma niente a che vedere con la vicina Nigeria, che è lo stato più popoloso dell’Africa con 200 milioni di abitanti e anche il più produttivo, con un PIL che supera quello del Sudafrica e vale un quarto di quello dell’Italia. In Niger la gente fa la fame, e non se la passa bene per nulla. In quest’area sono stanziali anche una serie di contingenti militari europei, che chiaramente non sono graditi alla popolazione locale. Ci sono 1.500 Francesi, un migliaio di statunitensi, e anche 400 italiani. E qui uno potrebbe stupire, perché tanta attenzione a uno stato poverissimo, perlopiù desertico, in cui quasi tutti sono pastori o agricoltori in condizioni di povertà estrema? La risposta è una sola: Uranio.

Sì perché il Niger è uno dei principali estrattori mondiali del combustibile per le centrali nucleari, in grado di far produrre miliardi di kilowattora con cui in Europa mandiamo avanti le nostre industrie. “Segui i soldi, troverai la Mafia”, diceva Giovanni Falcone. Nel caso dell’Africa si potrebbe dire: segui le risorse e troverai gli occidentali, ma sarebbe più appropriato ormai definirli i paesi ricchi includendo anche Russia e Cina. Il Niger è il quinto produttore mondiale di uranio con circa 3.000 tonnellate l’anno, dietro Kazakhstan, Canada, Australia, e Namibia. In pratica: dall’Africa l’Uranio arriva o dal Niger o dalla Namibia, e serve ad alimentare le centrali nucleari di Stati Uniti, Cina, India, Russia, Francia e tanti altri. Ma nello specifico è il primo fornitore dell’Europa, con il 25% della quota totale delle importazioni comunitarie. E così, il problema del golpe.

Sì perché come sempre accade in Africa le risorse vengono lì estratte ma lì non arriva né l’energia né il denaro, in Niger c’è solo povertà, a parte per un minuscolo gruppo di persone che si arricchiscono grazie ai soldi dei paesi sviluppati. E quindi i 25 milioni di nigerini, non è un errore è questo il loro nome, vivono in condizioni di analfabetismo e povertà, falcidiati dall’ignoranza su temi basilari come la diffusione dell’AIDS, sfruttati dagli occidentali per il loro uranio.

 

Ma il colpo di stato non è frutto della voglia degli abitanti di ribellarsi alla loro misera situazione. Il presidente Mohamed Bazoum era stato eletto nel 2021, vincendo contro lo storico politico Mahamane Ousmane. Bazoum era un garantista della politica filo occidentale, amico di quegli stati del blocco NATO che gli consentono di esercitare un potere democratico in cambio dello sfruttamento delle risorse minerarie. E infatti il blocco dei paesi della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas), amica dei paesi europei e dell’America, ha minacciato di procedere a un’azione armata contro i golpisti se non rimetteranno al potere Bazoum, e in tutta risposta il Mali, il Burkina Faso e la Guinea, guidati lo ricordo da giunte militari golpiste a loro volta, hanno risposto dicendo che se si attaccherà il Niger loro interverranno in favore dei golpisti. L’Ecowas ha quindi iniziato una politica di sanzioni contro il Niger, congelandone le risorse presso altri stati e chiudendo tutte le frontiere.

Insomma la zona del Niger è calda, non solo a livello di temperature desertiche, ma proprio in funzione del ruolo cruciale delle risorse africane per le economie dei paesi occidentali. E la Russia? Appena è scoppiato il colpo di stato dall’Ucraina e Zelensky è partita l’accusa di finanziamenti di Putin ai militari nigerini, ma per ora è tutto da confermare. Gli Stati Uniti hanno dichiarato ufficialmente che i russi non c’entrano nulla, e Putin non si è ancora espresso, ma le bandiere russe che si sono alzate durante le manifestazioni che hanno favorito il putsch militare lasciano parecchi dubbi sull’effettiva estraneità russa dalla cosa. Anche in questo caso sarà la storia a parlare: dove e a chi verranno destinate le risorse nigerine, tanto preziose per produrre elettricità con le centrali nucleari?

Questo per ora non si può dire, ma sono assolutamente sicuro che non saranno impiegate in Africa, dove le persone continuano a voler combattere non sapendo contro chi rivolgere il proprio malessere sociale, e dove minuscoli gruppi di oligarchi e multinazionali dei paesi avanzati continuano a sfruttare risorse e uomini, senza alcuna condanna morale da parte di nessuna istituzione.


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