I cimiteri sono, per noi occidentali, luoghi di lutto e tristezza: qui riposano i defunti, la cui memoria viene solitamente idealizzata, i difetti dimenticati, la causa della morte ignorata. Sulle lapidi di solito compaiono solo le date di nascita e morte, o tutt’al più l’augurio di riposare in pace. Esiste però in Romania, casualmente la patria del Conte Dracula, un piccolo villaggio chiamato Săpânţa, dove il cimitero locale è stato soprannominato Cimitirul Vesel, Cimitero Allegro, o Cimitero che ride.
Fotografia di Andrzej Wójtowicz via Flickr:
La particolarità di questo piccolo camposanto è che diverge sensibilmente dalla cupa solennità che caratterizza i cimiteri di tutti i paesi occidentali. Secondo alcuni, questa “stravaganza” può esser fatta risalire addirittura alla concezione del trapasso che avevano le tribù della Dacia prima dell’invasione romana: per queste popolazioni la morte era solo una porta verso la felicità eterna e verso la possibilità di incontrare Zamolxes, il loro dio supremo.
Fotografia di MARIAN Gabriel Constantin via Flickr:
Il cimitero è noto in tutto il mondo – grazie ad un giornalista francese che lo fece conoscere nei primi anni ’70 – per il suo modo leggero di guardare alla morte: le croci di legno che ornano le tombe sono dipinte con allegri colori e figure vagamente naïf, mentre le persone sepolte vengono ricordate in modo originale e poetico, descrivendone pregi e difetti.
Fotografia di Remus Pereni via Flickr:
Come il poeta Edgar Lee Master, che nella sua Antologia di Spoon River scrisse epitaffi che narravano nel bene e nel male la vita dei defunti di un immaginario paesino degli Stati Uniti (anche se spesso si ispirò a persone reali), così Stan Ioan Pătraş, un falegname-pittore-poeta di Săpânţa, ha realizzato le allegre lapidi del cimitero del suo paese, raccontando con immagini e parole la vita del defunto, compreso qualche dettaglio non proprio edificante.
Fotografie via Wikipedia 1 e Wikipedia 2:
Ad esempio: “Ioan Toaderu amava i cavalli. Un’altra cosa lui amava molto. Sedersi al tavolo di un bar. Accanto alla moglie di qualcun altro.”
Oppure: “Sotto questo pesante croce giace la mia povera suocera… Cercate di non svegliarla. Perché, se torna a casa, lei morderà la mia testa”.
L’artista, perché così può essere definito, nacque a Săpânţa nel 1908, e già a 14 anni scolpiva le croci per il cimitero locale. Dal 1935 Pătraş iniziò ad aggiungere poesie ironiche o divertenti, scritte nell’arcaico linguaggio locale, ed anche l’immagine del defunto, talvolta proprio nell’attimo della morte.
Gli allegri colori – verde, giallo, rosso – spiccano sul fondo blu, che per Pătraş rappresentava la speranza, la libertà, il cielo.
Fotografia via Wikipedia:
Pătraş da solo scolpì, scrisse le poesie e dipinse oltre 800 di questi capolavori di arte popolare, in un periodo di 40 anni. Quando morì, nel 1977, aveva già preparato la sua croce, e lasciato la sua attività a Dumitru Pop, che negli ultimi trent’anni ha proseguito la sua opera.