Il caso Thompson-Bywaters: un triangolo “Noir” fra gente perbene

Una volta, introducendo una delle affascinanti raccolte di racconti da cui traeva le sceneggiature dei suoi telefilm, Alfred Hitchcock scrisse che la sua passione erano i “delitti per bene”, quelli in cui l’assassino svolge il suo compito senza sporcare più del necessario, dettaglio che rivela sicuramente una natura signorile, rispettosa del lavoro di chi deve pulire dopo. Può suonare una battuta un po’ cinica, ma è perfettamente coerente con lo humour nero del regista inglese.

E poi Hitchcock non era neanche così cinico. Sulla storia che stiamo per raccontare, quella di un delitto e del successivo processo, avrebbe voluto girare un film o almeno un documentario ma, dopo aver preso contatto con i familiari delle persone coinvolte, decise di non farlo più, per rispetto dei morti. Altri non si sono fatti gli stessi scrupoli, anche perché si tratta, obiettivamente, di una vicenda davvero appassionante, specie per chi apprezza il noir o il mystery.

Alfred Hitchcock – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:

Si parla di “fatti di gente perbene” (il titolo del film di Mauro Bolognini su un delitto analogo risalente al 1902, il celebre “caso Murri“) e, soprattutto, di uno dei verdetti più controversi di sempre.

La storia si presta facilmente alla traduzione in film, perché i suoi protagonisti sono tutti giovani, belli e pieni di vita. Si svolge a Londra e comincia in un giorno imprecisato dell’estate del 1920, quando lei, sposata con lui, incontra l’Altro. O, per meglio dire, lo rivede, perché lo aveva già conosciuto quando lei era adolescente e lui bambino.

Il matrimonio con Percy

Lei si chiama Edith Graydon, è nata il giorno di Natale del 1893 e, per gli standard del tempo, è una vera bellezza. Non solo: è anche una ragazza volitiva e spigliata, brillante negli studi, che in altri tempi sarebbe andata all’università. Invece, a 16 anni, ha lasciato la scuola e ha iniziato a lavorare in una piccola ditta che produce abbigliamento, con mansioni amministrative.

Poiché è brava in quello che fa, dopo un po’ viene cooptata da una ditta più grande, la Carlton & Prior, che commercia tessuti e abiti all’ingrosso. Lei stessa è una gran modaiola, sempre elegante e fascinosa, ma, soprattutto, è indipendente, tanto è vero che presto si rivela capace di condurre affari e trattative da sola. Sale nelle gerarchie della ditta fino al ruolo di procuratrice e, in questa veste, compie diversi viaggi di lavoro a Parigi.

Ma, secondo le consuetudini del tempo, la sua vita non può essere completa senza un adeguato principe azzurro. Il candidato a lei gradito, Edith lo ha incontrato quando andava ancora a scuola, nel 1909: si chiama Percy Thompson, è nato il 10 aprile del 1890 e sembra destinato a un brillante avvenire da uomo d’affari. Mentre questa carriera va avanti, passano oltre 6 anni e il matrimonio viene celebrato il 15 gennaio del 1916.

Nonostante la loro prima residenza da sposati non sia a Londra, ma a Southend-on-Sea, alla foce del Tamigi, Edith non lascia il lavoro. Sembra che Percy sia esentato dal partecipare alla Grande Guerra, non si sa perché. La coppia rientra comunque a Londra e va a vivere nel signorile sobborgo di Ilford. Entrambi guadagnano bene e, per senza figli, sembrano la classica coppia perfetta, ben assortita.

Edith Thompson nel 1920 circa – Immagine di Uclerew condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia

Come sempre, in questi casi, però, tanto perfetta questa coppia non è

Non che vi siano chissà quali problemi: è solo emerso che i due caratteri non sono facilmente compatibili. Ordinario, compassato, piuttosto banale, a dirla tutta un po’ noioso lui; vulcanica, passionale, fantasiosa e difficile da controllare lei. Insomma, se si separassero sarebbe un bene per tutti, ma, nella società inglese del tempo, il divorzio è ancora uno scandalo.

Il triangolo sentimentale

È solo questione di tempo, perché, prima o poi, un terzo incomodo si intrometta tra loro. E questo terzo incomodo si presenta proprio nel 1920: è un atletico adolescente (nato il 27 giugno del 1902) che, un tempo, è stato compagno di scuola del fratello minore di Edith. Si chiama Frederick Bywaters e, finita la scuola, preso dal gusto dell’avventura, si è arruolato nella marina mercantile.

Nonostante la giovane età, ha già viaggiato un bel po’, è stato in mezzo mondo, e i suoi racconti eccitano la fantasia di Edith infinitamente più di quanto riesca a fare, da tempo, la piatta conversazione del marito.

I due si frequentano di nascosto da Percy, che non sospetta assolutamente nulla. Anzi, nell’estate del 1921, quando la coppia va in vacanza sull’isola di Wight, dove il coniuge ha affittato un cottage, Percy stesso invita Frederick a seguirli, insieme alla sorella minore di Edith, Avis. Infatti, l’uomo è convinto che Frederick frequenti insistentemente i Graydon per corteggiare Avis.

L’isola di Wight – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

La vacanza, però, gli rivela la realtà dei fatti. Un giorno, Edith e Percy litigano in giardino in seguito a un banale incidente. Lei strilla troppo e Percy, che peraltro non è assolutamente un tipo violento, si irrita e la spintona. Edith perde l’equilibrio e cade, trascinandosi dietro degli arredi e procurandosi dei lividi. La reazione di Frederick, accorso nel frattempo, è così aggressiva che Percy lo sbatte fuori di casa.

Da sinistra verso destra: Frederick Bywaters, Percy Thompson e Edith Thompson nel luglio del 1921 – Immagine di Uclerew condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

La situazione va in stallo nel giro di qualche settimana. Le vacanze di Frederick finiscono e deve imbarcarsi di nuovo.

Gli impegni di lavoro lo terranno lontano dal Regno Unito e da Edith dal settembre 1921 al settembre 1922

Durante questa lontananza, Edith lo bombarda di lettere. Gliene scrive oltre 60, raccontandogli tutto, senza omettere riferimenti piuttosto dettagliati alla loro intimità, ma, soprattutto, lamentandosi della sua difficoltà a liberarsi di Percy, dal quale vorrebbe divorziare, ma non può, perché lui non lo accetta. In due occasioni accenna a goffi e improbabili tentativi di ucciderlo fingendo un incidente, ad esempio, avvelenandolo o mescolando frammenti microscopici di vetro al suo cibo.

In realtà, sembra che nell’unica occasione in cui la cena di Percy ha rischiato di essere contaminata da un veleno, per un errore della sorella Avis, Edith sia intervenuta prontamente e abbia gettato tutto via. Ciò che scrive nelle lettere a Frederick sono essenzialmente fantasie, ma Frederick non lo sa, così come non sa che lei sta esagerando i suoi problemi coniugali.

Da sinistra verso destra: Frederick Bywaters, Edith Thompson e Percy Thompson il 10 luglio del 1921 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Infatti, nel giugno 1922, stanco dell’impegnativo legame clandestino, per lo più a distanza, Frederick le ha detto di voler troncare. Non si scrivono più fino a settembre, quando lei riprende i contatti, lamentandosi che Percy la maltratta ed è violento. Non è vero, ma Edith sa che Frederick ha uno spirito molto cavalleresco e non la abbandonerebbe mai in una situazione così difficile.

I due si rivedono qualche volta, sempre di nascosto, dopo il rientro di Frederick in patria.

Cosa si dicano, non si sa

Edith Thompson e Frederick Bywaters – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

L’omicidio di Percy

La sera del 3 ottobre del 1922, Percy ed Edith, accompagnati dagli zii di lei, i signori Laxton, vanno a seguire uno spettacolo al Criterion Theatre di Piccadilly Circus. Salutati gli zii, la coppia torna in treno a Ilford, dove arriva alle 23:30. La passeggiata fino a casa è piuttosto breve, ma, mentre percorrono la strada pressoché deserta, una figura spunta dal buio di un giardino, alle loro spalle, e li aggredisce. Edith viene sbattuta a terra e Percy, dopo una breve lotta, è ripetutamente accoltellato. Le grida di Edith fanno accorrere gente dalle case che affacciano per strada, ma l’aggressore è già fuggito e Percy è morto dissanguato.

Ingresso del Criterion Theatre di Londra – Immagine di Turquoisefish condivisa con licenza CC BY 3.0 via Wikipedia

Edith è evidentemente sotto choc e la polizia aspetta l’indomani per interrogarla. Intanto, però, fa domande a un bel po’ di altre persone, non solo i presenti, ma anche tutto il giro di amicizie e conoscenze della coppia.

E da questi interrogatori emerge la storia tra Edith e Frederick, che viene subito preso in custodia

Quando alla stazione di polizia le mostrano l’amante in stato di fermo, i poliziotti mentono a Edith, dicendole che ha già confessato. Edith crolla e confessa non soltanto la relazione tra loro, ma anche i suoi sospetti che l’aggressore possa essere proprio lui.

Le credono solo su quest’ultimo punto, la arrestano ed entrambi finiscono a giudizio, lui come esecutore materiale e lei come mandante.

Il processo

Il processo si tiene a dicembre e, nella migliore tradizione inglese, dura pochissimo, solo due giorni, dal 9 all’11. Edith ha assunto un ottimo avvocato, Henry Curtis-Bennett, ma non lo ascolta. Curtis-Bennett le suggerisce di non andare al banco dei testimoni, perché il compito di provare la sua colpevolezza spetta all’accusa e questa ha in mano davvero poco per dimostrare al di là di ogni ragionevole dubbio che lei è coinvolta. Ma Edith non intende ragioni: sa che l’unico modo che ha di cavarsela consiste nello scaricare ogni colpa su Frederick, ma questo significa anche spedire Frederick dritto alla forca, invece, lei è decisa a salvarlo.

Il maggior penalista inglese del tempo, Edward Marshall Hall, commenterà in seguito che, al posto di Curtis-Bennett, avrebbe preferito rimettere il mandato, piuttosto che perdere la causa per la mancanza di collaborazione del cliente.

Edward Marshall Hall raffigurato nel 1903 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

La difesa di Frederick, affidata all’avvocato Cecil Whiteley, punta su un alleggerimento dell’accusa. La versione è che Frederick voleva solo parlare con Percy, ma quest’ultimo ha reagito violentemente e Frederick ha perso la testa. Ha tirato fuori il coltello, perché, in precedenza, Percy lo aveva minacciato dicendo di essersi procurato una pistola e che non avrebbe esitato a usarla contro di lui.

Cecil Whiteley nel 1931 – Immagine condivisa con licenza Fair use via Wikipedia

La deposizione di Edith è un disastro. Al pubblico ministero Thomas Inskip non sembra vero di poterla dare in pasto non solo alla giuria, ma anche al pubblico, leggendo i brani più compromettenti delle sue lettere e chiedendole chiarimenti a cui riesce a dare a stento risposte imbarazzanti. L’accusa fa un uso molto disinvolto della corrispondenza sequestrata, divulgando solo le parti che le fanno comodo, facendo apparire Edith come un mostro senza scrupoli.

Thomas Inskip – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

La difesa ha voglia di insistere sul fatto che, qualunque cosa sia scritta nelle lettere, non prova in nessun modo che Edith ha commissionato l’omicidio del marito. Il giudice Shearman è evidentemente parziale: ogni volta che interviene, è sempre a favore dell’accusa. Ripete ossessivamente la parola “adulteri”, come se questo bastasse a giustificare la condanna capitale. Più tardi, tanti osserveranno che questo processo è diventato un caso nazionale perché i moralisti più sfegatati (e ipocriti) lo vedevano come un’occasione per impartire una dura lezione alla gioventù spensierata che conduceva una vita sempre più libera, seguendo i modelli importati dagli USA.

Colpirne uno per educarne cento, si direbbe altrove

La campagna di stampa contro gli amanti assassini è martellante: tutte le principali testate pretendono un verdetto esemplare.

Frederick, a parte la versione concordata con il suo avvocato, non fa nulla per scaricarsi delle sue responsabilità. Ammette tutto, ma ripete continuamente di aver preso l’iniziativa da solo, che Edith non c’entra niente.

Il verdetto è di colpevolezza per entrambi e la condanna è la forca

L’andamento del processo cambia un po’ l’orientamento dei giornali. Con la sua giovanile lealtà e dignità, Frederick si è guadagnato parecchie simpatie. E poi, molti pensano che sia stato plagiato dalla maliarda Edith. In poco tempo, una petizione raccoglie un milione di firme, affinché la sua condanna capitale sia trasformata in una pena detentiva. Forse, in altre circostanze, la commutazione sarebbe cosa fatta, ma non adesso. Per graziare Frederick, che è materialmente l’assassino ed è pure reo confesso, bisognerebbe graziare anche Edith, che tecnicamente non ha ucciso nessuno ed è stata condannata sulla base di prove a dir poco dubbie. Ma non c’è niente da fare: Edith, l’adultera che ha stregato due uomini, condannandoli, di fatto, a morte, la deve assolutamente pagare.

Questo è quanto pensano i giudici, e le condanne vengono confermate

Le esecuzioni di Edith e Frederick

Anche se i due sono reclusi in due carceri diversi di Londra, Frederick a Holloway ed Edith a Pentonville (i due complessi, tra loro, distano meno di un chilometro), le esecuzioni dovranno essere simultanee, fissate per le 9 di mattina del 9 gennaio 1923.

Holloway Prison nel 1896 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Frederick passa gli ultimi giorni tentando ancora, con l’assistenza del suo avvocato, di scagionare Edith. Le sue ultime parole, prima dell’apertura della botola sotto i suoi piedi, sono:

«Edith non c’entra niente!»

Edith, invece, è rimasta sconvolta innanzitutto dalla condanna. Secondo i suoi conoscenti, è davvero convinta di possedere abbastanza carisma da convincere i giurati, così come ha sempre fatto colpo sui clienti della Carlton & Prior. Ma, poiché la sua sentenza si basa su prove inesistenti, spera in una grazia, che, però, le viene rifiutata. Nei giorni precedenti all’esecuzione, non fa altro che avere crisi isteriche, senza più dormire o toccare cibo. Il giorno dell’impiccagione, mentre le guardie la tengono ferma, il medico del carcere le inietta un sedativo; poi, quattro guardie la prendono, ormai incosciente, e la portano fino alla forca, dove viene impiccata senza nemmeno rendersene conto.

Posterità del caso

La sentenza e la mancata grazia, ovviamente, hanno destato ogni sorta di critiche, che non si sono spente nemmeno oggi, a quasi un secolo di distanza. Ma l’analisi più acuta sembra quella dell’avvocato e criminologo Edgar Lustgarten (1907-1978), autore anche di famosi romanzi gialli, compreso Signori della corte…, riconosciuto come uno dei capolavori del genere.

Edgar Lustgarten – Immagine condivisa con licenza Fair use via Wikipedia

Lustgarten scrisse che il processo, tecnicamente, non presentava nessun errore e che i giurati avrebbero potuto benissimo giungere a una decisione senza lasciarsi condizionare dalla pressione dei mass media e dalle insinuazioni del giudice Sherman. Semplicemente, nessuno si sforzò di “capire” cosa fosse accaduto e perché. Il caso Thompson-Bywaters è uno di quelli che dimostrano come anche un sistema giuridico apparentemente perfetto possa rivelarsi ottuso e fallace quando smette di considerare gli oggetti del suo giudizio come dei normali esseri umani, inseguendo il miraggio di una gelida “imparzialità” che andrebbe bene al massimo per giudicare degli automi.


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