Un’esplosione di arabeschi. Intarsi dalla laboriosa manifattura. Definiti dal grande scrittore francese Guy de Maupassant come
un rebus che cammina
il carretto siciliano, trapunto di fastosi ornamenti ed imbellettato da tinte oro e porpora, fa propria la multiforme identità dell’isola incarnando un’iconografia corposa e memorabile.
Piccolo scrigno dalla perfetta manifattura, diffusosi negli inizi dell’800, questo umile mezzo di trasporto, strettamente connesso al vivere contadino, si concesse un lusso: quello di essere una piccola opera d’arte in movimento.
Ogni suo frammento nasconde la calibrata miscela delle poliedriche competenze delle maestrie siciliane. Un intagliatore, per le componenti in legno, un fabbri, “u firraru”, per gli elementi in ferro e un “carradore” per l’unione delle molteplici parti.
Tipico carretto siciliano davanti la Valle dei Templi ad Agrigento. Fotografia condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
Il pittore, con l’amorevole accuratezza della sua valente mano, consacrava col suo tocco il prezioso carro, rivestendolo dei colori della Sicilia. I gialli del vibrante del sole, la porpora della lava e dell’esplosiva carica di questa calda terra.
“U siddaru” infine si apprestava alla preparazione dell’animale da traino (in genere un mulo, asino o cavallo), rivestendolo di ornamenti, pennacchi e campanellini.
Ma il fascino di queste opere variopinte non risiede meramente nello sfolgorio dei loro colori. In un tempo in cui i libri ed il sapere erano accessibili a pochi, la narrazione storica si perpetrava attraverso l’arte figurativa.
Inizialmente adibiti al trasporto dei prodotti della terra e della legna, i carretti divennero ben presto silenti portatori di messaggi e manifesti della narrazione storica.
E allora, laddove non vi erano testi, vi era un sapere tramandato con grande semplicità, protetto dallo scorrere del tempo, profuso con la potenza dei colori e delle sgargianti figure ed assorbito da tutti coloro che posassero banalmente lo sguardo su questi preziosi “libri in movimento”.
Protagonisti di queste rappresentazioni erano in special modo le vite dei Santi, le gesta dei sovrani, le battaglie di Napoleone, i Vespri Siciliani ed altri innumerevoli episodi storici
Curioso constatare la sorpresa che i francesi ebbero nello scoprire quanto maggiormente diffuse e note fossero le vicende carolinge in questa terra che nella loro stessa madrepatria.
La loro origine è collegata alla naturale evoluzione storica dei percorsi stradali siciliani. Giacché in passato i trasporti e i commerci si effettuavano via mare, ed il danneggiato ed instabile percorso stradale impediva ai mezzi a ruote di circolare liberamente, fu solo in seguito allo stanziamento del 1778, da parte del parlamento siciliano, volto al rifacimento delle strade, che ebbe inizio la diffusione di questi carretti. Prima di allora, a seguito della caduta dell’Impero Romano, le strade siciliane versavano in un’impietosa condizione di decadimento e le “trazzere” erano gli unici percorsi disponibili. Esse si dilungavano lungo campi e terreni frastagliati, ed erano adibite per lo più all’avanzata dei corpi militari o allo spostamento delle greggi per la transumanza.
Sotto, il disegno della sponda alla Catanese, con una scena di Orlando. Fotografia condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
Il miglioramento dell’assetto stradale diede spinta alla naturale evoluzione dei mezzi di trasporto, e di conseguenza alla diffusione del carretto. Da principio si trattava di carretti semplici, realizzati con tinte uniche ed essenziali e con ampie ruote al fine di superare i terreni scoscesi e tortuosi.
Ci si può facilmente immaginare quegli uomini affaticati nel loro lento procedere lungo gli antichi percorsi, colpiti da un sole abbacinante, investiti dai profumi della terra ed accompagnati dal tintinnio allegro dei campanacci; uniti, nel loro faticoso incedere, dalla corale esecuzione del cosiddetto canto del carrettiere (una suggestiva cantilena dalle vibranti note evocative, che accompagnava i lavoratori nel duro lavoro di ogni giorno).
Alla diffusione dei carretti fu connesso anche il dipanarsi delle sue funzioni. Ai pittori erano commissionate rappresentazioni che traessero spunto dalla ricca opera dei pupi siciliani, dichiarati dall’Unesco nel 2001 capolavoro del patrimonio orale e immateriale dell’umanità, ma non solo. Episodi cavallereschi, letterari e religiosi, fecero la loro graduale comparsa su ogni facciata del carro. Queste pitture fungevano da elemento impermeabilizzante contro il facile logorio del legno. Ma le rappresentazioni religiose avevano anche un’altra funzione. Questi carretti dovevano difatti trasportare pesanti carichi lungo percorsi instabili e pericolosi, sicché le figure religiose fungevano da protezione contro la malasorte e le influenze negative.
Ma l’inventiva di questi lavoratori non si limitava alla rappresentazione artistica dalle mere sfumature scaramantiche. La comunicazione conosce innumerevoli canali, ed il carretto in tal senso assumeva un altro particolare incarico:
quello pubblicitario
I carrettieri, che vivevano un miglioramento della loro condizione sociale, trasformarono ciò che era un comune mezzo di trasporto, nel più esemplare monito di prestigio e benessere. Così, l’abbondanza cromatica, il flusso di colori e gli intarsi finemente modellati che si profondevano con abbondanza lungo le ruote del carro, divenivano l’espediente commerciale perfetto per attrarre l’attenzione sui loro prodotti.
Sponda in stile Vittoria con una scena raffigurante Napoleone. Fotografia condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
Perfino il cavallo era copiosamente vestito di ornamenti. E se i vibranti colori non bastavano, c’era il suono dei campanellini, riccamente distribuiti sulle bardature del cavallo e del carretto. Come una bellissima dama a passeggio, i carretti, con l’ammaliante delicatezza di ogni dettaglio e la cura per la fedele rappresentazione di ogni elemento, colpivano l’attenzione dei passanti. E quale doveva essere la sorpresa dei viaggiatori che giungevano da ogni parte del mondo in Sicilia, dinanzi a questi piccoli capolavori.
In una memorabile pagina tratta dal suo viaggio in Sicilia, Guy de Maupassant, disse su Palermo e i suoi carretti: “Appena lasciamo la nave non possiamo fare a meno di stupirci del movimento e della gaiezza di questa città di duecentocinquantamila abitanti, piena di negozi e di rumore, meno convulsa di Napoli e tuttavia non meno piena di vita… La città, adagiata al centro di un vasto anfiteatro di montagne nude, di un grigio bluastro qua e là venato di rosso, è divisa in quattro parti da due grandi strade diritte che si incrociano nel mezzo. Da questo quadrivio, in fondo a tre di quei lunghi corridoi di case, si scorgono le montagne, mentre al termine del quarto si intravede la macchia azzurro intenso del mare, che pare vicinissimo, come se la città vi fosse caduta dentro…Vedo dei carretti, piccole scatole quadrate, appollaiate molto in alto su ruote gialle, sono decorati con pitture semplici e curiose, che presentano fatti storici, avventure di ogni tipo, incontri di sovrani…Persino i raggi delle ruote sono decorati…Il cavallo che li trascina porta un pennacchio sulla testa e un altro a metà della schiena…Quei veicoli dipinti, buffi e diversi tra loro, percorrono le strade, attirano l’occhio e la mente e vanno come dei rebus che viene sempre la voglia di risolvere”.
Sponda Palermitana. Fotografia condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
Questo sapere secolare, arricchito dalla passione per la tradizione e l’identità della propria terra, conserva tutt’oggi la propria preziosa essenza. Un’arte gelosamente custodita e tramandata di generazione in generazione. Certo il subentrare dei veicoli a motore ha confinato i carretti ad un generale disuso, destinandoli per lo più al comparire durante le sagre o le feste di paese.
Curioso osservare la naturale influenza che questi piccoli scrigni in movimento, hanno saputo esercitare nel tempo nel mondo dell’arte e della moda. Ne è esempio il pittore Renato Guttuso, che esposto sin da giovane alle sonore raffigurazioni impresse sui carretti dai pittori siciliani, assorbì la memoria delle sinuose figure dagli sgargianti colori. Così, quando si accinse a dare atto alla sua personale opera, egli attinse da quel peculiare bagaglio di sensazioni estetiche, rielaborandole attraverso il filtro della sua personale percezione artistica.
Non solo. Il mondo della moda, con il prestigioso marchio Dolce e Gabbana, ha reinterpretato negli ultimi anni lo stile dei carretti siciliani in una suggestiva collezione di abiti che ha il sapore di una sicilianità antica tuttora ammirata e contemplata.
Oggi parlare di carretto siciliano significa aver cura di un elemento cardine della tradizione e del costume siciliano, ma significa anche abbracciare il fascino di una cultura popolare che si nutre di un amore per la bellezza oggigiorno dimenticato.
Citando ancora Guy de Maupassant: “Quegli uomini, quelli di una volta, avevano un’anima ed occhi che non somigliavano a quelli nostri; nelle loro vene, con il sangue, scorreva qualcosa di scomparso: l’amore e l’ammirazione per la Bellezza”.
Il canto del carrettiere:
Fonte immagini: Wikipedia