Il 14 Febbraio 1944 di Corinna Grisolia: Omicidio all’Ora di Pranzo

Non fa in tempo a gustare l’ultimo pranzo il gioielliere Clemente Mazzarello, il 14 febbraio 1944, quando viene assassinato con circa quaranta coltellate nella sua cucina, con il tovagliolo ancora al collo. Colpevole del cruento omicidio sarà riconosciuta la moglie, Corinna Grisolia. La donna affermerà però di aver subito l’aggressione di due sconosciuti.

Partiamo dall’inizio.

Corinna Grisolia nasce nel 1914 a Buenos Aires e arriva in Italia, a Firenze, appena ragazzina insieme alla madre. La giovane non ha molta voglia di studiare e così inizia una carriera di fotomodella che la porta però ben presto a lavorare come entraneuse in una casa di appuntamenti. La ragazza non è bellissima, ma è in possesso di un grande fascino che le permette di scegliere gli uomini con i quali esercitare il mestiere più antico del mondo. Uno di questi uomini è Clemente Mazzarello, rispettato e ricco gioielliere di Genova. L’uomo conosce la giovane che sarebbe divenuta sua moglie (e assassina) durante una delle sue trasferte di lavoro.

Le visite nella casa di appuntamenti frequentata da Corinna, Cora per amici e clienti, si susseguono fino al 1938 quando – in quell’anno Cora è ancora una giovane donna di ventiquattro anni – Clemente Mazzarello le propone di sposarlo. La donna accetta e i due convolano a nozze lo stesso anno.

È così che Corinna diventa una normale moglie e si trasferisce a Genova. Mazzarello è convinto che la fede al dito possa redimere la donna e fa di tutto per far scivolare nell’oblio lo scomodo passato della ragazza. Corinna invece non fa nulla a tal fine, anzi, oltre a continuare a frequentare altri uomini, si rivela presto una donna dispotica, arrogante, malvagia, ben lontana dall’immagine dell’angelo sensuale e servizievole che il commerciante di preziosi aveva conosciuto a Firenze.

I due comunque hanno un bambino, la cui nascita però non fa altro che macchiare il curriculum di Corinna: il bimbo, infatti, si ammala presto e muore in ospedale, da solo, con la madre che dimostra tutta la sua negligenza e l’inesistente spirito materno.

Si vociferò che Corinna, sapendo il figlioletto ormai in fin di vita, avesse preferito andare al cinema a vedere un film comico per distrarsi dall’imminente disgrazia

Dopo la morte del bambino Mazzarello si convince dell’errore che ha fatto sposando la donna e così si allontana piano piano dal tetto coniugale anche per evitare i litigi che ormai sono all’ordine del giorno. Il matrimonio è destinato a finire presto, ma Cora non ci sta: sa che perso il marito per lei probabilmente si riaprirebbero soltanto le porte di un lupanare, e così comincia a meditare.

La donna programma un piano: è certa che la morte tragica del marito le darebbe tutti i suoi averi e finalmente potrebbe garantirle una vita agiata e senza alcun pensiero. Sì, Corinna Grisolia è certa:

Clemente deve morire

È il 14 febbraio 1944 quando Cora attua il suo diabolico piano. Sono da poco trascorse le 12.30. Nell’appartamento di via Morgantini 20, Clemente è seduto a tavola, mentre Corinna sta preparando una teglia di lasagne. Intorno alle 13 Cora balza addosso al Mazzarello, lo stordisce fracassandogli una bottiglia in testa e lo colpisce ripetutamente con un’arma da taglio: saranno circa quaranta le coltellate inferte al marito. Quando l’uomo spira la donna inscena un rapimento sfociato in delitto: si chiude nella camera da letto legandosi mani e piedi, non prima di essersi tappata la bocca con degli stracci.

Viene ritrovata così dagli uomini del palazzo che per primi entrano nell’abitazione quel 14 febbraio. Clemente Mazzarello, invece, è esanime sul pavimento della cucina, con attorno al collo ancora il tovagliolo, in una pozza di sangue.

Cora appare terrorizzata; afferma che intorno alle 13 sono entrati in casa due uomini per parlare col marito. Dopo qualche battuta lo avrebbero aggredito uccidendolo con un coltello. Poi si sarebbero rivolti contro di lei, che intanto era intervenuta allarmata dalle grida di morte del coniuge, l’avrebbero colpita alla testa per poi legarla e rinchiuderla nella camera da letto.

Il sospetto di una simulazione si prospetta presto però, infatti, le corde che legano Corinna sono allentate, e dalle perizie risulta che possano essere stati intrecciate autonomamente. Inoltre, in cucina non si trovano impronte di suole (quelle digitali sarebbero arrivate molto dopo) estranee, e le uniche che si trovano possono esser fatte risalire soltanto ai piedi della donna. Indizi che appaiono sospetti, ma non troppo da trattenerla in questura.

La donna infatti torna a casa dove ha modo di ripulire tutta l’abitazione

Le parole della donna comunque non convincono gli inquirenti: né il portinaio, né gli altri inquilini del palazzo di via Morgantini hanno notato gli uomini che Cora dice esser sopraggiunti a uccidere il marito. Impronte di mani di persone estranee non vengono ritrovate neppure sul bottiglione usato per tramortire il gioielliere. Soltanto un bottone, ritrovato nel lago di sangue della cucina, sembra provenire dall’esterno; non appartiene, difatti, a nessuno degli abiti presenti nell’abitazione.

Dal canto suo Corinna, sotto osservazione dagli inquirenti, è convinta che il suo piano sia perfettamente riuscito. Il suo atteggiamento non si avvicina nemmeno a quello della vedova traumatizzata per la brutale uccisione del marito, anzi, la donna esterna a una conoscente la sua felicità di essersi finalmente liberata del marito e di essere libera di vivere la propria vita. Contro di lei intervengono le parole di una ex domestica di casa Mazzarello, per un periodo anche in un legame non proprio professionale con il gioielliere; la donna conferma le continue liti tra i due coniugi e dice di essere stata testimone di un precedente episodio in cui la signora Corinna aveva colpito il marito con un coltello ferendolo in maniera lieve.

Corinna Grisolia viene arrestata sul finire di febbraio

Durante il processo la vedova Mazzarello replica la versione offerta il giorno dell’omicidio affermando la sua totale innocenza. Inizia a tirare in ballo decine di fantomatici amanti, suoi clienti, alcuni di molto tempo prima tanto che la donna non sa che alcuni di questi soggetti risultano morti prima dell’uccisione del marito. Cora viene condotta al carcere di Marassi, ma nell’aprile del 1945, nel tumulto in cui si trovava l’Italia con la caduta del Fascismo, la giovane donna viene liberata dalle azioni di alcuni partigiani. Dopo alcuni mesi di ricerche la donna viene trovata a Milano, dove aveva trovato dimora in casa di un noto pregiudicato milanese.

Intanto un colpo di scena porta alla scarcerazione della donna. Un detenuto, tale Antonio Buzzurro, afferma che un suo vecchio compagno di cella dal nome Aldo Allia gli avrebbe confidato di essere l’assassino di Clemente Mazzarello. Aldo Allia è stato fucilato nell’estate del 1944, pochi mesi dopo l’assassinio di via Morgantini, e pare esista una lettera scritta poco prima l’esecuzione nella quale il condannato a morte afferma nero su bianco di aver ucciso il marito di Corinna Grisolia.

Nel 1949 salta fuori un partigiano, Luigi Martellosio, che sostiene di aver conosciuto l’Allia e che questi gli avrebbe confidato di essere stato amante di Cora. La donna lo avrebbe convinto a far fuori il marito con la promessa di una spartizione di tutte le ricchezze del povero defunto.

Tutte queste parole però non trovano conferma semplicemente perché Aldo Allia, in quel fatale 14 febbraio 1944, si trova in carcere. Nel 1950 Corinna viene condannata a 30 anni di prigione.

Nel 1953, alla corte d’Appello di Firenze, la difesa della Grisolia contesta alcune macchie di sangue ritrovate sulla veste della donna e che non apparterrebbero né all’imputata né alla vittima, ma la contestazione non viene presa in considerazione.

La sentenza viene confermata sia in Appello sia, due anni dopo, in Cassazione. Sembra essere impressa la parola fine al caso, ma Luigi Vecchi, il nuovo avvocato di Corinna Grisolia, ricompone l’intera vicenda evidenziando tutte le possibili falle del processo. Presenta a questo punto la richiesta di grazia al Presidente della Repubblica. È la vigilia di Natale del 1963 quando Giovanni Gronchi accoglie la richiesta e concede la grazia alla donna.

Cora esce di galera

Sono passati ormai vent’anni dall’omicidio del marito. Di lei non si saprà più nulla.

 

Antonio Pagliuso

Appassionato di viaggi, libri e cucina, si occupa di editoria e giornalismo. È vicepresidente di Glicine associazione e rivista, autore del noir "Gli occhi neri che non guardo più" e ideatore della rassegna culturale "Suicidi letterari".