Le opere d’arte e di architettura degli antichi greci e romani sono per noi sinonimo di marmo bianco. L’associazione di idee deriva dai primi reperti trovati, già durante il Rinascimento, che non portavano tracce di colore. I grandi artisti del 16° secolo, come Michelangelo, volendo emulare la perfezione dell’estetica classica, lasciarono le loro statue del colore naturale del marmo, paradigma dell’arte greca.
Nel XVIII secolo, l’archeologo e storico dell’arte Johann Joachim Winckelmann, che non pose mai piede in Grecia ma si spinse solo fino a Napoli, era fermamente convinto dell’acromia delle opere prodotte dagli artisti classici.
Lodava appassionatamente l’eterna primavera evocata dalle sculture greche, connotate da una bellezza eterea, priva di intensità cromatiche.
Anche se gli scavi sistematici condotti a partire dal XIX secolo portarono alla luce un gran numero di statue, che avevano tracce di colore visibili a occhio nudo, la visione di Winckelmann prevalse.
Per contrastare questo falso storico, da più di vent’anni l’archeologo tedesco Vinzenz Brinkmann cerca di far rivivere la festosa policromia dell’arte classica. Armato di lampade speciali, macchine fotografiche, calchi in gesso, e costose polveri minerali, ha creato delle copie delle antiche statue, che poi ha dipinto utilizzando quei pigmenti organici usati nell’antichità.
Le sue scrupolose ricostruzioni colorate sono state definite sgargianti, quando sono state messe in mostra per la prima volta al Museo Glyptothek di Monaco di Baviera, nel 2003. Da allora la mostra ha viaggiato attraverso molte città, da Amsterdam a Copenaghen, da Roma a Los Angeles, e molte altre.
Le reazioni sono state molteplici: la rivista Time ha scritto che la mostra fa “guardare alla scultura antica in un modo totalmente nuovo”, mentre il quotidiano italiano Il Messaggero ha definito l’esposizione “disorientante, scioccante, ma spesso splendida”.
Le colorate sculture potevano forse sembrare troppo in contrasto con la monocromatica architettura classica, ma perfettamente in tono con l’ardente cielo blu della Grecia.
Le ricostruzioni di Vinzenz Brinkmann sono frutto di accurati studi: le aree dove non c’è alcuna prova della colorazione originale, vengono lasciate in bianco, ma rimane una domanda: “Fino a che punto la scienza moderna può riprodurre – bene – l’arte di un’epoca così lontana nel tempo?”
Sotto, il video del procedimento scientifico di tracciamento del pigmento cromatico: