I Segreti della Dama con l’Ermellino di Leonardo da Vinci

Riverisco, dame e cavalieri, che da ogni parte del mondo venite, ormai da secoli, ad ammirarmi!

Così sembra dire, con aria vezzosamente modesta, la Dama con l’ermellino, la cui bellezza e grazia sono state esaltate dall’arte di Leonardo da Vinci quando, tra il 1482 e il 1499, fu chiamato a Milano da Ludovico il Moro, Duca e signore della città, che aveva sentito meraviglie della sua gran scienza e arte.

Questo è uno dei capolavori di cui Leonardo fu artefice durante il suo soggiorno milanese, oltre ad altre opere di architettura e ingegneria, alcune rimaste ed altre di cui resta solo memoria nei documenti dell’epoca, come certe ingegnose e fantastiche scenografie ideate per le sfarzose feste che il Duca offriva nel suo castello di Milano.

Oil on Wood 54.8 x 40.3 cm

È conosciuta appunto come “La dama con l’ermellino”, e appare strano che Messer Leonardo non le abbia messo tra le braccia un gattino o un cagnolino, ma una bestiola così selvatica, che non sarebbe stata quieta nemmeno a legarla: in realtà l’animale non doveva essere un ermellino ma un furetto, di cui ha anche le dimensioni, docile come un gattino, che fu rappresentato come ermellino per la simbologia attribuita a questo animaletto.

Prima di tutto sarebbe un’allusione all’identità della dama, Cecilia Gallerani, tanto amata da Ludovico il Moro, che era anche cavaliere dell’Ordine dell’Ermellino, onorificenza conferitagli dal Re de Napoli. In più, ermellino in greco si dice galḗ (γαλή), e quindi la bestiola sarebbe stata rivelatrice del legame tra la dama e Ludovico. Al tempo del ritratto la fanciulla doveva avere circa 16 anni, era molto bella, e il pelo candido dell’ermellino era anche simbolo di purezza e virtù, doti per cui la ragazza era celebrata. Le sue qualità la rendevano preziosa e ricercata, ma i suoi genitori l’avevano maritata, contro la sua volontà, a un tal Visconti. Faticosamente, e certo con difficoltà vista l’epoca, era riuscita a liberarsi da quel matrimonio odioso ed era tornata ad essere una ragazza, anzi, una donna libera. Il Moro era allora posato con Beatrice d’Este, ma non era riuscito a resistere alle grazie di Cecilia e si era perdutamente innamorato di lei, facendone la sua amante nemmeno tanto segreta.

Ludovico il Moro

Dal legame con Ludovico era nato un figlio, situazione anch’essa simboleggiata dall’ermellino, che era il simbolo delle donne in gravidanza, ma altamente sgradita a Beatrice, naturalmente, che per allontanare Cecilia l’aveva fatta maritare ad una tale Conte Bergamini.

Qualcuno ipotizza anche che la dama sarebbe Caterina Sforza, figlia di Galeazzo Maria, e che il ritratto sarebbe stato eseguito in memoria della congiura di cui fu vittima nel 1476. La prova di questa identità sarebbe dimostrata dal filo di perle nere, (ma probabilmente sono granati) segno di lutto, e dall’ermellino, che era raffigurato nello stemma nobiliare di Giovanni Andrea Lampugnani, assassino appunto di Galeazzo Maria.

La scritta apocrifa nell’angolo in alto a sinistra (“LA BELE FERONIERE LEONARD D’AWINCI”) ha anche fatto ipotizzare che l’opera raffiguri Madame Ferron, amante di Francesco I di Francia, ipotesi oggi superata.

In ogni caso anche questo capolavoro è diventato famoso quanto l’altro di Leonardo, quello che raffigura l’altra celeberrima dama che ancora incanta il mondo con il suo sorriso pieno di mistero.

Forse pochi sanno che questo ritratto ha cambiato la storia della pittura: la dama è infatti seduta di tre quarti e non guarda in faccia chi la ammira. Nessuna prima d’ora era mai stata raffigurata in questo modo. Ciò fa anche ipotizzare che ci fosse qualcun altro presente mentre il pittore era all’opera, forse Ludovico in un angolo, che orgoglioso della bellezza della sua donna occhieggiava per essere sicuro che Leonardo le rendesse giustizia.

Non si sa come e perché da Milano il quadro sia giunto in Polonia, prima al castello di Wawel, poi a Cracovia, e infine di nuovo a Wawel.

Alla fine di tutta la storia resta ancora il dubbio sull’identità della donna a cui appartiene quel bel viso, quegli occhi un po’ velati di malinconia che guardano di lato, chissà chi o chissà cosa, ma che sia Cecilia o un’altra per tutti resterà per sempre “La dama con l’ermellino”. La perfezione non ha bisogno di nomi per essere contemplata, perché

Di che ti adiri? A chi invidia hai Natura

Al Vinci che ha ritratto una tua stella:

Cecilia! sì bellissima oggi è quella

Che a suoi begli occhi el sol par ombra oscura

(……..)

Chi lei vedrà così, benché sia tardo, –

Vederla viva, dirà: Basti a noi

Comprender or quel eh’ è natura et arte.

(1493) Bernardo Bellincioni- “Sopra il ritratto di Madonna Cecilia, qual fece Leonardo”


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