Non labbra morbide, rosse e carnose. Non occhi truccati con il kohl, per un effetto smokey eyes decisamente d’altri tempi. Non un naso elegante e filiforme. Non narici delicate. Non un fisico aitante. Non fianchi carezzevoli. Non una nuca ovoidale. Non denti a prova di sorriso. Non piedi affusolati e aggraziati. Ma denti in fuori, fianchi larghi, femminei e disallineati, zoppia e un piede caprino. Ecco il “moderno” aspetto di Tutankhamon a 3300 anni dalla sua morte.
E’ caduto un mito? Probabilmente si
Per secoli si è pensato che la preziosa maschera funeraria del “Re bambino” salito al trono all’età di 9 anni e morto a 19, riproducesse fedelmente i lineamenti del più enigmatico faraone d’Egitto. Che la maschera di Re Tut sia un fake? A detta della più importante autopsia virtuale mai effettuata prima d’oggi sulle spoglie di Tutankhamon, basata su oltre duemila scanning a computer e perfezionata grazie all’ausilio di esami genetici, sì. A supportare l’attendibilità di questa tesi, ma soprattutto a divulgare gli esiti della stessa, è un documentario della BBC, pubblicato nel 2014, intitolato “Tutankhamon: The Truth Uncovered”.
Sotto, un busto idealizzante Tutankhaomn:
fonti dicono che “per gli egizi la carne degli dei era l’oro e i capelli i lapislazzuli”. Se così fosse, ci si chiede quanto Tutankhamon e quella maschera in oro massiccio da undici chili, intarsiata di ceramica, lapislazzuli, cornalina, turchese, quarzo, feldspato verde, si somiglino. A detta di studi recenti davvero poco. L’unica somiglianza tra Re Tut e lo splendido monumento funebre sarebbe da imputare al copricapo a strisce blu e oro che il faraone indossava anche da vivo perché simbolo del dio sole, Ra.
La maschera ritrovata da Howard Carter nel 1922 nella Valle dei Re, (oggi conservata al museo del Cairo), aveva il compito di salvaguardare il “sonno” del faraone nell’aldilà. Le sue fattezze dovevano avvicinarsi il più possibile a quelle del sommo d’Egitto che una volta risvegliatosi sarebbe diventato un dio. Questo fa comprendere quanto tremila anni fa il faraone venisse idealizzato. E’ questo il caso? In controtendenza, ma anche datate, sono le parole del professor Douglass Derry (1925), anatomista incaricato di analizzare la mummia di Tutankhamon: “La maschera d’oro rappresenta Tutankhamon come un giovane amabile e distinto. Coloro che hanno avuto la fortuna di vedere il volto scoperto della mummia possono constatare con quanta abilità, precisione e fedeltà si siano riprodotti i suoi lineamenti”. Qui sembra aprirsi una diatriba tra le parole di Douglass e le indagini successive ai resti del Faraone Egiziano.
Alcune verità vennero ad esempio avanzate nel 2008 dal bolzanino Albert Zink, direttore dell’Istituto per le Mummie e l’Iceman, il quale avendo “scrutato” a fondo sul DNA della regia famiglia egizia, ne mise in luce alcuni aspetti inediti. In primis il ragazzo non fu figlio della bellissima Nefertiti ma frutto di un’incestuosa relazione tra fratello e sorella, il faraone Akhenaton e una delle sorelle.
D’altronde nel 1300 a.C. l’incesto era ammesso. Stupro di sangue che, attualmente, si sa quanto possa influire sfavorevolmente sui figli, fra le cause della prematura scomparsa del re. Zink sostiene altresì che la morte di Tut sia da imputare non tanto ad un incidente sulla biga, bensì alle sue malattie ereditarie, fra le quali la malattia di Kohler (causa della zoppia), con i 130 bastoni da passeggio ritrovati nella sua tomba a testimoniarlo. D’altronde il sovrano come avrebbe potuto cavalcare con un piede sciancato? Le indagini proseguono, con le cause della morte che rimangono ancora da accertare oltre “ogni ragionevole dubbio”.