Nel 1689, sul canale Bloemgracht di Amsterdam, c’era un museo dove venivano esposte opere che si potrebbero definire di un genere macabro-scientifico. Oltre a resti umani conservati in barattoli, e immersi in un misterioso liquor balsamicum, si potevano ammirare sorprendenti diorami composti con scheletri di neonati, e ornati con decorazioni delicate, ma anche morbose.
Nessuna di queste opere è arrivata ai giorni nostri, di esse sono rimaste solo alcune incisioni, che non possono rendere l’effetto che dovevano avere le composizioni originali, ma che testimoniano comunque quanto l’idea della morte fosse, in quei secoli lontani, molto più presente e familiare rispetto alla nostra epoca, dove le conoscenze mediche e l’allungamento dell’aspettativa di vita hanno quasi fatto dimenticare la sua inevitabilità.
I diorami erano composti con scheletri e resti umani e animali imbalsamati, realizzati dal botanico/anatomista olandese Frederik Ruysch, che trasformò la scienza in arte, dando vita a composizioni destinate a mostrare il suo personale concetto di bellezza della vita e anche della morte. Fiori, perline, gioielli, pizzi, andavano a contrastare l’aspetto macabro dei resti umani, per “placare l’avversione delle persone che sono naturalmente inclini ad essere costernate alla vista dei cadaveri”, scrisse Ruysch.
“La presentazione di Ruysch della sua collezione anatomica era in linea con una tradizione in cui le rappresentazioni di teschi e scheletri servivano per rammentare la morte” scrive Luuc Kooijmans nel libro Death Defied: The Anatomy Lessons of Frederik Ruysch, “Rammentava ai suoi visitatori che la morte poteva colpire in qualsiasi momento, e che dovevano essere pronti ad affrontarla con la coscienza pulita“.
Anche se famoso soprattutto per i suoi incredibili diorami e per la collezione anatomica, il museo di Ruysch esponeva piante esotiche essiccate, pesci, calamari, farfalle, che andavano a comporre strane creature, realizzate con flora e fauna proveniente da Asia, Africa e America.
Diorami#8:
Il contributo che Ruysch diede agli studi di anatomia è spesso messo in ombra dai suoi elaborati diorami, ma in realtà lo scienziato si dedicò prevalentemente a sperimentare nuovi metodi di imbalsamazione, in particolare delle parti molli del corpo; perfezionò una tecnica per conservare i vasi sanguigni e linfatici, utilizzando un fluido simile alla cera, che riusciva a entrare anche nei capillari più piccoli.
Una volta solidificato, il fluido riusciva a mantenere la forma e la struttura dei vasi, consentendo di visualizzare meglio il flusso del sangue; questa tecnica consentì di studiare anche la struttura della corteccia cerebrale.
Siringa usata per iniettare il fluido nei vasi sanguigni
Ruysch impiegò 34 anni per perfezionare il suo liquor balsamicum, un liquido usato per la conservazione di resti umani e animali. La ricetta non fu mai divulgata, e alla sua morte, nel 1731, molte farmacie tentarono di riprodurla, ma con scarsi risultati. Nel 2006 il segreto fu svelato dal Journal of Anatomy, che ne dichiarò la composizione:
sangue di maiale rappreso, Blu di Prussia e ossido di mercurio
Un dipinto a olio mostra una lezione di anatomia tenuta da Frederik Ruysch
Nel 1717 Ruysch vendette tutto il materiale del suo museo di anatomia (e la ricetta segreta del liquor balsamicum) allo zar Pietro il Grande, che era stato suo mecenate e grande estimatore. I resti anatomici preparati dallo scienziato sono ancora conservati nella Kunstkammer di Pietro il Grande, all’Accademia delle Scienze di San Pietroburgo.