Quando Ibn Hawqal – viaggiatore e geografo arabo che per trent’anni, nel X secolo, percorre tutti i luoghi dell’Islam, Sicilia compresa – arriva in un piccolo e polveroso villaggio chiamato Bābil, distante un’ottantina di chilometri dalla splendente Baghdad, non può immaginare di calpestare il suolo di quella che un tempo era stata, probabilmente, la prima megalopoli del mondo, abitata forse da 200.000 persone, Babilonia.
Un’immagine ideale di Babilonia con i giardini pensili
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In quel luogo ormai ci sono solo rovine, mattoni mangiati dal sole e dal vento, che non possono raccontare la grandiosità e la bellezza di una città che per secoli fu considerata leggendaria. Perché per molto tempo Babilonia non sarà altro che la mitica città ricordata nella Bibbia come simbolo del male, quella dove un popolo arrogante voleva arrampicarsi fino al cielo con una Torre e, secondo i profeti Isaia e Geremia, destinata alla distruzione.
Le rovine di Babilonia nel 1932
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Ed effettivamente, guardando le rovine di Babilonia, quel destino sembra essersi compiuto, anche se in modo graduale: dopo la conquista da parte dei persiani prima, e di Alessandro Magno dopo, la città conserva una certa importanza, ma nei secoli
successivi alla nascita di Cristo inizia a decadere fino a diventare uno sconosciuto villaggio di poche anime:
Babilonia entra nella leggenda
I Giardini pensili di Babilonia secondo Antoni Basoli, 1820
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Prima della rovina però, in particolare all’apice del suo splendore, tra il 626 e il 539 a.C., Babilonia è la capitale di un grande regno, conosciuta oltre i suoi confini per la sua magnificenza. Ci sono templi grandiosi, l’incredibile Etemenanki, le sue alte mura e i leggendari giardini pensili.
I Giardini pensili di Babilonia secondo Maarten van Heemskerck, 1850 circa
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A Babilonia, secondo la classifica di Antipatro di Sidone (II secolo a.C.), che non comprende il Faro di Alessandria, ci sono ben due delle sette meraviglie del mondo:
“Ho posto gli occhi sulle grandi mura di Babilonia antica, su cui resta una strada per carri, (…) ed i giardini pensili (…)”.
Il geografo greco Stabone, nel I secolo a.C., descrive così le grandi mura:
“Babilonia è situata in una pianura. I suoi bastioni misurano 365 stadi di circonferenza (70 Km. circa), 9 metri di spessore e 20 metri di altezza nell’intervallo tra le torri, che a loro volta sono alte 24 metri. (…) E’ comprensibile che un’opera simile sia stata inserita tra le sette meraviglie del mondo.”
Strabone racconta anche che nella mura si aprono otto porte, e che nel camminamento superiore possono transitare due quadrighe affiancate!
Ricostruzione della Porta di Ishtar al Museo Pergamon di Berlino
Immagine di Rictor Norton via Wikipedia – licenza CC BY 2.0
In realtà le mura abbracciavano la città per circa 15 chilometri, con due diversi bastioni: il più esterno era spesso circa 7 metri con una torre ogni 18 metri, mentre il più interno era largo 4 metri.
Ricostruzione delle mura a Babilonia
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Tra le due fortificazioni c’era un fossato riempito con l’acqua del fiume Eufrate, che divideva in due la città. Grandi cancelli di ferro impedivano l’accesso dal fiume, ma proprio da quei punti deboli l’imperatore persiano Ciro il Grande, nel 539 a.C, riuscì a penetrare in città, deviando il corso del fiume.
Babilonia secondo Robert von Spalart
Immagine di Wellcome Collection – licenza CC BY 4.0
I grandiosi bastioni di Babilonia sono quindi descritti da molti viaggiatori antichi, e ne rimangono i resti a testimoniarne l’esistenza, a differenza dei giardini pensili, considerati a lungo una leggenda, anche perché qualsiasi traccia archeologica della loro esistenza potrebbe non essere riconoscibile.
Qualche studioso contesta non la loro esistenza, ma la collocazione, che potrebbe essere invece a Ninive, capitale dell’impero assiro. Eppure, qualcuno racconta di quei giardini che abbelliscono Babilonia sotto il grande re Nabucodonosor II, quello che distrugge Gerusalemme nel 597 a.C.
A lui si devono le grandi mura, la magnifica porta di Ishtar, interamente ricoperta di maioliche blu e ornata con raffigurazioni di animali reali e immaginari, e quei giardini pensili, la meraviglia di cui parla tutto il mondo antico.
I Giardini Pensili di Babilonia secondo Ferdinand Knab, 1866
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Lo storico greco Erodoto (V secolo a.C.) però non li nomina, mentre racconta delle mura e dell’incredibile sistema di irrigazione dei Babilonesi. In verità Erodoto si “dimentica” anche di parlare della Sfinge, che deve per forza aver visto nella piana di Giza, durante il suo viaggio in Egitto.
Dei giardini pensili parla per primo Berosso di Kos (che di nascita è Babilonese), nel 290 a.C., e in verità è l’unico a collocarli precisamente a Babilonia: racconta di terrazze in pietra sistemate in modo che abbiano l’aspetto esteriore di una collina verde, dove crescono alberi e fiori coltivati solo per la loro bellezza (e non per utilità). I giardini sono un regalo del re alla moglie Amytis, che sente la nostalgia delle verdi vallate della sua terra, la Media.
I Giardini Pensili di Babilonia secondo Sidney Barclay, 1880 circa
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Ne parlano ancora scrittori greci successivi, come Strabone e Diodoro Siculo. Raccontano di complicati sistemi d’irrigazione, che fanno uso della “vite di Archimede”, di scale e terrazze che arrivano fino a 20 metri d’altezza. Pare strano che questi viaggiatori si siano inventati di sana pianta i meravigliosi giardini pensili, che peraltro non erano sconosciuti in Mesopotamia.
A Ninive c’erano sicuramente, perché ne esiste una raffigurazione a rilievo, oggi al British Museum.
Rilievo in gesso dei giardini di Ninive
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Li avrebbe costruiti il re Sennacherib (705-681 aC. circa), che li descrive con orgoglio, in prima persona, nelle incisioni che esaltano le sue imprese. Racconta dei canali d’irrigazione lunghi 50 chilometri, di cancelli automatici, di un acquedotto, e poi di quell’oasi di verde in mezzo al torrido deserto, dove crescevano alberi da frutto, fiori, arbusti, palme, e poi cascate d’acqua gorgogliante, insomma una “meraviglia per tutti i popoli”.
L’esistenza dei giardini pensili di Ninive non esclude però che ce ne fossero di simili, se non addirittura più belli, a Babilonia. Il problema è che non ne viene fatta menzione nelle fonti primarie: nessuna iscrizione ne parla, mentre altre opere di Nabucodonosor II vengono puntualmente descritte.
Con il tempo e le ricerche degli archeologi forse si potrà sapere con certezza se i Giardini Pensili di Babilonia erano una realtà, ma in ogni modo rimaranno sempre una delle sette meraviglie del mondo antico, perché una bella leggenda è qualche volta meglio di una polverosa verità.