I Conquistadores gli Tagliarono le Mani ma Galvarino le Sostituì con Due Lame e Scatenò la Rivolta
I Mapuche sono un popolo nativo dell’America del sud che ha sempre vissuto nel Cile centrale e meridionale e poi, spinti dall’arrivo degli spagnoli, nell’Argentina del sud. A dispetto della conquista e della colonizzazione del loro territorio, conservano ancor oggi molte delle antiche tradizioni e la lingua madre.Famiglia Mapuche, 1848 Nonostante i Mapuche oggi siano meno di un milione – oltretutto dispersi tra Cile e Argentina, spesso costretti a vivere in condizioni di miseria nelle grandi città perché non più padroni della loro terra – continuano la loro battaglia, rivendicando una “liberazione Nazionale” per la riappropriazione del loro territorio. Battaglia che nel corso degli ultimi vent’anni ha visto cadere diversi attivisti, a dimostrazione di quanto lo spirito indomito di questo popolo non si sia perso nel corso dei secoli.Giovani mapuche uccisi nei conflitti con le forze di sicurezza del Cile negli anni 2000. Immagine di Fabiomalk via Wikipedia – licenza CC BY-SA 3.0 Il territorio ancestrale è di fondamentale importanza, perché i Mapuche basano la loro economia sull’agricoltura, tanto che il loro nome significa “Popolo della Terra”. Ciò non esclude che siano sempre stati fieri combattenti, in grado di opporsi con successo, in tempi ormai lontani, ai tentativi di conquista da parte dell’Impero Inca, che mai è stato in grado di sottometterli.Scontro tra Mapuche (a sinistra) e Inca – Pubblico dominio Ma non solo: questo popolo, composto da etnie diverse e senza una vera struttura statale, riesce a contrastare l’occupazione dei conquistadores spagnoli per oltre trecento anni. La guerra di Arauco è considerata la più lunga mai combattuta nella storia: si protrae dal 1536 al 1881, e vede contrapposti i mapuche agli spagnoli. L’orgoglioso popolo amerindo è quello che riesce, meglio di altri ben più strutturati militarmente, a infliggere le maggiori perdite tra gli spagnoli, in termini di vite umane e anche di rinuncia al progetto di conquista del sud del Cile, dopo aver riportato, nel 1598, una clamorosa vittoria nella battaglia di Curalaba.Spagnoli in guerra con i Mapuche – Pubblico dominio Dopo il Disastro di Curalaba – così l’evento viene ricordato dagli spagnoli e dall’attuale storiografia cilena – dove rimane ucciso anche il governatore reale del Cile, Martín García Oñez de Loyola, i Mapuche distruggono, nel corso dei successivi sei anni, le sette città/fortezza spagnole sorte nel loro territorio, a sud del fiume Biobío.Insediamenti dei conquistadores prima della distruzione delle sette città – Pubblico dominioAnganamon, un importante leader mapuche durante la “distruzione delle sette città” – Pubblico dominio Dopo questa disfatta la Spagna rinuncia al progetto di conquista dell’Araucanía, limitandosi a ricostruire due delle sette città (Valdivia nel 1645 e Osorno solo nel 1796).Mappa dell’Araucanía del XVIII secolo, che mostra gran parte del territorio in cui fu combattuta la guerra dell’Arauco – Pubblico dominio La cosa non è di poco conto perché proprio lì, in quel territorio alla fine del mondo, ci sono grossi giacimenti auriferi che gli spagnoli contano di sfruttare facilmente grazie alla manodopera indigena schiavizzata (anche se teoricamente questa era una pratica vietata, sostituita da una forma di servitù chiamata encomienda). Sono proprio le terribili condizioni di lavoro imposte dagli spagnoli a indurre alla rivolta i Mapuche che, a differenza degli Inca, non avevano mai praticato né subìto la schiavitù. Allora è preferibile “morire in guerra piuttosto che in una cattiva pace”, come orgogliosamente proclama il toqui (capo guerriero) Lientur, così abile nella guerriglia e nelle incursioni a danno degli insediamenti spagnoli al di là della frontiera, da essere soprannominato il Mago dai suoi antagonisti.Lientur raffigurato da Paul Dufresne nel 1905 I Mapuche insomma riescono a mettere un freno all’espansione degli spagnoli, che di fatto non riusciranno, per secoli, ad occupare La Frontera, nome dato dai conquistadores al territorio dell’Araucanía.Regione dell’Araucanía – Immagine di TUBS via Wikipedia – licenza CC BY-SA 3.0 Si tratta di una sorta di pace armata, durante la quale ci sono più o meno frequenti episodi di saccheggi e incursioni da ambo le parti, mentre solo gli spagnoli continuano imperterriti ad organizzare cacce agli schiavi, alimentando di fatto la reazione dei Mapuche. Il tutto intervallato da “parlamenti” tra governatori spagnoli e capi delle comunità mapuche. Prima di raggiungere questo risultato, i Mapuche hanno dovuto soffrire molto a lungo, in particolare da quando arriva in Cile, nel 1540, Pedro de Valdivia, poi nominato governatore nel 1549, che vuole a tutti i costi espandere il territorio della colonia. In un primo tempo ci riesce abbastanza facilmente, con pochissime perdite di soldati durante la costruzione di città e forti in Araucanía.Pedro de Valdivia – Pubblico dominio Nel dicembre 1553 i Mapuche, preoccupati dalla ormai massiccia presenza degli spagnoli e stanchi di morire di fatica nelle miniere sfruttate dai colonizzatori, tengono un consiglio di guerra e decidono che ne hanno abbastanza. Viene nominato toqui il fortissimo guerriero Caupolicán, affiancato da Lautaro, che conosceva le tattiche del nemico per aver servito come ausiliario nella cavalleria spagnola. Nella prima battaglia, a Tucapel, che vede vittoriosi i Mapuche, viene catturato e poi ucciso anche Pedro de Valdivia.Ultimi momenti di Pedro de Valdivia – Pubblico dominioCaupolican, di Nicanor Plaza – Pubblico dominio Seguono anni di scontri durante i quali i Mapuche non riescono, anche se riportano alcune vittorie, ad aver ragione degli spagnoli, anche perché sono spesso decimati dalle malattie. Nel 1557 il nuovo governatore del Cile, Garcia Hurtado de Mendoza, riprende la politica di espansione territoriale verso sud ed è presto guerra. Un gruppo di guerrieri Mapuche tenta di fermarli, l’8 novembre del 1557: lo scontro passa alla storia come la battaglia di Lagunillas, nei pressi del fiume Biobío (nel Cile centro-meridionale), in cui finiscono uccisi trecento Mapuche contro due sole vittime spagnole.Rive del Biobío, a sei miglia dalla città di Conception – Pubblico dominio La disfatta dei nativi, sbaragliati dalla cavalleria nemica e uccisi a colpi di archibugi, è totale, anche perché 150 tra i sopravvissuti sono catturati; tra i prigionieri c’è anche il loro capo, Galvarino. Tutti sono processati e condannati per insurrezione. La pena è una mutilazione terribile: il taglio della mano destra e del naso. L’ordine viene dato direttamente dal governatore spagnolo Garcia Hurtado de Mendoza, che decreta per Galvarino il taglio di entrambe le mani.Galvarino Nella “Storia del Cile” di Francisco Ercina, si legge: “Don García ordinò di tagliargli entrambe le mani. Galvarino sopportò la prova senza lamentarsi e mantenendo sul suo volto un’immutabile serenità. Chiese subito di essere ucciso, sapendo che era ormai inutile come guerriero, e vedendo che la sua supplica non era ascoltata, la sua ira esplose in insulti ai suoi carnefici, e mutato il suo proposito, corse dai suoi per esortarli a combattere e vendicarsi.“.L’amputazione delle mani di Galvarino – Pubblico dominio I prigionieri vengono quindi rilasciati, con l’obiettivo di servire come monito agli altri guerrieri Mapuche, che avrebbero dovuto terrificarsi per la brutale punizione inflitta dagli spagnoli. Mendoza invia Galvarino dal toqui Caupolican, per convincerlo ad arrendersi, informandolo del preponderante numero dei soldati spagnoli e delle devastanti armi da fuoco di cui sono dotati. Quando Galvarino si presenta davanti al suo toqui e al consiglio di guerra, invece di consigliare la resa chiede giustizia per le mutilazioni ricevute, e invoca una nuova rivolta contro i conquistadores, a cui partecipa da fiero combattente, a capo di uno squadrone:
L’indomito guerriero si fa legare due coltelli al posto delle mani amputate, per contrastare l’avanzata degli spietati usurpatori spagnoli
Nessuno può sapere quanto lunghe e taglienti fossero le lame, ma a tutti probabilmente piace pensare che fossero lucenti e affilate come lance. Il 30 novembre del 1557, quindi 22 giorni dopo la disfatta precedente e l’amputazione, Galvarino guida uno squadrone di guerrieri Mapuche, durante la battaglia di Millarapue, nella quale perdono la vita 3.000 nativi e 8.00 sono fatti prigionieri (i numeri però variano di molto a seconda di chi scrive il resoconto). La vittoria dei conquistadores, che dalla loro hanno la forza di armi di offesa e difesa ben più potenti, non è comunque facile, perché il territorio montuoso rende quasi impossibile l’uso della cavalleria, mentre i guerrieri araucani combattono compatti con frecce e fionde. Dopo molte ore di battaglia, i Mapuche devono arrendersi ai colpi di artiglieria degli spagnoli.L’immagine “El joven Lautaro” di P. Subercaseaux, mostra il genio militare e la perizia della sua gente – Pubblico dominio Molti prigionieri vengono impiccati, mentre sulla fine di Galvarino ci sono diverse ipotesi: secondo alcuni resoconti dell’epoca viene dato in pasto ai cani, secondo altri è impiccato; una terza ipotesi narra di un suicidio, compiuto proprio con una delle sue lame. La storia di Galvarino, in realtà molto breve, dimostra come le popolazioni native non abbiano mai passivamente accettato la dominazione spagnola, lottando per la propria libertà con la forza della disperazione.Busto di Lautaro nella piazza della città di Cañete – Immagine di GringoInChile via Wikipedia – licenza CC DI 2.5 I Mapuche continuano a combattere per la loro indipendenza per tutti gli anni a venire, prima con gli spagnoli – che non ne avranno mai ragione – e poi con il governo cileno, dopo che la colonia conquista l’indipendenza dalla Spagna nel 1818. L’occupazione dell’Araucanía, da parte dei cileni, inizia nel 1863. Il Paese ha bisogno di terre da coltivare e quel territorio è troppo fertile per lasciarlo in mano a dei “selvaggi”, come vengono definiti i Mapuche: Scrive un anonimo giornalista su “El Mercurio, nel 1859”: “[…] Gli uomini non sono nati per vivere inutilmente e come animali della giungla, senza profitto per la razza umana; e un’accozzaglia di barbari come i Pampa o gli Araucani non è altro che un’orda di bestie, che deve essere incatenata o distrutta urgentemente nell’interesse dell’umanità e per il bene della civiltà […].”Una tenda Mapuche nel 19° secolo – Pubblico dominio Ancora per quasi vent’anni i Mapuche si oppongono ai nuovi conquistadores, ma alla fine, dopo aver perso l’ultima e definitiva battaglia, a novembre del 1881 smettono di combattere e finiscono confinati nelle reducciones, piccole riserve generalmente sterili e improduttive, mentre il loro territorio ancestrale viene assegnato a un’orda di nuovi coloni arrivati dall’Europa (circa 36.000 persone in vent’anni).Gruppi mapuche in Araucanía intorno al 1850. Territorio cileno in blu – Immagine di Dentren via Wikipedia – licenza CC BY-SA 3.0 Nel corso dei decenni successivi non mancano episodi di ribellione, sempre stroncati nel sangue, e tuttavia gli orgogliosi e indomiti Mapuche continuano ancora oggi a lottare per la loro autodeterminazione e il recupero delle terre ancestrali. Galvarino forse, in qualsiasi luogo esso sia, continua a esortarli con le parole, più taglienti di una lama, pronunciate durante la sua ultima battaglia: “Fratelli miei, perché avete smesso di aggredire questi cristiani, vedendo il danno manifesto che dal giorno in cui sono entrati nella nostra terra fino ad oggi hanno fatto e stanno facendo?” Pedro Mariño de Lobera, Crónica del Reino de Chile.
Lettrice compulsiva e blogger “per caso”: ho iniziato a scrivere di fatti che da sempre mi appassionano quasi per scommessa, per trasmettere una sana curiosità verso tempi, luoghi, persone e vicende lontane (e non) che possono avere molto da insegnare.