Si dice che i cani siano i migliori amici dell’uomo, e indubbiamente non si contano gli esempi di fedeltà dimostrati da questi animali nei confronti dei loro padroni, in ogni circostanza e in qualsiasi situazione. Come, ad esempio, in guerra.
I cani, di tutte le razze, sono stati usati fin dai tempi più remoti per affiancare i soldati nei ruoli più disparati, sia in combattimento sia in azioni di ricognizione.
Già nell’antico Egitto, gli invasori Hyksos (che governeranno il paese per poco più di un centinaio d’anni, tra il 1650 e il 1630 a.C.) si avvalgono dei cani durante la loro conquista, e probabilmente dimostrano agli Egizi la loro grande utilità, al punto che poi loro seguono quell’esempio, addestrando alla guerra i cani che discendevano da quelli portati dagli invasori.
Raffigurazione egizia con cani di razza Tesem
Dagli Egizi ai Persiani, dai Greci ai Romani, dalle tribù mongole fino ai conquistadores spagnoli, passando attraverso il medio evo per arrivare all’età moderna e contemporanea, gli eserciti hanno sempre impiegato i cani nelle loro battaglie, ma anche, ad esempio, nella repressione del brigantaggio in Sud Italia.
Potrebbe sembrare la scena di un film storico, alla stregua di “300” o “Troy”, ma la cruenta realtà nelle guerre dell’antichità era fatta anche da mute di cani “feroci”, muniti di protezione di cuoio rinforzate con spine di metallo, addestrati per attaccare e sbranare i nemici.
Ancora più agghiacciante è l’uso dei cani da guerra fatto dagli spagnoli nella loro conquista del centro-sud America. Feroci mastini, incrociati con levrieri, venivano addestrati proprio nella caccia all’indio, con un sistema molto semplice: la loro alimentazione era costituita da carne umana.
Francisco Pizarro, il conquistatore che sottomette gli Inca, ne ha con sé ben 900 di quei cani, e si capisce bene anche il perché: non costituivano certo un problema di mantenimento, visto che il loro cibo era costituito dai nativi.
A Cuba, intorno al 1500, viene selezionata una nuova razza, il Dogo cubano (un incrocio fra mastino, bulldog e segugio), che viene usato per dare la caccia agli schiavi fuggitivi, tanto che viene chiamato “bracco da sangue cubano”. Gli inglesi si fanno “prestare”, con i relativi addestratori, qualche esemplare di dogo cubano da portare in Giamaica, dove il fastidioso problema degli schiavi che si ostinano a scappare nel selvaggio entroterra dell’isola, e che addirittura fanno scoppiare una rivolta durata diciotto mesi, trova una soluzione proprio grazie all’uso di questi “cacciatori di uomini”.
Dogo Cubano
Da Cuba alla Florida il passo è breve. Anche l’esercito degli Stati Uniti impiega i Dogo Cubani per stanare i nativi Seminole dalle loro paludi. Ma quei cani fanno paura, e pur essendo usati in guerra, i loro conduttori hanno l’obbligo di tenerli al guinzaglio e con la museruola, perché ci è andata di mezzo qualche vittima civile (statunitense, ovviamente). La razza è talmente pericolosa che alla fine viene fatta estinguere: le povere creature finiscono nelle arene dei combattimenti di cani e scompaiono.
L’ultimo esercito a utilizzare una muta di cani per l’attacco diretto contro il nemico è quello italiano, durante la guerra italo-turca (1911/1912), quando anche l’Italia cercava il suo “posto la sole” in Nordafrica.
Poi, durante la prima e seconda guerra mondiale, i cani da guerra finalmente non sono più usati nel combattimento in prima linea, anche se i ruoli assegnati loro non sono meno pericolosi: fungono da portaordini, cercano dispositivi esplosivi, li trasportano e trainano, vanno in esplorazione e fanno la guardia, danno la caccia ai topi nelle trincee e, soprattutto, cercano i soldati feriti, in particolare durante il primo sanguinoso conflitto mondiale.
Cani da traino per mitragliatrice – Belgio, 1915
Anche se può non sembrare così rilevante il compito di cacciare i topi nell’immobilismo delle trincee, occorre ricordare quante malattie quei roditori portassero. E’ invece intuitivo immaginare l’importanza dell’olfatto canino nel rilevare la presenza di nemici, o di chi si avvicinava silenziosamente al campo.
Ma tra tutti, sono i “cani della misericordia” a meritare la maggiore gratitudine dei soldati.
Dipinto di un cane della Croce Rossa che porta l’elmo di un soldato
I cani della misericordia iniziano ad essere addestrati per quello specifico compito sull’onda dello sgomento provocato dall’enorme numero di soldati dispersi durante la guerra franco-prussiana (1870/71). Un illustratore-fotografo tedesco, Jean Bungartz, che ha una grande passione per i cani, ne promuove l’addestramento e fonda l’Associazione Tedesca per i Cani Medici. A loro, i sanitatshunde, spetta il compito di cercare i soldati feriti o morenti sui campi di battaglia.
Cane della Croce Rossa tedesca in cerca di feriti
Fonte immagine: Library of Congress
Quando i soldati cadono in luoghi impossibili da raggiungere per il personale medico, nella “terra di nessuno” fra due fronti, ecco che arrivano loro, i cani della misericordia, a portare acqua, liquori e medicine, perché i feriti possano in qualche modo resistere in attesa dei soccorsi. Se invece lo sventurato ferito è ormai prossimo alla fine, il “cane medico” non lo abbandona, non lo lascia morire da solo, rimane a confortarlo fino all’ultimo respiro.
Cane della Croce Rossa britannica chiede aiuto
Fonte immagine: Library of Congress
Sono anche addestrati a riconoscere chi, fra i feriti, ha possibilità di sopravvivere e chi no, come testimoniato da un paramedico: “A volte ci portano a corpi che noi pensiamo non abbiano più vita in loro, ma quando li riportiamo dai medici […] trovano sempre una scintilla. E’ puramente una questione d’istinto, [che] è molto più efficace dei poteri di ragionamento dell’uomo”.
Cane della Croce Rossa Italiana
Fonte immagine: Library of Congress
La vera missione di salvezza è quindi quella di avvisare il personale medico che da qualche parte, sul campo di battaglia, c’è un soldato in attesa di soccorso. Per far questo, il cane torna alla trincea con un pezzo della divisa e conduce il medico dal ferito. Oppure, in alcuni casi, trascina i soldati in un luogo sicuro, come un fossato, prima di correre al campo a segnalarne la posizione.
Cane della Croce Rossa Italiana che aiuta i feriti
Fonte immagine: Library of Congress
Sono 10.000 circa i cani che, su entrambi i fronti di guerra, hanno fornito soccorso ai militari feriti, salvandone migliaia: almeno 2000 francesi e 4000 tedeschi.
Tra i tanti eroici “medici” a quattro zampe, meritano una menzione speciale il Capitano e Prusco, due cani francesi che si sono distinti sul campo: il primo ha trovato trenta soldati feriti in un solo giorno, e il secondo ne salva cento, durante un’unica battaglia.
Cani della misericordia alla ricerca di feriti – 1915
7.000 cani medici sono, alla fine della guerra, caduti sul campo per salvare vite umane.
Un tributo praticamente dimenticato, che non rende onore alla razza umana, troppo spesso afflitta dalla mancanza di memoria.
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