I Bambini del Titanic dopo 110 anni di oblio

Il 14 aprile 1912 alle 23:40 il Titanic colpì l’iceberg, e a circa 1500 persone restavano meno di 3 ore di vita. Alle 02:20 del 15 aprile il transatlantico, spezzato, affondò. A bordo c’erano in totale 123 bambini fino ai 14 anni, 7 in prima classe, 26 in seconda e 90 in terza classe. C’erano inoltre 2 ‘Bellboys’ che facevano parte dell’equipaggio, di soli 14 anni.

C’è una grande confusione nelle liste di imbarco e ogni fonte indica numeri diversi. I dati indicati qui sono riferiti all’Encyclopedia Titanica, la fonte che sembra essere la più accurata e completa.

In prima classe si salvarono in 6 , solo la piccola Lorraine Allison morì insieme ai genitori (qui il post a lei dedicato), i 24 di seconda classe si salvarono tutti (per i due piccoli Navratil, affidati dal padre a una scialuppa c’è un post dedicato su Vanilla Magazine), ma a quelli di terza classe andò molto peggio, su 90 ne morirono ben 59.

I passeggeri di prima e seconda classe viaggiavano per diletto, molti in viaggio di nozze, o per lavoro, erano in pochi a viaggiare con i figli, ma i migranti viaggiavano con piccole tribù di bambini

Le famiglie numerose venivano separate, le cabine non potevano ospitare così tante persone, quindi i maschi più grandi andavano col padre nelle cabine di prua e la madre con le femmine e i più piccoli nelle cabine di poppa. Nei momenti di panico, con la nave che imbarcava acqua, nella confusione di gente che si muoveva nei corridoi sempre più inclinati cercando di portarsi valigie e bagagli, non era semplice per i genitori raggiungere il resto della famiglia con tanti bambini spaventati in braccio o attaccati alla gonna o ai pantaloni.

La famiglia più numerosa era quella dei Sage, di nazionalità inglese. Frank Sage viaggiava con la moglie Eliza e i loro 9 figli che avevano dai 21 ai 5 anni. Frank e il figlio maggiore erano andati in Canada e lavorando e risparmiando erano riusciti ad acquistare una piccola fattoria in Florida. Erano quindi tornati in Inghilterra per vendere tutto e ripartire con il resto della famiglia.

Avevano, come molte altre famiglie, prenotato su navi meno lussuose, ma lo sciopero dei minatori di carbone aveva provocato la cancellazione di molte partenze e furono riprenotati sul Titanic.

I Sage raggiunsero il ponte quando l’ultima scialuppa stava per essere abbassata. La figlia maggiore Stella riuscì a salire, ma non essendo possibile imbarcare gli altri preferì scendere e restare con la famiglia. Morirono tutti, il corpo del figlio tredicenne venne recuperato e identificato, gli altri, se ritrovati, non vennero mai identificati.

Subito dopo il matrimonio Wilhelm Skoog e la moglie Anna si erano trasferiti dalla Svezia nel Michigan dove nacquero i loro 4 figli di 10, 9, 5 e 2 anni. Avendo nostalgia della Svezia tornarono in patria nel 1911, ma pochi mesi dopo si resero conto di aver fatto un errore e decisero di tornare negli Stati Uniti. Con loro viaggiavano 2 nipoti di 18 e 28 anni che avevano convinto a cercare fortuna in America. Il figlio maggiore di 10 anni, a causa di un grave incidente, aveva perso una gamba e parte di un piede, e camminava solo con le stampelle. E’ difficile pensare che siano riusciti a raggiungere il ponte scialuppe, e nessuno li vide. Morirono tutti, gli unici due corpi recuperati furono delle due nipoti, gli altri, se recuperati, non vennero mai identificati.

Wilhelm e Anna Skoog con tre dei loro 4 figli

Frederick e Augusta Goodwin avevano 6 figli, dalla maggiore di 16 anni al minore, Sidney, di neppure due anni. I fratelli di Frederick si erano già da anni stabiliti negli Stati Uniti e gli avevano trovato un lavoro e proposto di trasferirsi dall’Inghilterra . La famiglia prenotò un’altra nave ma anche loro furono riprenotati sul Titanic a causa dello sciopero. Non si sa se riuscirono mai ad arrivare in coperta, e morirono tutti nel naufragio. Il corpicino di Sydney, recuperato fra i primi dalla Mackay Bennett, restò ignoto fino al 2008 quando, grazie al DNA, si riuscì ad identificare con certezza. Tutti gli altri, se recuperati, non vennero mai identificati. La storia di Sidney Goodwin e delle sue scarpette la trovate in un post dedicato su Vanilla Magazine.

La famiglia Goodwin, nella foto manca il più piccolo, Sidney:

Sidney Goodwin:

Anders Andersson e la moglie Elfrida lasciarono la Svezia insieme ai loro 5 figli di 11,9,6,4 e 2 anni e alla sorella di Elfrida, Anna, e suo marito Ernst Danböm. Li accompagnava un’amica di famiglia, Anna Nysten. Avevano deciso di tentate la fortuna in Canada dove viveva un’altra sorella di Elfrida.

La famiglia Andersson:

La notte del naufragio riuscirono tutti ad arrivare sul ponte, ma si persero poi di vista. Solo Anna Nysten riuscì ad imbarcarsi sulla scialuppa 13 e a salvarsi. Gli altri morirono e i corpi, se recuperati, non vennero mai identificati.

Carl e Selma Asplund, svedesi, già da tempo vivevano negli Stati Uniti dove si erano sposati ed erano nati i loro 5 figli di 13, 9, i gemelli di 5, e 3 anni. Erano ritornati in Svezia per poi decidere di trasferirsi definitivamente in Massachusetts. Gli Asplund riuscirono a raggiungere il ponte, e Selma venne caricata a forza nella scialuppa 15 con Lilian di 5 anni e Felix di 3. Carl con i restanti 3 bambini non riuscirono a salvarsi. Il corpo di Carl venne recuperato e identificato, i tre bambini se recuperati non vennero mai identificati.

I superstiti della famiglia Asplund, Selma con i figli Lilian e Felix:

Alma Paulson si imbarcò sul Titanic insieme ai suoi 4 figli di 8, 6, 3 e 2 anni per raggiungere il marito Nils già immigrato a Chicago dal 1910, che finalmente era riuscito a risparmiare il denaro per pagare i biglietti a moglie e figli. La sera del 14 aprile Alma impiegò troppo tempo a svegliare e vestire i bambini e raggiungere il ponte. Quando vi giunsero le scialuppe erano già state tutte calate. Restava il pieghevole A ancora fissato in coperta, che non si riusciva a liberare a causa dello sbandamento della nave, e Alma faticava a tenere in piedi i figli. Chiese aiuto a un passeggero, Wenneström, perché la aiutasse a tenere due dei suoi bambini.

Nils e Alma Paulson con la figlia più piccola Stina:

Un ulteriore sbandamento della nave provocò un’ondata che liberò il pieghevole A e lo trascinò in mare insieme molte persone. I bambini vennero strappati dalle mani di Wenneström, che fortunosamente si salvò, e sparirono insieme ad Alma e agli altri due. Il marito Nils accorse subito a NY negli uffici della White Star dove gli venne comunicato che nessuno era sopravvissuto. Nils svenne e fu rianimato dagli impiegati. Il corpo di Alma venne recuperato e identificato, gli altri, se recuperati, non vennero mai identificati.

Maija Pannula, finlandese, si imbarcò con 5 figli per raggiungere il marito Juha a Pittsburg. I figli maggiori di 16 e 15 anni erano sistemati in una cabina a prua con gli adulti mentre Maija era a poppa con i tre più piccoli di 7, 2 e 1 anno. Avevano già perso 3 figli, dei quali uno annegato. Furono i figli maggiori, dopo la collisione, ad avvisare la madre che la nave stava affondando. Raggiunsero tutti il ponte, ma nella confusione Maija perse di vista due figli e fu vista disperata in lacrime. Morirono tutti. I corpi, se recuperati, non vennero mai identificati. Il marito Juha attese una settimana presso gli uffici della White Star prima di avere la conferma che erano tutti morti.

Juha e Maija Pannula con 3 figli:

Marie Frances Lefebvre, francese, era sposata con Franck ed insieme avevano avuto 8 figli. I quattro figli maggiori ed il padre erano immigrati negli Stati Uniti mentre Marie Frances era restata in Francia con i 4 figli minori di 12, 8, 5 e 3 anni. Il marito le prenotò i biglietti e lei si imbarcò a Southampton il 10 aprile per raggiungere il resto della famiglia.

Marie Frances Lefebvre:

Il Titanic il 10 sera fece scalo a Cherbourg e Marie Frances si risentì non poco nel ritrovarsi in Francia. Avrebbe potuto risparmiare la fatica e il costo del viaggio fino a Southampton, luogo di partenza del Titanic, e anche il biglietto per NY sarebbe stato inferiore. Dopo la collisione Marie Frances preparò i figli , ma non sapeva dove andare e cosa fare. Non trovava nessuno che parlasse francese e lei non conosceva altre lingue. Attese istruzioni e attese troppo. Non si sa se riuscì a raggiungere il ponte, morirono tutti e i corpi, se ritrovati, non vennero identificati.

Come beffa finale il marito Franck si presentò negli uffici della White Star per avere notizie. Qui venne informato che nessuno si era salvato ma, aprendo la pratica per i rimborsi, venne scoperto che lui e i figli erano entrati illegalmente negli Stati Uniti e i cinque vennero espulsi e rimpatriati.

Margaret Rice viveva negli Stati Uniti dal 1903 con il marito William e i loro 5 figli di 10, 8, 6, 4 e 2 anni. Nel 1910 William era morto in un incidente di lavoro e con la liquidazione ottenuta Margaret volle tornare in Irlanda con i figli per rivedere i parenti. Decise poi di far ritorno negli Stati Uniti a Spokane, e prenotò sul Titanic. La notte del naufragio fu vista sul ponte con il bambino più piccolo in braccio e gli altri quattro attaccati alla gonna. Il corpo di Margaret fu recuperato e identificato grazie ad un flaconcino di medicine col suo nome. I bambini, se recuperati, non vennero mai identificati.

La famiglia Rice:

Ci sono tante storie, impossibile ricordarle tutte, però meritano di essere ricordati i due bambini dell’equipaggio, di 14 anni. Erano Bellboys, avevano il compito di aprire le porte ai passeggeri di prima classe, portare le valigie e fare piccoli servizi.

Frederick Hopkins e William Watson avevano già lavorato sull’Olympic della White Star a soli 13 anni. Avevano una paga mensile di 2 sterline. Al momento della sciagura venne loro ordinato di restare nel posto di lavoro, e loro pazientemente attesero fino al “si salvi chi può”. Vennero visti per l’ultima volta sul ponte a fumare una sigaretta.

Il Bellboy Frederick Hopkins:

I loro corpi, se recuperati, non vennero mai identificati.

Giovanna Francesconi

Amo la storia, e le storie dietro ad ogni persona o oggetto. Amo le cose antiche e non solo perché ormai ne faccio parte pure io, ma perché la verità è la figlia del tempo.