I baci rubati di New York che festeggiarono la fine della Seconda Guerra Mondiale

Settant’anni fa, il 15 agosto 1945, l’imperatore giapponese Hirohito annunciò la resa del suo paese agli Alleati, atto che portò alla fine della seconda guerra mondiale. A causa della differenza di fuso orario, il presidente statunitense Harry Truman annunciò la resa il 14 agosto, da Washington DC.

La fotografia di Alfred Eisenstaedt, spesso chiamata “Il bacio”, immortala un marinaio che bacia un’infermiera a Times Square, dopo la notizia della resa. Da quando è stata scattata, 70 anni fa, è diventata l’immagine iconica della gioia per la fine della guerra, un punto fermo in bianco e nero che separa un’epoca di tenebre dall’inizio di un periodo di pace. E’ stata a lungo anche un mistero irrisolto di identità e, più recentemente, una fonte di polemiche per coloro che vedono in essa una manifestazione di gioia non reciproca, ma la prova di una violenza sessuale. “Il bacio” non fu l’unica fotografia scattata quel giorno, e Eisenstaedt non era l’unico fotografo che girovagava per immortalare i chiassosi festeggiamenti di New York City. Un altro fotografo di LIFE, William C. Shrout, scattò molte foto quel giorno, per documentare la risposta del popolo americano all’annuncio della pace.

Le foto di Shrout hanno molto in comune con quelle di Eisenstaedt, ma c’è un’immagine che quest’ultimo non avrebbe potuto facilmente realizzare: Eisenstaedt stesso, che bacia una giornalista, con la sua macchina fotografica in spalla, in una posa non dissimile da quella del famoso “bacio” da lui immortalato quel giorno. In un altra immagine, il fotografo e la giornalista camminano verso Shrout, con i volti illuminati dal sorriso.

Le fotografie di Shrout, che ritraggono una miriade di altri abbracci anonimi, aiutano a mettere l’iconico bacio nel contesto reale: può essere la più famosa fotografia della gioia sfrenata di quel giorno di agosto, ma è lungi dall’essere l’unica. E le immagini di Shrout, dell’autore di quella famosissima foto, ci ricordano che, anche se un fotoreporter dovrebbe essere un testimone imparziale alla storia, a volte è anche una parte della storia di cui è testimone.


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