Il confine politico fa sempre un certo effetto: quella sottile linea invisibile che attraversa terre e mari, radicata nella cultura di ogni Stato-Nazione del mondo, cambia la percezione umana. Può renderla inquietante, angosciante, paranoica, come una sorta di Colonna d’Ercole pronta ad aprire una voragine se oltrepassata. Altre volte, invece, affascina, dà un senso vitale di spazio comune che apre all’ignoto orizzonte, superando quel senso di noia di una semplice riga: sa essere un simbolico punto di incontro tra culture diverse e a volte è davvero strano, specie quando trancia in due una casa, circonda un campo agricolo, tocca un campo sportivo…
Sulle mappe mondiali, poi, quando il confine riguarda un ex paese coloniale, la frontiera può facilmente apparire come una linea dritta, senza curve, tracciata al tavolo col righello: questo accade, spesso, nei territori più aridi, quelli coperti in primis da una vegetazione desertica e senza, quindi, alcun interesse economico. Non è un caso, dunque, che questi tipi di confine siano localizzati nelle regioni più calde, e in un certo senso scarsamente popolate, come il Medio Oriente e l’Africa settentrionale. Per l’Africa la questione confini ha anche caratterizzato la storia del continente in materia internazionale: quelli odierni hanno quasi del tutto ereditato la divisione territoriale decretata al Congresso di Berlino del 1884 tra le potenze europee che possedevano i propri territori in Africa, nel cosiddetto “Scrumble for Africa”, e la scelta da parte dell’Organizzazione dell’Unità Africana, durante il processo di decolonizzazione, di rendere immutati i confini decisi a Berlino fu secca: il timore di scontri, infatti, era frequente. Una scelta, da una parte, che non giovò del tutto in quanto alla sicurezza internazionale: non mancarono, in seguito, casi di irredentismi e di rivendicazioni.
Tornando in Europa, la sua storia politica ha invece spesso decretato i confini attraverso fattori naturali, passando dallo spartiacque di una montagna, coi suoi passi d’accesso, fino ai fiumi dalla grande portata idrica, talvolta serviti come scudo contro le incursioni nemiche e altre volte per dividersi etnicamente. Alcune eredità di confine sono davvero assurde nel contesto territoriale europeo.
Quali sono, in Europa, i casi più particolari di confine di Stato?
Il Cippo del Monte Forno: la Triplice Frontiera tra Italia, Austria e Slovenia
Il confine orientale italiano è stato, nel corso del ‘900, un sanguinoso teatro di scontro. Assieme al confine, allora nazionale, tra Trentino e Veneto, anche quello friulano è motivo, oggi, di riflessione storica quando si parla di prima guerra mondiale e di confini italo-austriaci. Il Monte Forno ha saputo, nel corso del ‘900, divenire un vero e proprio simbolo di frontiera.
A Tarvisio, in provincia di Udine, e proseguendo in direzione del confine italo-sloveno che porta alla località turistica di Kranjska Gora, inizia un percorso montano a piedi che sale fino al monte Forno. Situato nella catena delle Caravanche, si tratta di una cima da cui si gode della splendida vista di tre paesi diversi e sulla cui sommità sorge un grande cippo, costruito in pietra e legno, posto nel punto dove le linee di confine si intersecano: ogni anno, qui, si festeggia la festa dell’Amicizia, un evento che raduna gli italiani, gli sloveni e gli austriaci per festeggiare l’unione fraterna dei tre popoli. Non è, dunque, un confine politico qualsiasi ma può esser considerata il baricentro delle tre principali culture storiche che vivono in Europa: quella latina, quella germanica e quella slava.
Sotto, Cippo del Monte Forno, fotografia di Popp condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia:
L’incontro, per giunta, non è di recente nascita: dal momento che l’allora Jugoslavia, durante la guerra fredda, apparteneva ai paesi non allineati (e la cortina di ferro, dunque, non passava sul monte Forno) si riusciva ad organizzare l’evento ben prima che l’Accordo di Schengen ponesse le sue prime fondamenta, nel 1990.
Lo strano caso di Pieve Corena: il confine Sud-Occidentale tra Italia e Repubblica di San Marino
La Repubblica di San Marino, con i suoi 61,2 chilometri quadri di superficie e con circa 34 mila abitanti, è la quintultima Nazione del mondo e la terzultima in Europa, sia per superficie sia per popolazione. Al suo interno la suddivisione politico-territoriale è formata dal Castello (l’equivalente del Comune in Italia) e dalla Curazia (la Frazione).
Pieve Corena, panorama. Fotografia di Gianni Careddu condivisa con licena CC BY-SA 4.0 via Wikipedia:
Nella parte sud-occidentale del microstato sorge Pieve Corena, frazione exclave del comune riminese di Verucchio: poche anime, in un borgo che conosce molto bene i confini. Da una parte, appena fuori dal villaggio, corre quello regionale tra Emilia-Romagna e Marche. In pieno centro abitato, invece, quello nazionale tra Italia e San Marino. A occhio, sulla mappa, appare subito impossibile capire la nazione alla quale appartiene: è, di fatto, diviso in due dalla linea.
Pieve Corena (enclave rossa) all’interno del comune di Verucchio nei confini attuali della provincia di Rimini:
I suoi abitanti possiedono la cittadinanza italiana ma, dopo un lungo iter che ha portato agli accordi definitivi col governo sammarinese, godono di particolari benefici sul territorio sammarinese, come l’accesso alla sanità, l’iscrizione alla scuola e la gestione dei rifiuti.
I confini di San Marino in un’immagine geo-politica:
Tutto accadde per un errore avvenuto nelle trattative dei nuovi confini europei al Congresso di Vienna, durante la Restaurazione del 1814-15: i funzionari dello Stato Pontificio presenti alle trattative ebbero il compito di tracciare a penna il confine, ma si finì col dividere in due l’abitato. Furono, forse, presi dalla distrazione, tant’è che passò molto tempo, poi, per trovare gli accordi necessari e garantire, agli abitanti di Pieve Corena lontani dai grandi centri abitati italiani, l’accesso a San Marino come bacino d’utenza dei servizi fondamentali.
Il bizzarro confine di Baarle tra Belgio e Paesi Bassi
Baarle è una cittadina, situata nel sud dei Paesi Bassi, di circa 10.000 abitanti, ed è divisa in due: una parte, Baarle-Nassau, è olandese; l’altra parte, Baarle-Hertog, è belga. Non è, però, come il caso di Gorizia in Italia e Nova Gorica in Slovenia: Baarle è un vero e proprio arcipelago di confini dove all’interno regna solo tanta confusione. Porzioni di territorio belghe, infatti, si alternano a quelle olandesi. Campi agricoli olandesi, sono circondati dal Belgio. Gli ingressi in una casa si trovano in una Nazione e l’uscita sul giardino nell’altra. Nei negozi, si entra dal Belgio e si esce in Olanda. Anche la colazione e l’aperitivo possono essere transfrontalieri: alcuni bar si trovano tagliati in due dal confine e a volte, dipende dalla disposizione dei tavolini all’esterno.
In una parte del confine tra il Belgio e i Paesi Bassi di Baarle-Nassau sorge un caffè. Fotografia di Jérôme condivisa con licenza Creative Commons 3.0 via Wikipedia:
Baarle, sulla mappa, è quindi un intricato labirinto di confini: com’è possibile? Le linee furono decretate ai trattati di Maastricht del 1843, quando l’Olanda riconobbe l’indipendenza del Belgio e si doveva giungere ad un compromesso per la distribuzione di ben 5.732 lotti di terreno. Un caso, in sostanza, più unico che raro.
Tutto questo, però, non ha mai reso difficile il movimento. Solo l’emergenza Covid 19, viste le iniziali disposizioni diverse dei due paesi, ha reso complicata la gestione dei vari servizi durante il primo lockdown: mentre il Belgio aveva adottato misure più rigide in quanto a contenimento del virus, simili a quelle italiane, i Paesi Bassi seguirono invece una linea meno drastica: così, per alcune settimane, solo gli olandesi accedevano ai negozi chiusi dal lato del Belgio.
Il cumulo delle Nazioni
La triplice frontiera tra Svezia, Norvegia e Finlandia potrebbe sembrare, ad occhio, un qualsiasi confine nelle sperdute lande lapponi. Se lo si guarda da un punto di vista culturale segna la frontiera tra il mondo germanico di Svezia e Norvegia e quello ugro-finnico della Finlandia. Da un punto di vista, invece, geografico, possiede un monumento in pietra che affiora dalle acque del lago Golddajávri, con un pontile in legno che crea un’isoletta artificiale: è chiamato, nelle rispettive lingue di riferimento, “Il cumulo delle tre nazioni”.
Sotto, Tripoint che segna il confine fra Svezia, Finlandia e Norvegia. Fotografia di Joe K. condivisa con licenza Creative Commons 3.0 via Wikipedia:
Non furono però Svezia, Norvegia e Finlandia a tracciare quel confine, ma la Russia.
Nel 1897, infatti, Mosca controllava l’allora Granducato di Finlandia, un territorio monarchico sotto le dipendenze dello zar, che proprio a partire dalla fine dell’800 tentò un processo di russificazione della Finlandia (il paese diverrà indipendente nel 1917), fallendo nell’intento. La Russia, d’accordo con la Norvegia (allora appartenente alla Svezia), fece costruire un tronco conico in cemento.
Divenne una triplice frontiera, a tutti gli effetti, nel 1926, e fu soprattutto la seconda guerra mondiale a rendere quel punto, per la Scandinavia, simbolico: le truppe finlandesi, stremate dal conflitto contro l’Unione Sovietica prima e contro la Germania poi, dopo la fine della Guerra di Lapponia del 1944-45 issarono sul cumulo la bandiera finlandese per celebrare la vittoria contro i tedeschi. Quel confine, in seguito, diventò definitivamente libero negli anni ‘50 in seguito alla nascita del Consiglio nordico (nel 1952) che decretò la libera circolazione tra i paesi scandinavi: la Finlandia entrò a farne parte tre anni più tardi, nel 1955.
Vennbahn: la striscia di Belgio in Germania
Anche un’ex storica ferrovia, in tedesco chiamata Die Vennbahn e dal 2009 trasformata in una lunga pista ciclabile, è riuscita a creare un caso davvero singolare di confine politico. Oggi la striscia appartiene al Belgio, ma a lato della strada sorge un doppio confine: in direzione est con la Germania continentale, in direzione ovest con cinque piccoli exclavi tedeschi. Situati a una decina di chilometri a sud di Aquisgrana e separati tra loro da pochi chilometri (in un paio di casi persino da pochi metri), sono piccoli abitati che, partendo da nord verso sud, si chiamano Munsterbildchen, Rötgener Wald, Rückschlag, Mützenich e Ruitzhof.
Viadotto della Vennquerbahn vicino a Bütgenbach, in provincia di Liegi. Fotografia di Jan Pešula condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia:
Questi cinque enclavi della Germania, circondati politicamente dal Belgio, sono popolati, in totale, circa tremila e trecento abitanti per una superficie di 25 chilometri quadri. Di tutti questi territori, il caso di Rückschlag è ancora più curioso: è formato da una sola casa privata, circondata da un prato grande poco più di un campo da calcio, in un territorio distribuito su soli 112 metri in larghezza e 150 in lunghezza.
La vecchia ferrovia, inaugurata nel 1885 e gestita allora in territorio tedesco dalle Ferrovie dello Stato Prussiane, collegava la cittadina lussemburghese di Troisvierges ad Aquisgrana e alla vicina Stolberg. Ebbe grande importanza strategica, allora, per il trasporto del carbone e del ferro, estratto nella ricca regione tedesca della Ruhr, poco più a nord del capolinea.
La ferrovia fu divisa, sin dalla sua inaugurazione, tra Belgio e Germania, ma nel 1940, con la seconda guerra mondiale in corso, Hitler la rese interamente tedesca, esaltandola a scopo propagandistico come conquista trionfale del trasporto merci. A guerra conclusa, la striscia divenne belga e non subì più alcuna mutazione politica.