Homo sapiens: a Milano la Prima Mostra che Parla dell’Evoluzione Umana

Che le scimmie, gli oranghi e i gorilla fossero degli animali vegetariani i quali trovino una certa ascendenza sui nostri alberi genealogici già lo sapevamo. Che gli scimpanzé siano nostri strettissimi parenti anche. Ma che da un punto di vista genetico gli scimpanzé fossero molto più vicini agli uomini che ai gorilla, e che l’uomo avesse molto più in comune con “trisnonno” Pan (nome scientifico del genere di appartenenza dello scimpanzé) di qualsiasi altra specie attualmente esistente sulla Terra, tanto da condividere con lui il 98,6 % del Dna, esiste una prevedibile probabilità che questa verità ai più sconosciuta. Quale verità? Che l’uomo è uno scimpanzé provvisto di “pedigree”? O che in fondo, dentro ogni essere umano, ci sia una reminiscenza di una scimmia che in una manciata di millenni si è evoluta così tanto da generare una popolazione che supera i sette miliardi di “scimmioni” emancipati?

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Questi sono solo una parte dei quesiti che una delle mostre milanesi più attese dell’autunno 2016 ha tentato di dissipare, dilapidando una volta per tutte i dubbi riguardo un’umanità da sempre work in progress. Fino al 26 febbraio infatti, porte aperte al Mudec di Milano (Museo delle Culture) per la “preistorica” rassegna intitolata “Homo sapiens. Le nuove storie dell’evoluzione umana”, volta a raccontare come nel corso dei secoli un mammifero a due zampe si sia trasformato in un essere cosmopolita.

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Da una parte a prendere per mano grandi e piccini – in questo viaggio durato una vita (4 milioni di anni) – sarà un’emozionante e originale approccio multimediale con installazioni edutainment e passaggi immersivi tra suoni e colori. Dall’altra, invece, ci sarà la possibilità di percorrere il cammino a ritroso nel tempo grazie ad un esperto. Noi abbiamo scelto Milanoguida. E Milanoguida ha scelto Tilo. Tilo, 31 anni, è il classico “prototipo di cicerone” che, dotato della perizia scientifica da zoologo che lo contraddistingue, è riuscito a portarci a spasso per la preistoria senza tralasciare gli antichissimi misteri che si dipanano attorno ad uno degli uomini meno vetusti del mondo, l’Homo sapiens, nostro alter ego. Il cosiddetto uomo moderno che, imponendosi sulle altre specie facenti parte del genere Homo, ne ha causato la scomparsa.

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Vi svelo un aneddoto: tutto il genere umano ha origine dall’Africa. Siamo tutti africani” confida il biologo, il quale aggiunge: “Sapevate che il nostro Dna dal 2 al 4 per cento è neandertaliano? L’Homo di neanderthal possiamo considerarlo nostro cugino perché discende da Homo heidelbergensis, proprio come noi. Neanderthal e Sapiens si incontrarono per la prima volta 85 mila anni fa, quando Sapiens uscì dall’Africa raggiungendo Asia e Europa, ovvero quei territori abitati da Neanderthal e heidelbergensis”.

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Spesso si pensa all’uomo di Neanderthal come ad una specie di uomo involuto. Tutt’altro. Neanderthal, nonostante avesse un cranio e un cervello leggermente più grosso del nostro (dell’Homo sapiens), e fosse paradossalmente molto meno intelligente di noi, era considerato il secondo animale più erudito sulla Terra. Tuttavia Neanderthal, vivendo ad una latitudine con una minor incidenza solare rispetto a Homo sapiens, possedeva occhi chiari, pelle chiara e capelli biondo-rossi. Contrariamente Homo sapiens, abitando nella torrida savana africana era provvisto di pelle nera e capelli ricci scuri. Quindi: “Soprattutto chi è biondo deve sapere che ha una percentuale di sangue neandertaliano. E semmai un alieno volesse rapire un Homo sapiens D.O.P. (denominazione origine protetta) dovrebbe sbarcare in Africa e catturare un Etiope, perché noi europei siamo contaminati di Neanderthal” conclude simpaticamente l’accompagnatore.

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E’ curioso sapere che la mostra si è aperta sulle antiche tracce dei nostri antenati, in particolare sulle orme di Lucy, l’Australopithecus afarensis di oltre 3,2 milioni di anni alta poco più di un metro, capace di reggersi sulle proprie “gambe” proprio come noi. La piccola icona fu scoperta in Etiopia nel 1974 da un giovane archeologo, e nel giro di poco tempo si trasformò nel fossile più celebre al mondo sulle note dalla famosa canzone dei Beatles “Lucy in the Sky with Diamonds”, da cui venne tratto il nome.

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Al Mudec, a rubare la scena non è solo Lucy, ma anche un’interpretazione di Eva mitocondriale, così come il piccolo ed estroverso pigmeo indonesiano, Homo floresiensis. Non passa inosservata nemmeno la ricostruzione di un uccello australiano estinto di dimensioni gigantesche (alto quasi tre metri) o la rievocazione del rinomato dodo, o ancora la nobile tigre dai denti a sciabola.

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Meritevole di lode il corredo testuale scritto da Luigi Cavalli Sforza e Telmo Pievani così come i grandi “mappamondi” itineranti studiati ad hoc dall’Istituto Geografico De Agostini, i quali all’interno del museo hanno contribuito a simulare il giusto clima. Tra tutta quella moltitudine di persone c’è poi chi non ha perso tempo e si è intrattenuto a giocare a Match the skull, un geniale gioco interattivo che ha impegnato grandi e piccini a montare e smontare calchi di teschi appartenenti ai nostri avi.

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Per la serie “Lo studio che si addice alla scimmia è quello delle scimmie?”. Ai posteri l’ardua sentenza.

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Le fotografie sono di Sara Cariglia

Sara Cariglia

Scrivo perché mi da gioia. In fondo il mondo è ricco di storie, di momenti, di episodi, di contingenze che aspettano solo di essere scoperte e raccontate. Mi piace raccontare tra le righe, mi piace flirtare con la scrittura, mi piace leggere la gente. Quando la sfoglio con gli occhi prima di abbozzarla a parole è come se avessi l’impressione di dipingere su tela le loro emozioni. Talvolta le parole rimpiccioliscono i fatti e una delle mie principali responsabilità e far si che questo non accada. Ad oggi le mie ali sono la scrittura. Dico ad oggi, perché non è da molto tempo che ho scoperto e sviluppato questa mia attitudine. Una volta svelata, vi posso assicurare, è stato il volo più bello della mia vita, me ne sono “letteralmente” innamorata. Ormai è ufficiale ed ufficioso, l’arte scrittoria unitamente alla mia grande vocazione per studio e cultura sono i miei tre unici amanti.