Medicina e sperimentazione, un binomio inscindibile, senza il quale molte malattie risulterebbero ancora mortali. La scoperta della penicillina, ad esempio, e poi la messa a punto dei farmaci antibiotici, ha salvato milioni di vite umane.
Forse, se Fleming (ma prima di lui lo aveva fatto un medico italiano, Vincenzo Tiberio) avesse scoperto il potere della muffa qualche anno prima, molti dei pazienti del dottor Henry A. Cotton si sarebbero salvati dagli effetti devastanti di una cura per la follia, che era più folle della malattia stessa.
Il Dottor Henry Cotton
Henry Cotton era un brillante psichiatra, tanto che ad appena trent’anni, nel 1907, si ritrovò a dirigere l’ospedale psichiatrico pubblico di Trenton, nel New Jersey. Il manicomio, costruito nel 1848, era il primo Lunatic Asylum progettato seguendo gli innovativi principi del Kirkbride Plan.
Ospedale Psichiatrico di Trenton
Il dottor Cotton, pionieristico quanto l’architettura del “suo” ospedale, sperimentò per i ventisette anni nei quali fu direttore una cura della malattia mentale basata su un’ipotesi, condivisa anche da altri medici, ma non dimostrata scientificamente.
Cotton non arrivò a essere direttore medico e sovrintendente del Trenton per caso: aveva studiato in Europa con due figure leggendarie della psichiatria di quegli anni, Emil Kraepelin e Alois Alzheimer, mentre negli Stati Uniti era stato allievo del Dottor Adolf Meyer, uno tra i più influenti psichiatri del suo paese nei primi decenni del 20° secolo.
Eppure, la convinzione di Cotton che le malattie mentali fossero dovute a infezioni batteriologiche, unita forse a una considerazione troppo alta delle proprie capacità, trasformò l’ospedale di Trenton in un luogo degno di un racconto gotico dell’orrore.
In sostanza, Henry Cotton aveva sposato l’idea del suo mentore Meyer di una causa biologica delle anomalie comportamentali, portandola alle sue estreme conseguenze:
La rimozione chirurgica di quegli organi che potessero essere causa di infezione
Illustrazione di una bocca con i denti rimossi
Immagine tratta dal libro di Henry Cotton “Il delinquente difettoso e folle: la relazione delle infezioni focali…”
Se la febbre alta poteva causare deliri e allucinazioni, allora perché non dedurre che le infezioni (in un’epoca nella quale non c’erano gli antibiotici a curarle) fossero la causa di ogni genere di disturbo mentale? Nel 1913, quando fu confermato che la sifilide, responsabile di lesioni cerebrali e sintomi psichiatrici, era causata da un batterio, Cotton non ebbe più dubbi:
Per guarire i malati di mente bastava rimuovere chirurgicamente gli organi dove potevano annidarsi le infezioni
E quindi via denti, tonsille, adenoidi, milza, cistifellea, ma anche testicoli, ovaie, cervice e colon, avanti con il progetto sperimentale, nonostante la morte di un paziente su tre. Lo psichiatria non si faceva scoraggiare dall’alto tasso di mortalità, sostenendo l’avvenuta guarigione nell’85% dei casi, tra quelli che erano sopravvissuti alle operazioni. Il gran numero di decessi si registrava, a suo dire, tra “i pazienti psicotici in cui l’infezione è di vecchia data, con una grande e specifica virulenza”.
Cotton ha usato una versione di questo diagramma in più occasioni per illustrare gli angoli e le fessure spesso oscure del corpo in cui la sepsi focale poteva nascondersi inosservata, diffondendo i suoi veleni nel sistema e spingendo alla discesa nella follia.
Il medico operava spesso senza il consenso dei pazienti e delle loro famiglie: “Se desideriamo sradicare le infezioni focali”, diceva, “dobbiamo ricordare che è solo persistendo, spesso contro il volere del paziente … [che possiamo] aspettarci che i nostri sforzi abbiano successo. Il fallimento in questi casi getta immediatamente discredito sulla teoria, quando la ragione sta nel fatto che non siamo stati abbastanza radicali.”
L’ormai famoso psichiatra era anche un grande promotore di se stesso: pubblicava articoli su riviste specializzate, accoglieva visitatori che da tre diversi continenti venivano a osservare il suo nuovo metodo terapeutico. Cercò anche di farsi pubblicità sulla stampa e tramite enti pubblici, attività che gli consentì di aprire, sempre a Trenton, una sua clinica privata, dove accoglieva ovviamente pazienti danarosi. Una “caduta etica” non approvata dai colleghi psichiatri, che però non trovarono nulla da dire sull’orrore che si consumava nel pubblico ospedale psichiatrico.
D’altro canto, il dottor Henry Cotton aveva ottime credenziali, e le sue intenzioni originarie erano all’avanguardia. Al suo arrivo a Trenton cambiò, in meglio, molte cose: pose fine all’uso di tenere legati i pazienti, organizzò dei corsi di formazione per infermieri e assistenti, in modo da prevenire atteggiamenti violenti, introdusse la terapia occupazionale, aumentò il personale. Voleva trasformare
Il vecchio manicomio in un ospedale moderno
Cotton, in alto a sinistra, nella squadra universitaria di hockey – 1896/97
Ma non sarebbe riuscito ad andare avanti con le sue drastiche terapie senza la copertura del suo mentore Meyer. Il professore aveva mandato a Trenton un’altra sua brillante allieva, Phyllis Greenacre, per osservare e valutare il lavoro di Cotton. Il rapporto della dottoressa, elaborato tra mille impedimenti nel corso di diversi mesi tra il 1924/25, era estremamente negativo: i dati statistici sulle guarigioni erano fortemente viziati, se non falsificati, e la mortalità tra i pazienti pare che arrivasse addirittura al 45%.
Forse per vigliaccheria, forse per arroganza, probabilmente per impedire uno scandalo che avrebbe travolto il mondo della psichiatria, il dottor Meyer impedì la pubblicazione del rapporto, e Cotton continuò ad operare nell’ospedale pubblico fino al 1930, e nella sua clinica privata fino al giorno della sua morte. Se ne andò improvvisamente per un infarto, nel maggio del 1933, nonostante si fosse fatto estrarre i denti, ritenendoli causa della sua angina. Non andò meglio ai suoi due figli, ai quali estrasse i denti in via precauzionale, e uno di loro subì anche la resezione del colon; entrambi si suicidarono in età adulta.
Dopo aver provocato la morte di centinaia di persone, e la mutilazione di migliaia di pazienti, le teorie di Cotton sparirono, insieme con lui, dalla pratica psichiatrica, ma non completamente: all’ospedale psichiatrico di Trenton continuarono a estrarre i denti dei pazienti fino agli anni ’60…