Isola di Oʻahu, Hawaii, 1890. Un muscoloso surfista tiene la sua tavola fra le braccia. Dietro di lui c’è il cono del Diamond Head, un cratere vulcanico spento, e di fronte l’infinito dell’Oceano Pacifico. L’istantanea fu scattata nel 1890, e si ritiene essere la prima fotografia in assoluto di un surfista, anche se l’uomo e il fotografo non hanno (ancora) un nome.
Il surf fu descritto come sport da James Cook nel 1778, quando raccontò che i polinesiani si divertivano moltissimo a farsi trasportare dalle onde su tavole di legno diverse rispetto a quella dell’uomo in fotografia, realizzate con due tronchi curvati in punta.
Una seconda testimonianza viene da James Edward, esploratore inglese, che, nel 1835, descrive i ragazzi della Nuova Guinea che si fanno trasportare dalle onde (anche se ogni tanto qualcuno viene mangiato da uno squalo). Nel giro di breve tempo, i missionari calvinisti bandirono questo sport, categorizzandolo come “una perdita di tempo” e come un “atto edonistico”, esortando gli abitanti ad abbandonare la pratica.
Con ogni probabilità, i missionari aborrivano non tanto la pratica del surf in sé, ma l’esposizione del corpo umano semi-nudo
Nel 1890, il surf alle Hawaii era quasi estinto e veniva praticato in pochi luoghi dell’arcipelago. L’agricoltura e l’immigrazione di stranieri contribuì sensibilmente al declino del surfing, che rischiò di finire dimenticato per sempre, ma grazie alla dedizione di alcuni re locali, fra cui si ricorda David Kalakau, questa antichissima pratica si è evoluta fino a raggiungere ogni angolo ventoso del mondo… Con buona pace dei missionari calvinisti.