Hatshepsut fu il Faraone di sesso femminile che regnò più a lungo, e una delle pochissime donne-faraone della storia. Sotto la sua guida l’Egitto prosperò, si arricchì di numerosi edifici e monumenti che oggi ci mostrano quanto fosse avanzata l’edilizia e l’architettura della civiltà sul Nilo. Nonostante la sua grandezza, o forse proprio a causa di questa, dopo la sua morte i suoi successori tentarono di cancellarne la memoria, per motivi non del tutto chiari agli archeologi. Malgrado i tentativi di oscurare “la donna che era Re” dalla storia, oggi sappiamo moltissimo di lei e dei 22 anni del suo regno.
Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:
Fotografia di Miguel Ermoso Cuesta condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia:
Nata nel 1508 a.C., Hatshepsut fu l’unica figlia del Re Thutmose I e della moglie legittima Ahomose. Quando Hatshepsut ebbe circa 15/20 anni, il padre morì. Pochissimo tempo dopo, sposò il fratellastro Thutmose II, diventando la sposa reale e regina dell’Egitto. Dopo solo 3 anni anche Thutmose II morì, lasciando il trono vacante a causa dell’età del figlio maschio destinato al trono, Thutmose III, che aveva solo tre anni.
Hatshepsut divenne dapprima reggente del figlio del marito e in seguito Faraone dell’Egitto
Thutmose III infatti sarebbe stato pienamente legittimato a regnare soltanto sposando l’unica figlia di Hatshepsut e Thutmose II, Neferura, ma la madre spostò il matrimonio a data da destinarsi. Hatshepsut divenne quindi Regina e Faraone dell’Egitto, raffigurata sovente come un uomo, incarnando perfettamente lo spirito di dualità tanto amato in epoca Egizia.
Sotto, la principessa Neferura tra le braccia del cortigiano Senenmut, in una statua conservata al British Museum di Londra. Fotografia condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
Da Faraone, Hatshepsut ristabilì antiche rotte commerciali verso il centro Africa, condusse alcune campagne militari di stabilizzazione dei confini territoriali conquistati dal padre, in particolar modo in Siria e in Nubia, la parte meridionale dell’Egitto che confina con il Sudan, e fu promotrice di una serie di grandissime opere edili, di cui rimane amplia traccia ancora tutt’oggi.
Hatshepsut Costruttrice
Una delle prime opere cui si dedicò fu ovviamente, come da tradizione, il proprio monumento funebre.
Fotografia di Ian Lloyd condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
Esso permane a tutt’oggi a Deir el-Bahri, vicino alla Valle dei Re, luogo di inumazione effettivo della donna, e ci mostra uno degli edifici meglio conservati giunti sino a noi dal Nuovo Regno Egizio.
Fotografia di Zakaria Rabia condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
Hatshepsut fece realizzare anche tre obelischi, uno dei quali si trova ancora eretto, dopo circa 3.500 anni, nel sito archeologico di Karnak. Suo è anche il famoso obelisco “spezzato di Assuan”, una scultura che si ruppe in sede di estrazione e che ci fornisce preziosissime informazioni riguardanti le tecniche di lavorazione della pietra da parte degli Egizi.
Di Hatshepsut ci rimangono non solo i grandi edifici ma anche le sculture, che dovettero essere prodotte in numero davvero consistente. Al Metropolitan Museum di New York si trova una sala interamente dedicata alla Regina-Faraona, la Hatshepsut Room (foto sotto):
Fotografia condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
Recentemente, a Karnak, è stata ricostruita la “Cappella Rossa di Hatshepsut”, fatta erigere dalla Regina e smantellata dal suo successore, Thutmose III, che l’aveva fatta precedentemente completare. Essa doveva custodire la Barca Sacra di Amon, utilizzata durante le cerimonie religiose.
Fotografia condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
La Morte e la Mummia
Gli ultimi anni del regno di Hatshepsut furono particolarmente poco felici. La figlia Neferura, che era stata per lei molto più che un valido consigliere, morì probabilmente diversi anni prima della madre, e l’ultimo periodo del suo regno fu offuscato dall’ambizione del Faraone che le succedette, Thutmose III. Durante l’ultima campagna militare della Regina/Faraone, volta a conquistare la città di Gaza, il giovane figliastro prese buona parte del merito, e fu l’anticipazione decisiva al passaggio di consegne fra monarchi.
Fotografia condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
Il faraone Hatshepsut morì il 16 gennaio del 1458 a.C, probabilmente a causa di un cancro alle ossa, causato da pomate cancerogene. Essa venne sepolta inizialmente nella tomba KV20 nella Valle dei Re, sepolcro che aveva fatto preparare per sé e per l’illustre padre, Thutmose I. Amenofi II però, nipote illegittimo della donna/faraone, fece trasferire le mummie sia del nonno sia della matrigna, che finì nella KV60, sepolcro della balia Sitra. Il sarcofago (foto sopra) venne utilizzato per Thutmose I, e i geroglifici dedicati ad Hatshepsut cancellati e rimpiazzati da altri con il nome dell’uomo.
La mummia della donna si perse e non fu possibile identificarla sino al 2007. L’egittologo Zahi Hawass fece analizzare i resti della donna sepolta con la balia Sitra, che venne, finalmente e con ottimo margine di errore, riconosciuta come la Mummia di Hatshepsut.
Damnatio Memoriae
Fotografia condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
Durante il regno di Thutmose III e anche durante quello del figlio, Amenofi II, Hatshepsut fu oggetto di una campagna di Damnatio Memoriae, di cancellazione sistematica del suo volto e dei riferimenti alla sua figura in tutte le opere maggiori ad essa dedicate. Vennero distrutte le statue del suo splendido tempio di Deir el-Bahri, moltissimi cartigli e numerosi geroglifici, facendo sparire per millenni il faraone/donna dalle pieghe della storia.
Sotto, i geroglifici di Deir el-Bahari che mostrano il nome di Thutmose III a destra e quello di Hatshepsut a sinistra, completamente cancellati col martello. Fotografia di Hedwig Storch condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
I motivi per cui fu effettuata questa campagna non sono chiari. Alcuni storici ritengono che si sia trattato di un’operazione volta sostanzialmente a cancellare le tracce di un farone/donna a capo dell’Egitto. Altri sostengono che la cancellazione dei riferimenti ad Hatshepsut sia stata una campagna per relegare la donna al ruolo di reggente e non di Faraone, titolo che le sarebbe dovuto spettare più tradizionalmente dalle regole monarchiche egizie (ipotesi Tyldesley).
Fotografia condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
In tutti i casi sembra improbabile che Thutmose III, un faraone illuminato e di enorme potere, provasse risentimento o rancore nei confronti della zia illegittima / matrigna. Le opere cancellate furono quelle più accessibili, che rendevano immediatamente ricordabile il regno della Regina. La campagna di Damnatio Memoriae sembra ancora più strana considerando il fatto che, prima di morire, fu la stessa Hatshepsut a nominare Thutmose III capo dell’esercito, il quale avrebbe potuto prendere il potere con la forza in qualsiasi momento.
E’ quindi probabile che Thutmose III abbia voluto cancellare le prove del successo di un Faraone donna, che avrebbero potuto costituire un importantissimo precedente che dava alle spose regali diritti che nessun faraone uomo aveva intenzione di concedere.