Nel gennaio del 1945 il destino della Germania era ormai segnato, anche se molti nazisti continuavano ostinatamente a credere nella vittoria del Reich. Il 16 gennaio Hitler si trasferì, insieme alla compagna Eva Braun, alla famiglia Goebbels e ad altri collaboratori, nel bunker sotterraneo di Berlino, otto metri sotto al giardino della Cancelleria del Reich.
L’ingresso posteriore del Fuhrerbunker
Nella città tedesca la vita non scorreva certo normalmente: le scuole erano chiuse, e una giovane studentessa appena quindicenne si trovò a condividere gli ultimi giorni del Fuhrer e degli altri gerarchi nascosti nel rifugio.
Johanna Ruf apparteneva alla “Lega delle Ragazze Tedesche”, e per rendersi utile decise di offrirsi volontaria come infermiera. Inizialmente lavorò in un altro bunker, vicino la stazione Anhalter, ma poi fu trasferita nell’improvvisata infermeria dell’ultimo rifugio di Hitler, insieme ad una trentina di persone. All’esterno c’erano esplosioni continue, quindi tutti restavano dentro al bunker anche di notte. Il personale aveva ricevuto le razioni di emergenza dei soldati: gallette, salsicce, caffè, burro, cioccolata, biscotti. Johanna era la più giovane tra tutto il personale presente nel rifugio, e in quei tragici giorni tenne un diario che è un resoconto della vita quotidiana all’interno del Fuhrerbunker.
Solo oggi, ad oltre 70 anni da quegli eventi, l’ormai anziana Johanna Ruf ha acconsentito alla pubblicazione della sua autobiografia: “Eine Backpfeife fur den Kleinen Goebbels – Uno schiaffo in faccia al piccolo Goebbels”.
Perché aver schiaffeggiato Helmut Goebbels, di nove anni, è il ricordo più imbarazzante di Johanna. Il bambino infatti sarebbe morto poche ore dopo, avvelenato insieme alle sorelle dai genitori, che non potevano immaginare per i figli un futuro da vivere in una nazione che non fosse governata dal nazionalsocialismo.
La famiglia Goebbels al completo. Helmut è seduto a sinistra.
Johanna racconta che il bambino “era veramente cattivo con me, così ho minacciato di schiaffeggiarlo”. Quando Helmut rispose sgarbatamente “fallo!”, la ragazza lo colpì con forza in faccia, senza sapere che si trattasse del figlio di Joseph Goebbels.
Verso la fine di aprile del 1945, con i russi ormai vicinissimi, Johanna e le sue colleghe dovevano essere presentate ad Hitler in persona. L’incontro fu rinviato perché alcune infermiere non avevano il camice pulito: “Abbiamo lavato i nostri camici per poterci mostrare tutte pulite a Hitler, ma poi tutto è stato annullato”.
Goebbels, ministro della propaganda nazista
Le ragazze invece incontrarono Goebbels, che per motivare le infermiere, il giorno prima della fine, ancora le incoraggiava dicendo: “La vittoria finale è davanti alla porta”.
Hitler ed Eva Braun
La storia ha scritto un finale diverso: Eva Braun ingerì del cianuro, e Hitler si sparò un colpo in testa, il 30 aprile, con i russi ormai a pochi passi dal suo rifugio. Il giorno successivo i Goebbels uccisero i figli e poi si suicidarono (o si fecero uccidere da un attendente, in circostanze mai chiarite). Johanna continuò a lavorare come infermiera fino alla metà di maggio, quando fu catturata dai russi e trasferita da prigioniera a Francoforte sull’Oder. La ragazza rimase detenuta solo per due mesi: il 27 luglio 1945 i sovietici la liberarono, in considerazione della sua giovane età.