Se hai una madre come Caterina Sforza che ha difeso Forlì ed Imola come una tigre contro le armate di Cesare Borgia, e hai il sangue di Ludovico il Moro, Duca di Milano, e quello della più grande casata fiorentina, non puoi che essere un tipo speciale, uno come Giovanni de’ Medici, dalle Bande Nere. L’ultimo condottiero medievale, quando il medioevo era già finito.
Sotto, ritratto di Giovanni dalle Bande Nere, dipinto di Gian Paolo Pace:
Giovanni nasce a Forlì, nel 1498 ma i suoi primi anni d’età li passa diviso dalla madre, Caterina Sforza, incarcerata da Papa Borgia con l’accusa di aver tentato di avvelenarlo con delle lettere intrise di arsenico. È giovane, bello e nobile. Ma ha un carattere ruvido ed un temperamento deciso. Un tipo che speri di non incontrare mai sulla tua strada, altrimenti devi cedergli il passo, o sono guai.
Si fa conoscere che è ancora un ragazzino, quando sul ponte di Sant’Angelo a Roma viene sbeffeggiato da una banda di tagliagole. Il capo lo insulta tirandogli una pietra. Lui si gira, torna sui suoi passi, si fa prestare una spada da un amico che è con lui, ed invita l’altro a farsi sotto, e lo uccide. Quell’uomo si chiama Brancaccio, ed è un temibile capitano di ventura che si è distinto in diverse imprese militari al soldo di Camillo Orsini.
Quella notizia fa scalpore, tanto che nel 1513 Papa Leone X lo arruola nelle milizie pontificie. Nel 1516 con il Duca di Urbino è chiamato a difendere la città contro Francesco Maria della Rovere. Giovanni è semplicemente un leone e poi ha una capacità innata di motivare i soldati. Trasforma la rozza soldataglia delle truppe del Papa, che sono mercenari riottosi ad ogni disciplina, in un vero e proprio esercito. E sconfigge pesantemente il duca della Rovere, in meno di venti giorni. Intuisce per primo che la guerra non può più combattersi con armate lente nel passo, e con l’ausilio di una cavalleria composta da animali appesantiti da corazze che si muovono faticosamente. Insomma, Giovanni ha l’avventura e la guerra nel sangue.
Giovanni dalle Bande Nere. Dipinto di Cristofano dell’Altissimo:
Ed allora forma una compagnia di ventura con una cavalleria leggera, costituita da cavalli berberi e turchi, piccoli e veloci. Una strategia militare innovativa per quel tempo, ma che sarà la cavalleria che verrà utilizzata per scompigliare le fila nemiche con incursioni rapide e repentine. Imboscate e schermaglie d’avanguardia che diventeranno la scienza militare, da lì agli anni a venire.
Per lui è un’apoteosi. Soldati italiani che fanno a gara per entrare nella sua compagnia di ventura che diventa un’élite, perché Giovanni de’ Medici ha un carisma che nessun altro condottiero possiede. Con lui i maestri d’arme hanno poco da fare, perché cura personalmente l’addestramento dei suoi uomini con la spada e con la lancia. Lascia agli addestratori solo “l’imparamento dell’archibugio”. Condanna a morte i traditori, ma mangia e dorme con i suoi soldati che conosce uno per uno, e che l’adorano.
Quando è in campo aperto si posiziona in sella al suo cavallo davanti alla sua armata, cosa che non faceva nessun altro ufficiale, perché lui dice:
Se sono dietro, come fanno i miei uomini a seguirmi?
Sotto le insegne Papali, con la sua compagnia d’arme, che raggiungerà nella massima portata non più di 4.000 fanti e 300 cavalieri, combatte dovunque, e vince sempre. Nel 1521 con le insegne di papa Leone X è con l’imperatore Carlo V contro Francesco I di Francia per restituire Milano agli Sforza. A Vaprio d’Adda mette in fuga i francesi che se la danno a gambe levate. Poi espugna Milano, Pavia, Parma e Piacenza.
Statua di Giovanni delle Bande Nere, edicole degli Uffizi – Firenze. Fotografia di Jebulon condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
Sconfigge a San Secondo il Vescovo di Treviso che reclamava per sé le proprietà di territori appartenenti invece alla sorellastra Bianca Riario, figlia di Caterina Sforza e Girolamo Riario, uno dei partecipanti alla famosa congiura dei Pazzi contro Lorenzo il Magnifico. Ma quando Leone X muore, in segno di lutto cambia il suo stendardo a righe bianche e viola, facendolo diventare nero.
Da quel momento verrà chiamato Giovanni dalle Bande Nere, il Gran Diavolo
Ma il suo coraggio e la sua sete di avventura non si placano. Si scontra a Bergamo contro l’esercito militarmente più avanzato dell’epoca, la fanteria svizzera, alleata dei francesi, e semplicemente annienta gli uni e gli altri.
Ora che al soglio pontificio è salito Clemente VII la politica romana muta radicalmente, perché il nuovo papa è apertamente a favore del sovrano di Francia ed alla Lega di Cognac, composta anche dalla Repubblica di Firenze e da quella di Venezia e che mira a “limare gli artigli” degli Asburgo, e così chiede a Giovanni di schierarsi contro l’Imperatore di cui fino ad allora è stato alleato, e lui obbedisce. Nel 1525 viene ferito ad una gamba da un colpo di archibugio, ed è la sorellastra Bianca Riario che, riconoscente per ciò che ha fatto contro il vescovo di Treviso, lo accoglie convalescente nel castello di Parma e lo cura. Ma il nostro non è certo un uomo che ama le sicure mura di un maniero.
È più propenso al campo aperto ed agli schieramenti delle truppe che a restar fermo nei giardini di un castello. Perciò quando le truppe tedesche scendono in Italia per punire il Papa che si è schierato con la lega antiasburgica, su richiesta del pontefice scende in campo a fianco del sovrano francese. Ricordate Francesco Maria della Rovere, quello che Giovanni de Medici aveva sconfitto ad Urbino? Ora, per uno strano gioco di alchimie politiche favorite dal nuovo pontefice è diventato suo alleato, e con un piccolo esercito impatta l’imperatore a Milano, ma i tedeschi sono meglio organizzati militarmente e più feroci, e costringono il Duca ad abbandonare il campo di battaglia.
Non Giovanni però, che è troppo fiero ed impavido per battere in ritirata. Lui fa il contrario, si mette all’inseguimento dei Lanzichenecchi di Georg von Frundsberg che marciano verso Mantova, martoriandone le fila con imboscate ed attacchi rapidi ed improvvisi. Tanto che i tedeschi, spaventati dal suo coraggio e da quella folle strategia che caratterizza il suo essere Capitano di Ventura, diventano loro i fuggitivi, tentando di attraversare il Po con l’aiuto del marchese Federico II di Gonzaga, che permette loro il transito sul suo territorio. Un uomo che formalmente è Capitano della Chiesa, ma segretamente è alleato dell’imperatore. Questo è il fascino del Rinascimento. Ci si potrebbero scrivere fiumi di pagine sugli intrighi e le congiure di quello splendido periodo.
Comunque, nei pressi di Mantova, a Governolo, Giovanni dalle Bande Nere, è rallentato nel suo cammino proprio da Federico II Gonzaga ma raggiunge comunque i Lanzichenecchi. Fa annerire le armature della sua compagnia per attaccarli anche di notte, col buio, e li sconfigge ancora, dopo una serie di scaramucce ed imboscate veloci. Ma mentre i suoi uomini lo acclamano trionfante, ed è in procinto di abbandonare il campo di battaglia, viene colpito alla gamba destra da un colpo di falconetto, tirato da un ultimo avamposto di nemici disperati. Un cannoncino leggero di artiglieria, probabilmente fornito ai tedeschi dal duca Alfonso d’Este. È incredibile come il giorno del tuo più clamoroso successo a volte possa coincidere con quello in cui la tua vita sta per finire.
I suoi soldati sono disperati e setacciano la zona portando nella tenda da campo due medici di Mantova. Ma non lo trovano, perché viste le sue condizioni è stato trasportato a Castel Goffredo dove dieci uomini devono tenerlo fermo mentre il cerusico gli amputa la gamba. Purtroppo la cancrena oramai è in circolo e la setticemia non gli lascia scampo. Muore nella notte del 30 Novembre del 1526, dopo aver chiesto di essere sepolto con indosso la corazza, e la spada sul petto, come una croce.
Ritratto di Giovanni delle Bande Nere, dipinto di Francesco Salviati:
Fu l’ultimo capitano di ventura, ed il primo a concepire la cavalleria leggera. Ritenuto da Niccolò Machiavelli uno tra i più grandi condottieri dell’epoca, creò una compagnia militare d’élite – le Bande Nere – ed entrò nella storia, per sempre. Se ne andò a neanche ventotto anni, confermando l’antico detto che dice che muore giovane solo chi è caro agli Dei.
Un uomo che cambiò casacca? Probabilmente no. Fu coerente con se stesso e con l’essere un condottiero, casomai furono i vari pontefici a mutare alleati. Era nobile, bello e giovane e avrebbe potuto avere tutti gli agi di questo mondo. Ma a lui tutto questo non interessava, perché lui voleva solo diventare leggenda, e vi riuscì.
Spero che da lassù Giovanni delle Bande Nere accolga benevolmente questa breve ricostruzione che ho fatto di lui, ma soprattutto mi auguro che questa storia sia piaciuta a voi.