Giovanni Battista Antonelli: l’italiano che riuscì (quasi) a collegare Madrid all’Atlantico

Nel 1580, con l’annessione del Portogallo al Regno di Spagna in seguito ad un’operazione militare rapida e senza combattimenti campali, si presentò, agli occhi della Corona spagnola, un problema logistico importante: riorganizzare i rifornimenti alle unità militari e favorire un collegamento più rapido e lineare tra i due territori.

A quel tempo il territorio era pieno di dislivelli e le strade erano irregolari e spesso in pessime condizioni. Ciò comportava non solo un significativo rallentamento degli spostamenti, ma anche un notevole sovraccarico del costo delle merci provenienti dalle Americhe. Lo sforzo eccessivo del trasporto terrestre, così come il forte rischio di saccheggio in Sierra Morena, infatti, incidevano pesantemente sul prezzo finale dei prodotti importati.

L’ingegnere a cui venne chiesto di trovare una soluzione fu l’italiano Giovanni Battista Antonelli – già al servizio della monarchia spagnola fin dalla metà del XVI secolo – il quale, dopo un attento studio del territorio sotto il profilo naturale e geomorfologico, elaborò un progetto che avrebbe notevolmente agevolato il movimento delle truppe e favorito il trasporto logistico di vettovaglie, munizioni e armamento.

L’allora regnante Filippo II era al culmine del suo regno e nelle Fiandre aveva avuto modo di osservare il sistema di chiuse e canali che facilitavano il trasporto fluviale in modo rapido ed efficiente. Da ciò nacque l’idea della navigazione lungo il fiume Tago per collegare Lisbona – la porta sull’Oceano Atlantico – a Madrid – la capitale dell’Impero –, aprendo una via di transito e di comunicazione celere ed insperata.

Filippo di Spagna ritratto da Alonso Sánchez Coello, Museo del Prado, Madrid

Il progetto, nello specifico, prevedeva di rendere navigabile il Tago da Lisbona ad Aranjuez – un piccolo comune a 43 chilometri da Madrid – per poi risalire da lì le acque del fiume Jarama fino a Rivas-Vaciamadrid, dove il Manzanarre avrebbero dato l’accesso finale alla capitale. Con quest’opera di ingegneria, i 650 metri di altitudine e i 600 chilometri di distanza tra le due città non avrebbero rappresentato alcun impedimento.

Mappa fiume Tago:

Fu in Portogallo che Antonelli anticipò a Filippo II le possibilità di questo progetto. I vantaggi commerciali, le rapide comunicazioni, i benefici per le casse dello Stato e anche il prestigio che quell’opera rappresentava a livello internazionale fecero del monarca spagnolo il suo sostenitore più entusiasta.

Antonelli, che in passato aveva già ampiamente dimostrato la sua professionalità e le sue virtù, invece, grazie a questo lavoro guadagnò l’appellativo ambìto di “ingeniero hidraulico”, che già era stato dato ad architetti ed artisti del calibro di Leonardo, diventando ben presto una delle figure centrali delle attività difensive e della sicurezza spagnole.

L’inizio dei lavori e la fine del progetto

I lavori, cominciati nel luglio 1581, proseguirono alacremente e senza intoppi per alcuni anni. Sia il Tago sia altri fiumi minori furono modificati a uso nautico e furono inoltre aperti nuovi canali di collegamento. A testimonianza di ciò, vi è la fitta corrispondenza tra Antonelli e Filippo II in cui l’ingegnere riferiva sullo stato dei lavori, offrendo un elenco accurato e dettagliato delle opere eseguite nel fiume, le spese, le persone che collaboravano alla realizzazione del progetto, ecc.

Finalmente, nel gennaio 1588 le prime sette chiatte – guidate da Cristoforo Roda Antonelli, nipote di Giovanni Battista – partirono dal porto fluviale di Toledo alla volta di Lisbona, riuscendo a coprire la tratta in soli quindici giorni. Secondo lo storico Javier Felage, questo fu un grande evento che venne seguito da un folto pubblico e accompagnato anche da celebrazioni religiose con tanto di benedizione dei barconi da parte del parroco.

Il Tago presso Toledo. Fotografia di Diliff condivisa con licenza Creative Commons 3.0 via Wikipedia:

Sfortunatamente, durante il viaggio di ritorno da Lisbona a Toledo, la morte sorprese, con grande desolazione del Re, il maggiore degli Antonelli il 17 marzo 1588, probabilmente per una disfunzione cardiaca.

Suo nipote Cristoforo ricevette l’incarico di proseguire il progetto in corso ma questo durò poco.

La morte di Filippo II, avvenuta solo dieci anni dopo quella di Antonelli, decretò anche la morte del progetto

Filippo e Anna d’Austria banchettano con la famiglia e i cortigiani, dipinto di Alonso Sánchez Coello

Filippo III non dimostrò mai l’entusiasmo del suo predecessore e, nonostante inizialmente il traffico commerciale lungo il Tago si fosse mantenuto attivo e regolare, col venire meno dell’appoggio reale tutto svanì nell’oblio.

I tentativi successivi

Negli anni a venire furono diversi i tentativi, da parte dei successori di Filippo II, di rispolverare il progetto di Antonelli. Tuttavia, fu soltanto con i Reali Borboni Fernando VI e Carlo III, in pieno Settecento, che l’idea di creare canali navigabili, per dinamizzare il commercio interno della penisola riuscì ad essere concretizzata.

Furono due principalmente i motivi che promossero l’interesse per le opere idrauliche e i canali navigabili: da un lato, il desiderio irrazionale, proprio del Secolo dei Lumi, di dominare la natura e sottometterla all’uomo per il suo uso e beneficio; dall’altro, l’esigenza patriottica di uniformare la Spagna al resto d’Europa, da questo punto di vista già ampiamente all’avanguardia.

In questo secolo si intraprende la conquista dei fiumi, attraverso la costruzione di opere come il Canale di Castiglia – che percorre 207 chilometri attraverso le province di Burgos, Palencia e Valladolid – o il Canale Imperiale di Aragona – di circa 150 chilometri – per viaggiare da Saragozza a Tudela.

Anche l’idea di Antonelli venne presa nuovamente in considerazione e portò allo sviluppo di un progetto di infrastruttura molto ambizioso che pretendeva soprattutto di unire, per via fluviale, Madrid e Aranjuez. Il canale fu battezzato Real Canal del Manzanares, aveva un’estensione di circa 10 chilometri e il molo in quello che oggi è il Paseo de Santa María de la Cabeza.

Nonostante il progetto non fu mai portato a termine, si permise comunque la navigazione, per piccole imbarcazioni, fino all’ultima chiusa nei pressi di Rivas-Vaciamadrid. Dopo l’abbandono dei lavori, i beni del Canale furono messi all’asta e lasciati al loro destino in mani diverse, quindi la continuità dell’infrastruttura idraulica non fu garantita.

L’arrivo della ferrovia, nel 1851, decretò infine la morte definitiva del progetto. Non potendo competere con l’efficienza delle nuove tecnologie, infatti, il Canal de Manzanares perse tutto il suo senso e la possibilità che Madrid potesse avere un porto venne definitivamente cancellata.

Fonti: Issuu, ABC, Migrer.


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