Fu il più geniale pubblicitario del Novecento italiano e le sue donnine procaci, ammiccanti dai manifesti di tutto il Bel Paese, lo resero popolarissimo dagli anni Trenta agli anni Cinquanta.
Eppure il suo nome ha subito un’autentica damnatio memoriae
Una parabola, quella di Gino Boccasile, iniziata a Bari nel 1901 e conclusasi a Milano nel 1952 con poche tappe essenziali: l’infanzia segnata dalla tragedia della perdita di un occhio, gli studi presso la locale scuola d’Arti e Mestieri, il precoce talento creativo e il trasferimento a Milano nel 1925. Nel capoluogo meneghino Boccasile viene assunto presso lo studio grafico Mauzan-Morzenti, nel quale si dedica alla realizzazione di manifesti legati al mondo della moda femminile, che lo rendono subito famoso.
Nel 1929 la Gazzetta del Mezzogiorno pubblica un articolo che gli vale la prima commissione importante, una serie di 30 cartoline celebrative della prima Fiera del Levante nel 1930.
Soggiorna poi a Parigi, dove espone al Salon des Indipendents, e in Argentina. Rientrato definitivamente nel capoluogo lombardo, intraprende un’intensa attività di disegnatore per giornali e riviste e di illustratore di collane di libri per ragazzi per la Rizzoli e per la Mondadori (celebri le sue copertine dei “Romanzi di Cappa e Spada”).
L’enorme popolarità giunge tuttavia solo nel 1937 con la sua più famosa creazione, “La Signorina Grandi Firme”, il personaggio comparso sul popolare rotocalco settimanale “Grandi Firme”, diretto dal chiacchierato Pitigrilli, (pseudonimo di Dino Segre, una delle firme giornalistiche più anticonformiste e provocatorie di quegli anni).
La Signorina Grandi Firme, moderna ed emancipata, spigliata e intraprendente, che incede da sola per le strade cittadine fasciata in abiti alla moda, rappresenta l’antitesi della donna tormentata e impegnata di inizio Novecento. Irrompe nelle edicole ogni sabato mattina, gonna al vento e petto in fuori, seducendo la gioventù del littorio, immagine di un sogno collettivo di abbondanza, di bellezza e sensualità che si configura come una sorta di versione italiana del fenomeno delle pin-up statunitensi. In poche settimane la tiratura delle copie della rivista si quintuplica e diviene celebre la canzone “Signorina Grandi Firme”, interpretata da Carlo Moreno e dal Trio Lescano, il popolare trio ‘fiore all’occhiello’ delle trasmissioni di musica leggera dell’EIAR.
Anche se, pare, non ne disdegni la lettura, forse perché preoccupato dall’influenza esercitata dal personaggio sul costume italiano – la Signorina Grandi Firme non è infatti in sintonia con il modello rassicurante di moglie e di madre che il fascismo desidera propagandare – Mussolini interviene: nel settembre del 1937 il nome di Pitigrilli scompare dal sottotitolo della rivista e nell’autunno del 1938, vittima delle leggi razziali fasciste, il giornalista è costretto ad abbandonare l’Italia e cede a Cesare Zavattini la direzione di “Grandi Firme” che, comunque, dopo 43 ulteriori pubblicazioni, chiude definitivamente i battenti.
E Boccasile?
L’indiscutibile talento di Boccasile e il suo stile inconfondibile, caratterizzato da donne mediterranee tutte curve, da uomini di virile aspetto e da bimbi paffuti dall’aria birichina, gli assicurano le simpatie del regime. Una simpatia ampiamente ricambiata, visto che l’artista è tra i firmatari, nel 1938, del Manifesto della Razza in sostegno alle scellerate leggi razziali fasciste e che sarà sempre un sostenitore convinto del regime, fino al suo tragico epilogo.
Spirano ormai venti di guerra in Europa e le illustrazioni di Boccasile, moderne e dinamiche, così potentemente evocative, trasmettono al pubblico un’immagine positiva dei tempi, affine a quella che il fascismo vuole propagandare. L’artista viene quindi scelto dal Ministero della Guerra come grafico e la sua produzione si orienta pertanto verso la propaganda bellica.
Se da un lato Boccasile gode di minore libertà espressiva rispetto alla sua precedente attività di pubblicitario, riesce comunque, grazie all’innato talento, ad imprimere originalità alle sue creazioni che, enfatiche o satiriche, hanno forte presa sui sentimenti popolari, e diventano un potente mezzo pubblicitario che gioca sull’immediatezza del potere comunicativo dell’immagine. Cartoline come quelle di Londra, illuminata dalla luce sanguigna dei bombardamenti nazisti, oppure le cartoline delle caricature di Churchill, vengono inviate dal fronte a parenti ed amici e riscuotono un enorme successo.
Se la produzione di guerra di Boccasile celebra inizialmente i nostri combattenti, successivamente rende suggestive le loro sconfitte. Infatti, dopo le perdite ad Amba Alagi, in Etiopia, egli illustrerà la cartolina con la scritta “Ritorneremo”, dedicata al Duca D’Aosta, quando l’Italia riporterà continue perdite a opera di fantomatici delatori, la sua cartolina sarà un invito al silenzio: “Taci, il nemico ti ascolta!”. Nel 1942 le truppe italo-tedesche invadono la Russia e l’avanzata verso Mosca sarà subito propagandata dal Ministero della Guerra mediante la pubblicazione di una serie di dodici cartoline in cui Boccasile ritrae le atrocità dei bolscevichi ai danni del popolo russo.
Dopo la caduta del fascismo, l’artista aderisce senza esitazione alla Repubblica Sociale Italiana, in cui si arruola come tenente delle SS italiane. Dal suo studio protetto da militi armati, fresco del nuovo incarico presso l’ufficio propaganda, egli lavora febbrilmente alla progettazione di nuovi manifesti, radicalizzando le proprie posizioni politiche: nessuna pietà verso i traditori e i ribelli e resistenza strenua all’invasore anglo-americano gli appaiono gli unici mezzi per riscattare l’onore dell’Italia infangato dal “tradimento”.
Alla fine del conflitto bellico le sue convinzioni politiche gli costeranno non solo il carcere e il processo per collaborazionismo, ma soprattutto l’esilio editoriale perché, nonostante l’assoluzione per non aver commesso crimini, molti potenziali clienti lo riterranno troppo compromesso con il passato regime.
Riprenderà la sua attività di grafico solo nel 1946, disegnando alcune cartoline per il nuovo MSI e per le associazioni degli ex combattenti. Si dedicherà anche ad illustrazioni di tono erotico per editori stranieri. Nel 1947 Boccasile ritorna al successo: è lui a progettare i manifesti pubblicitari che invadono l’Italia divenendo celebri, dal Formaggino Mio alla Lama Bolzano, dall’amaro Ramazzotti alle moto Bianchi, dal dentifricio Chlorodont allo Yogurth Yomo, dai profumi Paglieri allo shampoo Tricofilina.
Quando la morte lo porta via all’improvviso, nel 1952, cala definitivamente il sipario su un artista scomodo, destinato però ad acquistare straordinarie quotazioni sul mercato antiquariale.
Interprete suggestivo degli spensierati Anni Trenta e dei terribili anni della guerra, ebbe il dono della sintesi e dell’essenzialità del messaggio. Fu poliedrico innovatore nell’impatto comunicativo, talento straordinario, illustratore prolifico ed eclettico. Ma il suo nome resta legato alla Signorina Grandi Firme perché il suo personaggio rappresentò un vero fenomeno di costume, la donna emancipata in antitesi allo stereotipo italiano di “angelo del focolare”, moglie e madre esemplare, come tramandato dalla tradizione.
Gino Boccasile pose, certamente, la propria arte al servizio del regime fascista, con effetti che spesso scivolarono nella satira becera e in un palese atteggiamento razzista, ma fu sensibile interprete dei cambiamenti in atto nella società italiana del Ventennio, ne intuì i potenziali sviluppi e li trasformò, in modo geniale, con ottimismo ed ironia in tratto grafico e pubblicitario.