Gilles de Rais (1405-1440) era un nobile barone francese che si distinse al fianco di Giovanna d’Arco durante la Guerra dei Cent’anni, combattuta contro gli inglesi. Per i suoi meriti militari, de Rais fu nominato Maresciallo di Francia, dopo essere già divenuto pari di Francia e consigliere del re Carlo VII.
Ritratto di fantasia di Gilles de Rais (1835)
Il suo nome non è noto tuttavia per la sua brillante carriera al servizio del suo paese, ma per le agghiaccianti imprese che compì dopo essersi ritirato a vita privata, tanto da diventare l’ispiratore del racconto di Perrault “Barbablù”. Fu considerato responsabile della morte di circa 150 ragazzi, anche se il numero reale delle vittime è oggi impossibile da determinare.
Disegno che raffigura de Rais mentre compie i propri crimini – 1862
De Rais era un nobile proprietario terriero bretone, tra i più ricchi della sua epoca grazie all’eredità ricevuta dal nonno e al conveniente matrimonio con Catherine de Thouras. Quando abbandonò la vita pubblica e militare, il barone cominciò a sperperare l’immenso patrimonio di famiglia, tanto da essere costretto a svendere, per cifre irrisorie, molti dei suoi beni immobili.
Un’illustrazione del barone de Rais in un libro del 1870
La moglie lo abbandonò, e i familiari ne chiesero l’interdizione. Forse per tentare di recuperare la sua fortuna, attorno al 1438/39, de Rais iniziò a interessarsi di alchimia e occultismo, insieme al suo cappellano personale, Eustache Blanchet, che portò al suo castello un certo Francesco Prelati, un monaco spretato toscano, che stava studiando il modo per ottenere la famosa pietra filosofale. Costui lo avrebbe indotto a compiere sacrifici di bambini, per evocare demoni e compiere stregonerie.
Illustrazione di uno dei castelli di de Rais
Nel 1440 il vescovo di Nantes, dopo uno scontro tra un canonico e de Rais, avviò un’indagine che portò alla scoperta di inimmaginabili atrocità. Il nobiluomo fu accusato di aver rapito, torturato, stuprato e ucciso in modi terribili un numero imprecisato di bambini, poi quantificato in 140. Inizialmente de Rais si difese a spada tratta, accusando i giudici dell’inquisizione di volerlo condannare solo per impadronirsi dei suoi beni (cosa che peraltro avveniva frequentemente), ma dopo la minaccia di essere sottoposto a tortura e scomunicato, si rassegnò a confessare la propria colpevolezza.
Il processo a de Rais in una miniatura del 17° secolo
Il 26 ottobre 1440 Gilles de Rais fu giustiziato (impiccato e bruciato allo stesso tempo) insieme a due suoi servitori e presunti complici, i quali avevano ammesso di aver rapito numerosi bambini che poi il padrone molestava sessualmente, prima di torturarli e ucciderli, smembrandoli o decapitandoli.
Miniatura del 1530 (circa) che raffigura l’impiccagione di de Rais
I raccapriccianti racconti sulle nefandezze di de Rais non sono però così credibili, né tantomeno verificabili. Anche se già il re Carlo VII (che lo conosceva bene), e un opuscolo redatto durante la Rivoluzione Francese misero in dubbio la sentenza di colpevolezza, è stato solo negli ultimi anni che si sono levate numerose voci a difesa di Gilles de Rais, forse vittima dell’avidità dei due giudici (un laico e un ecclesiastico), che avrebbero incamerato le sue proprietà in caso di condanna.
In effetti, mai nessuna prova tangibile fu portata a dimostrazione della colpevolezza del nobile bretone, nessuna traccia che potesse collegare i bambini spariti con de Rais, nessun abito, o parti dei corpi martoriati, neppure un capello. Sembra quantomeno strano che 150 innocenti siano stati torturati e uccisi, presumibilmente nel castello del “mostro”, senza che ne sia stato trovato nemmeno un minimo riscontro.
Nel 1992, lo scrittore francese Gilbert Proteau scrisse una biografia di de Rais, che portò ad istruire un nuovo processo sugli avvenimenti di quel lontano 1440. La sentenza della Corte fu:
Non colpevole
Il barone fu ritenuto una delle tante vittime dell’inquisizione, anche se oggi, a tanti secoli di distanza è impossibile provare sia l’innocenza sia la colpevolezza di Gilles de Rais. Certo è che la sua amicizia con Giovanna d’Arco, giustiziata dieci anni prima per eresia, e le sue immense proprietà terriere finite in possesso del giudice che presiedeva il processo laico, potrebbero far pendere la bilancia a favore del “mostro”.
Sotto, Alessandro Barbero e Piero Angela parlano della storia più conosciuta di Gilles de Rais: