All’incirca duemila anni fa nacque un bambino destinato a cambiare la storia del mondo, Gesù di Nazareth. A quel tempo il Tempio di Salomone, o Secondo Tempio, era ancora ben saldo sulla collina, a Gerusalemme.
La Piramide di Cheope era là, sulle sabbie d’Egitto, da 2500 anni, mentre invece il Colosseo ancora non esisteva.
Modello del Secondo Tempio
Immagine di pubblico dominio
Immaginare la geografia politica e umana di quel mondo, inserita in una vicenda senza tempo come è la nascita e la morte di Gesù, appare quasi irrilevante, perché quella storia è talmente conosciuta che anche i luoghi dove si svolse sembrano familiari.
Eppure, oggi non si saprebbe molto della geografia dell’epoca, se un uomo chiamato Strabone non avesse scritto un’opera in 17 volumi, chiamata appunto Geografia, che risulta essere un trattato fondamentale anche per lo studio della storia del mondo antico.
Edizione in latino di Geografia – 1620
Immagine di pubblico dominio
Strabone nasce ad Amasia, in Cappadocia (nell’attuale Turchia) intorno al 60 a.C, quando quella regione era da poco entrata a far parte dell’impero romano. Un territorio agli estremi confini dell’impero quindi, ma certamente ricco di quella cultura greca che tanto invidiavano i Romani. La famiglia di Strabone è nobile anche se un po’ decaduta, ma non così tanto da impedire al ragazzo di accedere a una formazione classica.
Strabone – incisione del XVI secolo
Immagine di pubblico dominio
Come un po’ tutti coloro che crescevano nella tradizione accademica greca, anche Strabone è un cultore di Omero, che arriva a definire “il fondatore della scienza della geografia”. Il ragazzo studia retorica, grammatica, filosofia e matematica, prima in Anatolia e poi a Roma. E poi viaggia, viaggia tanto, come nessun altro geografo dell’epoca:
“Né può trovarsi altra persona, tra chi abbia scritto di geografia, che abbia viaggiato per distanze più lunghe di quanto io stesso non abbia fatto” scrive nella sua opera, unica fonte di notizie sulla sua vita.
Trascorre alcuni anni in Egitto, dove risale il Nilo, e poi va in Etiopia. Viaggia in Italia e, ad est, fino all’Armenia.
Il Globo terrestre secondo Strabone
Immagine di Paolo Porsia condivisa con licenza Creative Commons via Flickr
Strabone e i suoi contemporanei pensavano alla Terra come a un globo diviso in cinque fasce: due fredde a nord e a sud, due temperate, e una al centro, torrida. La parte abitata, immaginata come una grande isola, era posta in un quarto settentrionale del globo, circondata da oceani. Lo presumevano, perché nessuno aveva circumnavigato la Terra. Prendendo il Mediterraneo come punto di riferimento (considerato un po’ il centro del mondo), a sud c’era un continente che veniva chiamato dai Greci Libia (Africa è il nome usato dai Romani, dopo la conquista delle regioni del nord), a est c’era l’Asia, a nord l’Europa.
I geografi dell’epoca consideravano l’India come estremo oriente, l’Etiopia come il profondo sud, l’Iberia il paese più a ovest, e la Scizia (non ben identificata in qualche paese di oggi) quello più a nord. Se la Gran Bretagna era conosciuta, della Scandinavia si sapeva poco, se non che esisteva. Era totalmente sconosciuto quello che verrà poi chiamato il Nuovo Mondo, e non sembra esserci nemmeno l’idea dell’esistenza della Cina. Tanto è vero che una legione di Crasso scompare nel nulla in Turchia e dei soldati non rimane traccia. Solo molto dopo qualcuno ipotizza che siano stati deportati in un territorio sconosciuto, in Cina appunto.
L’Europa secondo Strabone
Immagine di pubblico dominio
Strabone, pur avendo viaggiato tanto, fa poco riferimento alla sua esperienza personale e preferisce affidarsi a fonti scritte, le più variegate (filosofi, storici, geografi), sempre di origine greca, anche se lontane nel tempo.
Quella regione tra il Mediterraneo e il fiume Giordano, l’attuale Israele e Palestina, non viene tanto tenuta in considerazione: senza evidenti ricchezze, costituiva solo una comoda via di transito. Strabone comunque fornisce qualche cenno storico sul popolo che abita quella terra: “un sacerdote egiziano di nome Mosé” se ne era andato dall’Egitto in Giudea “accompagnato da molte persone che adoravano l’Essere Divino”.
Dopo aver descritto il tipo di religione praticato dai seguaci di Mosè, racconta che “prese facilmente possesso del luogo, perché non era un luogo che sarebbe stato guardato con invidia, né ancora uno per il quale qualcuno avrebbe combattuto seriamente; perché è roccioso e, sebbene sia esso stesso ben fornito di acqua, il suo territorio circostante è sterile e senz’acqua, e anche la parte del territorio in un raggio di sessanta stadi è rocciosa sotto la superficie. “
Immagine di pubblico dominio
Prima della nascita di Gesù, la Palestina ha come re Erode il Grande, che governa per incarico dei Romani. Alla sua morte, i tre figli si dividono il regno. Negli anni intorno alla nascita di Cristo la Giudea, pur non essendo ancora una provincia, passa sotto un maggior controllo dei Romani, e difatti è il prefetto romano Ponzio Pilato a decidere della sorte di Gesù, dopo che il tetrarca Erode Antipa (figlio di Erode il Grande) si era fatto beffe del “Re dei Giudei”.
Poi scoppia la prima guerra giudaica, nel 66 d.C, che culmina con la distruzione di Gerusalemme e del Tempio di Salomone, nel 70 d.C, per mano del generale Tito, futuro imperatore.
Grazie anche alla Geografia di Strabone si comprende dunque che Cristo visse in un luogo considerato lontano dai centri del potere, una periferia estrema dove una nuova visione del mondo poteva sembrare possibile.