Genova 1971: il Caso di Milena Sutter

Sono passati esattamente 50 anni dal caso che tenne l’Italia col fiato sospeso, non si parlava d’altro, prima per il rapimento e per la mancanza di notizie di Milena, poi con l’orrore del ritrovamento del corpo ed infine con la divisione fra innocentisti e colpevolisti dell’unico indagato, Lorenzo Bozano.

Milena Sutter aveva 13 anni, era figlia del noto industriale Arturo Sutter, svizzero naturalizzato italiano.

Milena frequentava la Scuola Svizzera di Genova, ora chiusa, sita in pieno centro fra via Peschiera e Via Felice Romani. Era una scuola privata, costosa, ma rinomata. Le rette erano alte, ma molte famiglie genovesi, anche non ricchissime, ci facevano studiare i figli per il confronto con le scuole pubbliche in quel periodo piuttosto turbolento. Milena era un’adolescente, ma dimostrava almeno 17 anni col suo fisico forte e sportivo, era alta 1,65 mt e pesava 58 kg. Quindi non una ragazzina esile.

Il 6 maggio 1971 uscì da scuola alle 17,00, doveva prendere l’autobus per andare subito a casa in via Antonio Mosto per una ripetizione alle 17,30, ma non ci arrivò mai.

Alle 21:00 i genitori ne denunciarono la scomparsa, all’epoca i rapimenti a scopo di estorsione erano purtroppo abbastanza frequenti, ma molto spesso si risolvevano senza violenza.

La mattina seguente arrivò la telefonata con la richiesta di riscatto di 50 milioni di lire, che si possono paragonare a circa 420.000 euro odierni. I genitori erano pronti a pagare ma non fu fornita alcuna prova che Milena fosse viva. Non poteva essere che il rapitore o un complice dato che la notizia della sparizione non era ancora stata diffusa.

E poi più nulla, fino al 20 maggio, quando due pescatori videro un corpo in mare al largo della spiaggia di Priaruggia, a Quarto dei Mille. Il corpo, irriconoscibile per l’azione della decomposizione e dei pesci, venne identificato come quello di Milena dagli abiti ancora parzialmente indossati e dalla catenina con il nome della ragazza.

La ragazza indossava ancora la camicia e il maglione, dalla vita in giù era nuda con solo i collant arrotolati alle caviglie e il corpo era appesantito da una cintura con i pesi da sub.
Il patologo forense ritenne che fosse stata uccisa subito, poco dopo l’uscita da scuola, il 6 maggio verso le 18-18:30. Impossibile stabilire se fosse stata violentata data la permanenza in acqua, e come causa di morte fu indicata lo “strozzamento o probabile soffocamento”. Nonostante stiamo parlando di “solo” 50 anni fa, la scienza forense ha fatto passi da gigante da allora, e nel 1971 in questo tipo di indagini di DNA non se ne parlava neppure. Come dopo 2 settimane di tempo sia stato possibile stabilire l’esatta ora della morte con uno scarto di solo mezz’ora è uno degli elementi più dubbi di tutta l’inchiesta.

Fin dal giorno del rapimento i sospetti si erano appuntati su Lorenzo Bozano, che rimase sempre unico indagato.

Bozano aveva 25 anni e, nonostante fosse di famiglia borghese, il padre era funzionario della Costa Crociere, veniva considerato un perditempo. Il padre, con cui aveva pessimi rapporti, lo aveva denunciato nel 1965 e lo aveva fatto finire in riformatorio per piccoli furti in casa, definendolo un ladro, cinico e bugiardo, ossessionato dalle pulsioni sessuali.

Le pulsioni sessuali erano le palpatine che dispensava alle ragazze e l’abitudine di guardare sotto le gonne con uno specchietto, ma le perizie psichiatriche effettuate esclusero qualunque deviazione sessuale. Non era quello che si può definire un bravo ragazzo, ma neppure un mostro, per quella che era stata la sua vita fino a quel momento.

Venne da subito sospettato per la sua Alfa Romeo Giulietta 1300 Spider, che molti testimoni sostenevano di aver visto sostare fuori della scuola e passare davanti a casa Sutter.

I testimoni dissero che avevano notato un ‘Biondino’ con la spider rossa..

Un Alfa Romeo Giulia Spider rossa, simile a quella riconosciuta da alcuni testimoni come quella appartenente a Lorenzo Bozano. Fotografia di Jalo condivisa con licenza Creative Commons CC BY-SA 3.0 via Wikipedia:

Bozano era alto 1,80, baffi e capelli scuri, dal fisico piuttosto massiccio. Non era propriamente definibile un ‘Biondino’ e la spider, che evoca quasi un’auto appariscente per adescare le ragazze, era in verità quasi un rottame, pieno di ammaccature e scrostature, sporca e malridotta. Che una ragazza fosse invogliata a salirci per fare un giro risulta poco credibile.

Bozano ammise di andare sotto la scuola per cercare di conoscere e rimorchiare ragazze, ma non sotto casa Sutter. Sostenne di non conoscere Milena e di avere un alibi per il giorno del rapimento, che copriva sia le ore precedenti sia quelle seguenti l’orario della presunta morte. Sosteneva di essere stato semplicemente in giro e si dichiarò sempre innocente.

Era un sub, patito di immersioni, e anche se dichiarò di aver venduto tutta l’attrezzatura a casa sua venne trovato un foglio con un’ipotesi di rapimento. Lui sostenne che era stato un semplice gioco fatto al ristorante con amici, quando erano tutti ubriachi, riferendosi al sequestro Gadolla per il quale i colpevoli erano stati arrestati qualche settimana prima. Gli amici confermarono, ma non erano testimoni molto affidabili.

Per la verità anche quelli che avevano visto il ‘Biondino’ non erano di specchiata credibilità, e durante il processo molti si contraddissero, mentre la maggior parte delle compagne di scuola di Milena disse di non aver mai visto l’auto, neppure l’amica del cuore, che dichiarò di non sapere nulla neppure di un certo Claudio, nominato da Milena nel suo diario e nominato pure da Bozano come una persona che sarebbe potuta essere coinvolta.

Non si scoprì mai chi fosse Claudio

Lorenzo Bozano, colpevole o meno, era l’indiziato ideale, un playboy da strapazzo, depravato, che adescava le giovani con la sua auto rossa. Considerato l’aspetto di Bozano e dell’auto si stenta un po’ a credere a questa figura, ma tant’è.

Era stato interrogato e rilasciato nei giorni del rapimento per il timore che tenesse Milena prigioniera ancora in vita e che dovesse quindi provvedere a lei, ma con il ritrovamento del corpo venne immediatamente ricondotto in carcere.

Gli inquirenti immaginarono che Bozano avesse fatto salire Milena sull’auto, probabilmente con un pretesto, convincendola nonostante le sue probabili resistenze che vennero sostenute dai genitori, i quali dissero che non sarebbe mai salita di sua spontanea volontà con uno sconosciuto.

Nessuno però avrebbe potuto forzare la ragazza visto il traffico di quell’ora in centro

La ragazza sarebbe stata uccisa nell’auto subito dopo, Bozano avrebbe cercato di seppellirla sul Monte Fasce, dove un testimone disse di averlo visto alle 19,30, e poi gettata in mare nella notte appesantita dalla cintura da sub.

Sia come sia, nel 1972 Bozano venne rinviato a giudizio e nel 1973 assolto per insufficienza di prove. Da notare che ottenne un avvocato d’ufficio in quanto nullatenente, dato che il padre si rifiutò di nominare e pagare un legale per il figlio.

Le prove erano esclusivamente indiziarie, il rapporto dell’autopsia venne contestato dalla difesa, e ancor di più viene contestato ora da diversi medici legali, ma nonostante questo in appello nel 1975, senza che fosse venuto fuori alcun fatto nuovo, venne condannato all’ergastolo, sentenza confermata nel 1976 dalla Cassazione.

Prima della sentenza definitiva Bozano riuscì a fuggire in Francia, dove venne poi casualmente arrestato per un’infrazione in auto. Una volta identificato la Francia rifiutò però l’estradizione e Bozano venne espulso al confine svizzero. La Svizzera, dove la vicenda era stata molto seguita, lo estradò in Italia dove cominciò a scontare la pena.

Nel 1989 ottenne la semi-libertà, revocata nel 1996 per evasione fiscale e nel 1997 venne nuovamente condannato a due anni per essersi spacciato per poliziotto al fine di palpeggiare una ragazza di 17 anni, con la scusa di una perquisizione in cerca di droga.

Dal 2019 è nuovamente in semi libertà. Si è sempre dichiarato innocente

Che Lorenzo Bozano sia o meno il responsabile tutta la vicenda è ammantata di una coltre di dubbi e misteri di difficile esplicazione. Troppe le contraddizioni e troppi i punti oscuri del sequestro, mentre le prove e le certezze son davvero pochissime. Probabilmente in tempi moderni si sarebbe potuto sapere di più, ma con i dati dell’epoca oggi quasi nessun tribunale avrebbe condannato l’imputato all’ergastolo.


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