Gengis Khan: l’Imperatore che non volle una Tomba da onorare

Fin dalla nascita, sua madre sapeva che Temüjin sarebbe stato un grande guerriero: il bambino era venuto al mondo con un grumo di sangue stretto nella piccola mano, nel “giorno chiaro del primo mese dell’estate dell’anno del cavallo d’acqua”, il 1167 (ma potrebbe essere il 1155 o il 1162). Un paesaggio aspro – montagne innevate, la steppa a perdita d’occhio e il desolato deserto di Gobi – accolse quel bambino destinato a diventare l’uomo che, solo a nominarlo, incuteva terrore: Gengis Khan, il guerriero che dalla nativa Mongolia riuscì a creare il più grande (anche se breve) impero della storia.

Busto di Gengis Khan

Impero dove convivevano una miriade di razze e religioni diverse, pastori nomadi e popoli dalla raffinata cultura, che l’analfabeta guerriero mongolo cercò di comprendere, e forse di assimilare.

L’impero di Gengis Khan

Ma in fondo in fondo lui preferiva essere il nomade che abitava “nella regione selvaggia del Nord”. E lì volle essere sepolto, quando arrivò alla fine della sua intensissima vita.

Paesaggio della Mongolia

Fotografia di pubblico dominio via peakpx:

Un giorno, molto prima di morire, mentre andava a caccia sul Burqan-Qaldun, montagna sacra, trovò riposo sotto un grande albero frondoso. Impressionato dalla bellezza che lo circondava, decise che quello sarebbe stato il luogo dove il suo corpo avrebbe nuovamente trovato riposo, per l’eternità. Forse fu davvero sepolto lì (chi avrebbe osato contraddire la volontà dell’imperatore?), ma nessuno sa dove sia l’albero frondoso e la tomba di Gengis Khan.

Mongolia Interna

Fotografia di pubblico dominio via pxfuel:

L’imperatore morì a Yinchuan, in Cina, nell’estate del 1227, per motivi mai chiariti: forse fu ferito in battaglia, durante la campagna contro i Tanguti, o forse morì per le conseguenze di una caduta da cavallo, mentre andava a caccia. Quest’ultima ipotesi è quella riportata nella Storia segreta dei Mongoli, il racconto idealizzato della vita di Gengis Khan e del suo popolo, scritto poco dopo la sua morte. Secondo Marco Polo (grande ammiratore dell’imperatore) invece, le ferite mortali erano state provocate da una freccia nemica.

Il fiume Onon, vicino al luogo di nascita di Gengis Khan

Fonte immagine: Fan 111 via Wikipedia – licenza CC BY-SA 3.0

Dopo la sua morte comunque, il corpo dell’imperatore fu portato nella sua amata e selvaggia Mongolia, per essere sepolto in un luogo segreto e non individuabile tra le montagne. Non fu eretto né un mausoleo né una tomba imponente, e nemmeno fu posta una semplice lapide:

Nessuno doveva sapere dove riposavano le spoglie di Gengis Khan

Mille cavalli calpestarono il terreno, per nascondere ogni traccia dello scavo, e forse – nessuno potrà mai dirlo con certezza – i soldati che avevano accompagnato l’imperatore nel suo ultimo viaggio uccisero ogni persona e animale incontrato lungo il percorso da Yinchuan al luogo della tumulazione. Poi uccisero anche tutti coloro che avevano assistito ai funerali, per finire uccisi essi stessi da un altro gruppo di soldati.

Paesaggio Mongolo

Fonte immagine: tiarescott via Wikipedia – licenza CC BY 2.0

Tutto il territorio intorno, oltre 350 chilometri quadrati, divenne Ikh Khorig, il Grande Tabù: nessuno poteva entrarvi, se non i membri della famiglia imperiale e i Darkhad, guerrieri ai quali era affidato il compito di vigilare sul rispetto del tabù. Chi sconfinava era punito con la morte, ancora molto tempo dopo il collasso dell’impero. E quando eserciti stranieri invasero la Mongolia, il Grande Tabù fu difeso strenuamente. Anche quando il paese entrò a far parte dell’URSS, nel 1924, quel territorio rimase off-limits: il governo centrale sovietico, per evitare problemi con il popolo mongolo, dichiarò quel territorio “Area ad alta restrizione”.

Rappresentazione di Gengis Khan sulle colline mongole – 2006

Fotografia di pubblico dominio via Wikipedia:

E se negli ultimi 20-30 anni qualcuno ha tentato di trovare la tomba, la resistenza dei mongoli ha impedito ricerche a tappeto. Trovare il luogo di sepoltura di Gengis Khan, probabilmente pieno di tesori provenienti da ogni angolo dell’impero, è una fissazione per gli stranieri e non per i discendenti dei sudditi del Gran Khan, eroe nazionale che gode di grande rispetto.

Statua di Gengis Khan

Fonte immagine: Jonathan E. Shaw via Flickr – licenza CC BY-NC 2.0

Perché gli occidentali conoscono Gengis Khan solo come il guerriero che ha sterminato popoli, distrutto città e vendicato torti con estrema crudeltà, ma i Mongoli ricordano ciò l’imperatore fece per tutti i suoi sudditi:

Creò una nazione

Un grande paese dove il commercio sicuro portava ricchezza (“Una vergine con un piatto d’oro poteva girare indisturbata da un angolo all’altro dell’impero”), istituì il primo servizio di posta, abolì la tortura e sancì il principio della libertà religiosa e dell’immunità diplomatica.

I mongoli di oggi non dimenticano, e pretendono il rispetto della volontà del Gran Khan, anche se sono trascorsi quasi ottocento anni dalla sua morte. Il selvaggio paese fatto di montagne e steppe spazzate dal vento, così come il fiero popolo nomade che lo abita, conserveranno per sempre il segreto dell’imperatore che volle essere sepolto sotto un grande albero frondoso.

Dove non diversamente specificato, le immagini sono di pubblico dominio.

Annalisa Lo Monaco

Lettrice compulsiva e blogger “per caso”: ho iniziato a scrivere di fatti che da sempre mi appassionano quasi per scommessa, per trasmettere una sana curiosità verso tempi, luoghi, persone e vicende lontane (e non) che possono avere molto da insegnare.