Frances Farmer: la Diva che Hollywood spedì al Manicomio

Guardando le foto delle numerose attrici del cinema americano di epoche passate, ci si perde nel candore di quei visi incantevoli che nascondevano una realtà ben diversa da quella che poteva suggerire la loro bellezza, proposta al pubblico come pura e impeccabile.

Una delle attrici americane che durante gli anni ’30 ebbe un notevole successo (almeno per un po’), fu Frances Farmer, e la sua storia è forse considerata fra le più tristi di Hollywood perché, nonostante la sua bellezza, la sua vita fu tutt’altro che una favola.

Frances Farmer nasce il 19 settembre 1913, a Seattle, città all’epoca in pieno sviluppo economico e culturale. La sua infanzia non è per niente tranquilla, i genitori si separano quando Frances ha 4 anni e lei, il fratello e la sorella rimangono con la madre, una donna dal carattere forte e di idee patriottiche che non dimostra nessun affetto per i figli. Dopo la separazione dal marito la madre di Frances cambia spesso città per lavoro, incurante del disagio a cui sottopone i bambini, privandoli di una stabilità familiare che per loro è essenziale, e quella che ne risente di più è proprio Frances.

Da adolescente mostra già un atteggiamento da persona indipendente, e indossa abiti maschili, all’epoca un forte contrasto con sua bellezza. Al liceo fa parte della redazione del giornale della scuola e gioca nella squadra di hockey, ma anche se partecipa a molte attività la sua vita è caratterizzata dalla solitudine.

Nel 1931 la futura diva frequenta l’ultimo anno di liceo e partecipa a un concorso di scrittura con il suo saggio “God Dies” (Dio Muore). Nel pezzo è evidente la sua ispirazione alle idee del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche, la giovane scrive di volere un “superpadre Dio” in un mondo caotico dove Dio era assente. Frances vince 100 dollari ma il suo lavoro non è comunque apprezzato in quanto considerato polemico, viene additata come atea e la vicenda finisce persino sulla stampa locale. Frances è spinta a difendersi e dice: “non potevo dire che Dio non ci fosse ma non riuscivo a trovare una prova nella mia vita che Lui esistesse o che avesse mai dimostrato un interesse particolare in me. Non ero atea ma ero sicuramente agnostica, e già a 16 anni ero abbastanza indottrinata di questa teoria“.

Dopo il liceo Frances si iscrive al corso di giornalismo dell’Università di Washington e lavora come cameriera per mantenersi gli studi. Entra nel gruppo teatrale dell’università e comincia recitando da protagonista in spettacoli tra cui si possono ricordare Elena di Troia e Zio Vania.  Proprio in questo periodo il giornale comunista di Seattle “The Voice of Action”, organizza un concorso a cui Frances partecipa ottenendo il maggior numero di abbonamenti, e vince un viaggio nell’Unione Sovietica per poter visitare il teatro di Mosca.  Frances accetta volentieri nonostante le opposizioni al comunismo tipiche di quel periodo. Proprio dopo questo viaggio Frances viene attaccata dalla stampa che la definisce una “traditrice della patria”: non solo è atea ma è anche comunista!

Di ritorno dall’Unione Sovietica Frances si ferma a New York, l’idea è quella di iniziare la carriera come attrice teatrale, ma poi le cose vanno diversamente. Conosce l’agente Shepard Raube che la spinge a fare cinema e, dopo alcuni provini, la Paramount le offre un contratto di sette anni che la ragazza firma il giorno del suo 22esimo compleanno.

La futura star si trasferisce a Los Angeles e da dissidente di Seattle si trasforma in una raffinata attrice di Hollywood. Nel novembre del 1935,  Frances Farmer compare nel suo primo film, una commedia intitolata “Too Many Parents”. L’anno seguente sposa il collega Leif Erikson, è la protagonista del film drammatico Border Flight e lavora con Bing Crosby nel film western “Rythm on the Range”.

Farmer nel film Rhythm on the Range (1936):

La notorietà di Frances aumenta, ma allo stesso tempo iniziano i tentavi di manipolazione da parte della Paramount.  Farmer non è disposta a farsi sottomettere e non solo rifiuta gli inviti a feste ed eventi di Hollywood ma rilascia interviste poco esaurienti. La Paramount stessa descrive Frances Farmer alla stampa come “la star che non andava a Hollywood”, ponendo l’attenzione sul suo modo “eccentrico” di vestire. In contrasto con il mondo del cinema in cui vive Frances continua a essere se stessa sia come idee sia come atteggiamento, e si veste con abiti poco femminili quando non è sul set. Praticamente un’eresia per l’epoca.

Nell’estate del 1936, Frances inizia lavorare nel film “Come and Get It”, tratto dal romanzo di Edna Ferber.  Il regista è Howard Hawks, a cui inizialmente piace la collaborazione con la Farmer, ma Hawks non dura a lungo. Il regista discute troppo animatamente con alcuni colleghi e viene sostituito da William Wyler, che invece non ascolta per nulla i suggerimenti di Frances Farmer e vuol fare di testa propria. Nonostante le infinite difficoltà il film viene completato e ha un successo talmente esplosivo che Frances Farmer viene acclamata come una nuova Greta Garbo.

La fama cresce ma l’insoddisfazione di Frances è costante. Sostiene che i ruoli che le vengono assegnati sono deboli, e che la sua bellezza è strumentalizzata e mette in ombra il suo talento come attrice. Le discussioni con i registi riguardo la natura dei personaggi che deve interpretare diventano la norma, come quando recita a fianco di Cary Grant nel film “The Toast of New York”.

Intanto Frances e il marito si allontanano e lei riprende a recitare a teatro.  Accetta vari ruoli durante un Summer Stock che va in tournée sulla costa a ovest degli Stati Uniti, dove viene notata da Harold Clurman, direttore del Group Theatre, e dal drammaturgo Clifford Odets, che gli offrono il ruolo di protagonista della loro rappresentazione “Golden Boy”. Frances Farmer è entusiasta, accetta la parte e inizia una relazione amorosa con Odets, già sposato con l’attrice Louise Rainer. Fu grazie al lavoro di Frances che Golden Boy divenne la produzione più importante del Group Theatre fino ad ottenere un ottimo successo anche a livello nazionale. Quando Odets tronca bruscamente la loro relazione e sveglie un’altra attrice per il ruolo Frances è a pezzi, e matura l’idea che Odets fosse interessato solo alla sua fama e non avesse nessun interesse per lei. Dopo questa delusione Frances comincia a bere e diventa una fumatrice accanita.

Frances torna a Los Angeles e riprende la relazione con il marito, Leif Erikson, e i due si riconciliano, anche lavorativamente. A 25 anni Frances Farmer è giovanissima e rimane incinta, ma Erikson la convince ad abortire adducendo la motivazione che un figlio possa rallentare le loro carriere. Le conseguenze sono devastanti. In seguito all’aborto Frances non può più avere figli e divorzia immediatamente da Erikson, un colpo mentale che devasta la condizione mentale dell’attrice.

Dopo poco tenta ancora la via del teatro, ma Frances sfoga le sue difficoltà nella bottiglia e viene licenziata, praticamente subito. Avere a che fare con lei in quel periodo significa andare incontro ad un litigio assicurato. La parabola finale della sua carriera la imbocca nel 1942, quando dopo aver lavorato con Tyrone Power, nel film “Son of Fury” viene licenziata dalla Paramount  per aver rifiutato un ruolo nel film “Take a Letter Darling”.

Il mondo è in guerra e Frances è sempre più instabile. Viene fermata dalla polizia a Santa Monica perché guida con gli abbaglianti accesi in una zona che deve restare al buio a causa della guerra.  In più è ubriaca, senza patente e a un certo punto l’attrice dice al poliziotto “mi annoi” e sgomma via. Dopo che l’hanno riacciuffata i poliziotti portano Frances in caserma e qui il suo comportamento va completamente fuori dalle righe. Quando le chiedono quale sia la sua occupazione risponde in un modo esageratamente volgare, e la scenata in stazione di polizia è da cinema. Frances trascorre la notte in guardina e viene multata per 500 dollari, di cui ne paga subito la metà e viene messa in libertà vigilata, con la patente sospesa. Poco tempo dopo Frances viene arrestata per non aver pagato l’altra metà della multa, e negli stessi giorni una parrucchiera della Paramount la denuncia, sostenendo che l’attrice l’ha aggredita con una spazzola e le ha slogato la mandibola.

Frances Farmer nel momento dell’arresto:

E’ il gennaio del 1943. Frances viene portata a forza al processo e il suo comportamento è totalmente fuori dalle righe. Oltre alle risposte irriverenti tira un calamaio addosso al giudice che la sta interrogando. La punizione per queste sue condotte fuori dalle righe è di 180 giorni di carcere. Mentre viene scortata fuori dall’aula del tribunale grida “Hai mai avuto il cuore spezzato?”. Una frase che dice tutto riguardo il suo stato d’animo.

Sotto, Frances Farmer nel 1943 durante il processo:

L’attrice evita la prigione grazie all’intervento della famiglia, ma ormai è evidente che ha bisogno di cure, che non ce la fa più da sola, e viene ricoverata nel reparto psichiatrico dell’ospedale di Los Angeles, il 20 gennaio 1943, dove le viene diagnostica una depressione maniacale. L’attrice viene trasferita all’istituto psichiatrico Kimball Sanitarium, le vengono somministrate delle dosi di shock insulinici per 90 giorni e cade in coma diverse volte. Frances trascorre 8 mesi al Sanitarium, e capisce che ormai non può più continuare a fare l’attrice, ha assoluto bisogno di stabilità.

Il 23 marzo 1944 Frances viene ricoverata presso il Western State Hospital a Lakewood, nello stato di Washington, dove per 3 mesi è sottoposta a un trattamento sperimentale di elettroshock che le fa perdere la memoria, lasciandola in uno stato confusionale.

Il Western State Hospital dove venne rinchiusa:

Frances viene dimessa ma ormai non c’è più molto di lei. Torna dalla madre, ma questa la fa ricoverare nuovamente al Western State Hospital nel 1945, dove rimane per i successivi 5 anni. Durante questo ricovero alcuni sostengono che viene sottoposta a lobotomia frontale, un intervento scoperto pochi anni prima ma già molto diffuso per i casi estremi di irascibilità, ma non ci sono prove concrete dell’operazione e la clinica smentì l’operazione alla ragazza. Anche la famiglia, in testimonianze successive, garantisce che Frances non era stata sottoposta all’intervento, probabilmente inventato da William Arnold per il suo libro “Shadowland”.

Nel 1950 Frances esce dall’istituto e ha la forza di ricominciare. Trova lavoro presso la lavanderia del Fairmont Olympic Hotel, lo stesso dove aveva girato il film “Ambizione” nel 1936. Nel 1954 sposa un ingegnere, Alfred Lobley, ma il matrimonio dura pochissimo. La Farmer parte per la California dove trova impiego come segretaria, e lì rimane fino al 1957. Qui incontra l’agente televisivo Leland Mikesell, con il quale intreccia una relazione, e lui la convince a tornare a recitare.

Frances Farmer ricomincia a comparire in pubblico, si esibisce cantando all’Ed Sullivan show ma l’apparizione più significativa durante questa fase è quella al programma “This is Your Life” di Ralph Edwards.

Una fotografia del 1938 in cui Frances Farmer mostra la differenza della sua espressione:

Le proposte di lavoro cominciano ad arrivare e Frances accetta la parte in una rappresentazione teatrale in Pennsylvania. L’ultimo film della Paramount in cui compare è “Party Clasher” del 1958.

La sua carriera sembra avere un nuovo inizio. Un’emittente locale di Indianapolis le offre la conduzione di un programma televisivo, “Frances Farmer Presents”, che porta avanti per circa 5 anni, ma poi, inesorabile, torna la caduta verso il baratro. Nel 1963 divorzia da Mikesell, ricomincia a bere e il suo comportamento, iracondo, instabile e irriverente, la porta all’inevitabile licenziamento.

Nel 1968 si converte definitivamente al cattolicesimo, e poco dopo gli viene diagnosticato un cancro all’esofago. Muore il 1° agosto del 1970 presso il Community Hospital di Indianapolis.

La Farmer nel 1958:

Il ricordo di Frances Farmer

L’attrice, Jean Ratcliffe, amica di Frances nel 1972, fece pubblicare l’autobiografia di Frances Farmer con il titolo “Will there be a Morning? An autobiography by Frances Farmer”. Il volume fu il risultato di alcune audiocassette che Frances aveva cominciato a registrare per una giornalista che avrebbe dovuto scrivere della sua vita, ma il progetto fu abbandonato dopo la morte di Frances. E’ in quest’autobiografia che Frances rivelò dettagli spaventosi riguardo gli anni trascorsi nelle strutture psichiatriche che lei definì come “un’incarcerazione brutale”. Dichiarò di essere stata maltrattata e brutalizzata in diversi modi, fu costretta a comportasi da schiava sessuale per i medici e gli inservienti delle strutture, fu assalita dai topi, costretta a mangiare cibo avariato, incatenata, immobilizzata con le camicie di forza e immersa in acqua ghiacciata.

Ratcliffe fu accusata di avere scritto l’intera biografia dell’amica/attrice scomparsa per mero scopo di lucro, ma la donna ma si difese sostenendo di aver redatto solo la parte finale che riguardava la morte dell’amica Frances.

In ricordo di Frances, la sorella scrisse la biografia intitolata “Look back in love” pubblicata nel 1978, e nel 1982 uscì un film semplicemente intitolato “Frances”.

Sotto, una clip dal film Frances:

Il cantante dei Nirvana, Kurt Cobain, originario di Seattle, fu colpito profondamente dalla storia di Frances Farmer, e scrisse la canzone intitolata “Frances Farmer will have her revenge on Seattle”, nell’album In Utero del 1993, e un’altra intitolata “Letters To Frances”, inclusa nella collezione Montage of Heck. Cobain fu tanto colpito dalla storia di Frances da immedesimarsi completamente nella storia dell’attrice, tanto che fece indossare a Courtney Love un abito verde appartenuto a Frances in occasione del loro matrimonio.

Se Frances Farmer abbia avuto la sua vendetta non si sa, scrive Cobain:

Tornerà come fuoco per bruciare tutti i bugiardi
e lasciare una coltre di cenere sul terreno

Quel che non si può negare è che Frances abbia tentato di ribellarsi ai canoni di comportamento della società americana di inizio ‘900 da subito, da quando a 14 anni scrisse che “Dio è morto” e venne accusata di essere comunista. Durante la sua carriera incantò con la sua bravura e la sua bellezza, ma per le ribelli di un tempo il destino era spesso quello di finire a fare le schiave sessuali in uno squallido manicomio.


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