Lo scià Nasser al-Din Shah Qajar fu tra i più longevi sovrani della Persia dal 1848 al 1896 quando venne assassinato. Per il suo tempo e per la sua cultura fu tra i più attivi modernizzatori del mondo islamico.
Per nulla conosciuto in occidente, viene ancora ricordato in oriente per essere stato il primo a pubblicare i propri diari e per aver portato la fotografia in un paese islamico, una delle pratiche (quella della riproduzione della forma umana) vietata dalla tradizione coranica, ancor oggi.
Divenne quindi il più grande mecenate della fotografia in Persia (attuale Iran); dopo aver portato una delle prime fotocamere in Iran, provvide a fotografare i suoi familiari, gli assistenti, gli eunuchi, gli animali domestici e anche se stesso, con uno zelo encomiabile da fotografo appassionato. Istituì inoltre un gabinetto di ripresa con tre fotografi di corte e uno studio fotografico pienamente funzionante, permettendoci di avere ancor oggi una straordinaria e ricca testimonianza fotografica della Persia.
Basandosi su questa tradizione, la fotografa e artista con base a Teheran, Shadi Ghadirian, appartenente alla moltitudine di fotografi iraniani che continua ad attingere dalla forte tradizione di produrre immagini nello stile che Naser al-Din ha aiutato a costruire, quasi 200 anni or sono, ha prodotto questa splendida serie fotografica.
Era solo uno studentessa presso l’Università di Azad quando è venuta in possesso di foto e di ritratti fatti in studio del 19° secolo di donne e uomini della famiglia al Qajar, molte delle quali vennero prodotte sotto il regno dello Scià Nasser, e che oggi sono conservate presso il Museo Nazionale della Fotografia a Teheran. Le foto, paragonabili a vere e proprie opere pittoriche, con le loro ricchezze di dettagli, i fondali dipinti e pose, per il tempo, fin troppo audaci, bloccarono affascinando la mente di Ghadirian, la quale alla fine decise di continuare ad adottare lo stile di questa fotografia per il suo progetto di tesi.
Da quanto essa stessa ammesso: “Ho voluto mostrare i contrasti esistenti e, le contraddizioni per le giovani generazioni di donne iraniane, quindi ho messo in contrasto l’uso originale delle pose e combinato con gli elementi della vita di oggi“.
Il prodotto finale dell’approccio di Ghadirian è stata questa serie di foto acclamate dalla critica iraniana [prima] (occidentale poi, ma per questioni diverse) che, consiste in ritratti in uno stile storico familiare di donne vestite nello stile Qajar del XIX° secolo e adornate di oggetti di scena appartenenti alla vita attuale dell’artista. Molti degli elementi che i soggetti indossano o tengono in mano, come ad esempio una Pepsi o uno stereo, sono stati considerati tabù in Iran negli anni novanta e ancora lo sono in alcune zone, aggiungendo così un tocco deliziosamente anacronistico al lavoro.
Da notare che tutt’oggi l’anacronismo è rappresentato dalla pepsi, dagli occhiali, dallo stereo e non dal burqa o dal niqab che sono invece vivi e presenti nella cultura iraniana, oggi come nel 1800.
Il successo di questo lavoro è anche in gran parte dovuto al fatto che l’autrice sia stata storicamente molto precisa nella sua ricostruzione. “Ci sono tanti piccoli punti di riferimento, dalla posa per gli abiti, ai ritratti del 19° secolo in queste pose, ed è solo quando si prende familiarità con la storia della fotografia persiana che si può apprezzare l’attenzione dell’artista al dettaglio“. (Kristen Gresh curatore della mostra itinerante).
Questa serie fotografica non è recente, è stata esposta e pubblicata abbastanza ampiamente a partire dal 1998, continua però e fortunatamente a farsi viva con il pubblico di tutto il mondo. La qualità duratura del lavoro è il motivo per cui Kristen Gresh, curatrice presso il “National Museum of Women in Arts” a Washington, ha deciso di includerlo nella mostra, che oggi è presente intitolata “She Who Tells a Story” anche se è stato fatto quasi venti anni fa.
“Il lavoro solleva automaticamente un sacco di domande. Esso affronta la tensione tra il personaggio pubblico e la vita privata, con un senso dell’umorismo e che, credo, è una parte fondamentale di ciò che lo rende di successo“. (umorismo capibile per una mente non occidentale).
Inoltre pone domande e alcune volte anche sensate risposte, alle donne che vivono in occidente di come, quello che per loro è naturale e normale non lo sia per le donne che vivono fuori dall’occidente e, comunque vivono in una loro normalità.
Fonti: National Museum of Women in Arts – Wikipedia – National Geographic – Shadi Ghadirian