Tra il 1900 e il 1930, un venditore ambulante che sbarcava il lunario vendendo sementi nel Canton Ticino riuscì a realizzare la bellezza di 5.000 fotografie, incentrate sulla vita quotidiana della sua terra, la Valle del Blenio, all’epoca totalmente isolata. Roberto Donetta può essere considerato uno dei più grandi tra i fotografi svizzeri del ‘900, un outsider che morì in solitudine e miseria, nel 1932. I suoi pochi effetti personali furono venduti all’asta, ma il suo vero patrimonio, migliaia di lastre di vetro e stampe originali, furono dimenticate nella soffitta della Casa Rotonda, sfuggite alla distruzione solo perché nessuno ne aveva ricordo.
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Drammatiche, ironiche, divertenti, le penetranti immagini di Donetta sono molto di più di una documentazione storica della vita nel suo villaggio. Il fotografo autodidatta racconta la cronaca di un tempo in divenire, la vita arcaica della Valle e dei suoi abitanti, attraverso un’epoca di grandi cambiamenti, testimoniati con grande precisione e sensibilità.
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Le fotografie dimostrano che Donetta si reputava, come in effetti era, un artista, nonostante la vita difficile e faticosa che aveva sempre condotto.
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Di origini umili, nacque in una delle valli più povere della Svizzera, e fu costretto ad emigrare, come la maggioranza dei suoi compaesani; per qualche tempo si trasferì in Italia, poi a Londra, arrangiandosi come venditore di castagne e di sementi, per mantenere la sua numerosa famiglia (ebbe sette figli).
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La stessa attività la svolse anche quando si stabilì, nel 1901, nella piccola frazione di Casserio (nel comune di Corzoneso), sempre nella Valle del Blenio, dove rimase per tutto il resto della sua vita. Lungo una delle tante strade percorse, Donetta incontrò lo scultore Dionigi Sorgesa, che gli insegnò i primi rudimenti della fotografia, e gli prestò anche un apparecchio fotografico.
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Fu venditore ambulante e fotografo, un binomio che gli consentì di registrare tutti gli aspetti della vita quotidiana dei valligiani: matrimoni, funerali, battesimi, ma anche suonatori, macellai e fabbri che scherzano durante il lavoro, bambini che giocano nei boschi, un microcosmo che diventa palcoscenico del teatro della vita.
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Donetta non ebbe mai uno studio fotografico, andava in giro attraverso la valle con la macchina fotografica e sfondi portatili, realizzando magri guadagni grazie alle poche stampe che riusciva a vendere.
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Morì in solitudine, perché la famiglia lo aveva abbandonato già da alcuni anni, e in grave stato di indigenza, tanto da dipendere dall’assistenza pubblica del Comune di Corzoneso, che mise all’asta i suoi pochi averi per pagare le spese del funerale e alcuni vecchi debiti.
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Solo le 5000 lastre di vetro rimasero invendute – quindi nella disponibilità del Comune – e dimenticate nella soffitta della casa dove Donetta fu ospitato nell’ultimo periodo della sua vita: la Casa Rotonda, costruita nel 18° secolo come scuola, per volere di un vescovo nato nella valle. In mancanza di alunni, la casa fu trasformata in abitazione, e oggi ospita l’Archivio Donetta, l’eredità di un artista vagabondo, che mai avrebbe potuto immaginare quanto incanto e stupore suscitino, dopo un secolo, le proprie fotografie.
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