Ortaggi sinuosi, magnificenti, narcisi, dai colori vividi ma introversi. Frutti dall’aspetto morbido paragonabili a “Bombe di dolcezza”. Nature “vive”o morte che fanno intuire quanto “il cibo sia buono da pensare”. A dirlo fu Lèvi Strauss, a mostrarlo è la rassegna intitolata FoodGraphia. Leitmotiv? Caldeggiare il bello e il buono del connubio fra arte e cibo.
Foto di copertina: “Capitata Rubra” di Raffaele Mariotti
Il cibo imperversa ovunque, anche a Palazzo del Senato dal 18 al 28 Gennaio. Uno scrigno di tesori in centro a Milano, che apre le proprie porte alla kermesse consacrata all’arte e alla fotografia, pianificata da Formapensiero, Starring e ShootFood ed Italia a Tavola, media partner della mostra.
Sotto, La Vicciria di Maurizio Galimberti:
Si tratta di una carrellata di circa cinquanta fotografie, provocatorie ed irreverenti quanto basta, che con le loro dotte pennellate di luce, ombra, e colore presentano il cibo nella sua versione primordiale, fino a lambire i confini del surrealismo. Come la Scorpacciata di nuvole di Titì e il suo fantastico mondo in una scatola, “dalle pareti di mare e dal coperchio di cielo”.
Il cibo è anche cultura. A tal proposito non è un caso del tutto fortuito che i promotori della rassegna, Serenella Bulgari di Formapensiero e Angelo Cucchetto di Starring, abbiano scelto di ambientare FoodGraphia nel seminterrato della sede dell’Archivio storico di Milano.
Che il Pacchero Solitario di Rodolfo Pompucci e La Vucciria di Maurizio Galimberti, così come tutto il repertorio in mostra a FoodGraphia, siano metafora del nostro Paese?
A detta di Pasquale Diaferia, creativo e autore di famose pubblicità, ovviamente sì: “La scelta della location non è stata casuale. In Italia c’è un enorme talento che giace sottoterra, e nessuno, né le imprese né i critici né i giornalisti sono mai stati in grado di portarlo alla luce. E’ vero, la mostra parla di cibo ma tra le righe è metafora del nostro Paese, fulcro di un talento diffuso e straordinario ma che non viene messo a sistema per mille ragioni. FoodGraphia raccoglie circa cinquanta fotografie che potrebbero essere cinquanta simboli valoriali di aziende, e nessuno ha mai pensato di usarle”.
Quello di Diaferia sembra essere un appello accorato: “Viviamo nella nazione con la più alta concentrazione di talento per metro quadro. La creatività è una risorsa economica prima ancora che culturale. Siamo i migliori creativi del mondo: abbiamo fatto la storia della moda, del cinema e della letteratura. Proviamoci ancora una volta”.
A Palazzo del Senato a raccontare questo viaggio dentro il senso del cibo c’è anche Serenella Bulgari che, completamente rapita dalle opere in mostra, spiega, interpreta e chiarisce: “Sembra impossibile che certi soggetti, apparentemente banali, possano essere utilizzati come focus di un’opera d’arte mentre invece hanno un appeal proprio perché semplici e banali non sono. Ci sono “quadri”che parlano da soli, altri che vanno capiti, altri ancora che sono degli ossimori. D’altronde l’interpretazione dell’opera è sempre lasciata al pubblico”.
In particolare la Bulgari, di tutte le fotografie in allestimento, adora il loro saper essere materiche, il loro saper andare oltre dal cogliere il mero attimo: “Sono molto vicine allo stile della pittura. Alcune forme sono così reali che sembra di poterle toccare. A volte si tratta solo di una giusta apposizione di oggetti che però hanno in sé una poesia tale da creare qualcosa di sorprendente. La fotografia viene vissuta come la sorella povera delle altre forme d’arte, io sto imparando che non è così”.
Tutte le fotografie sono riprese dal sito ShootFood.it, contenitore web delle opere di FoodGraphia.