Federico da Montefeltro: la storia dei ritratti del Duca Sfregiato

Il Dittico di Montefeltro è uno dei più famosi ritratti del Rinascimento italiano. Fu dipinto nel 1465 circa da Piero della Francesca su commissione di Federico di Montefeltro, signore di Urbino, e oggi è conservato alla Galleria degli Uffizi di Firenze.

Il dittico è un doppio ritratto e nasconde una storia che non tutti conoscono.

Piero della Francesca, Dittico di Montefeltro, Galleria degli Uffizi, Firenze

E’ un dipinto a olio in colori brillanti e mostra i volti di un uomo e una donna di profilo, rivolti uno verso l’altro. A destra Federico da Montefeltro, con cappello e veste rossa, difronte a lui sua moglie Battista Sforza, pallida, con una acconciatura complicata, ricche vesti e gioielli.

Il busto dei due coniugi ha come sfondo un paesaggio visto dall’alto (acque, campi, strade e villaggi e all’orizzonte una catena di monti, probabilmente gli Appennini), invece il loro profilo si staglia netto sul cielo azzurro. Battista è pallida, ha la fronte ampia e un’espressione pacata. Federico, di carnagione più scura, capelli crespi nerissimi, ha un profilo molto strano: la parte del naso all’altezza dell’occhio (il ponte nasale) è schiacciata e rientra in modo innaturale con una forma a L rovesciata.

Non può certo essere un errore del pittore: Piero della Francesca fu uno degli artisti più dotati della sua epoca, e in aggiunta amico personale di Federico.

Lo stesso Piero della Francesca ritrasse un’altra volta Federico di Montefeltro, come donatore, nella Pala d’altare oggi a Brera: lo vediamo inginocchiato ai piedi della Madonna e dei Santi, con addosso l’armatura ma senza l’elmo (e mezzo calvo), a mani giunte. Sempre preso da destra, sempre con il suo profilo sagomato.

Piero della Francesca, Pala di Brera, particolare, Gallerie di Brera, Milano

Stesso particolare in altri dipinti: in uno Federico è con il figlio Guidobaldo, e sembra forse un po’ più vecchio, con i capelli meno neri, la pelle meno fresca, ma lo stesso inquietante naso.

Sotto, Federico di Montefeltro con alle spalle il Palazzo di Urbino (opera di pittore ignoto, allievo di Pedro Berruguete):

Pedro Berruguete, Federico da Montefeltro con il figlio Guidobaldo, Galleria Nazionale delle Marche, Urbino:

Ma qual è il motivo di questo particolare anatomico? E perché Federico venne ritratto sempre nella stessa posizione?

La spiegazione è che Federico non poteva essere ritratto né di fronte né da destra: in un incidente durante un torneo una lancia gli era penetrata nell’elmo e gli aveva perforato l’occhio. Da alcune descrizioni sappiamo che la palpebra gli era rimasta pendente e che si vedeva solo il bianco del bulbo oculare.

Federico avrebbe potuto rimanere ucciso, invece aveva solo perso l’occhio destro. Secondo le teorie più antiche, pur essendo rimasto sfregiato, non voleva che questa menomazione lo limitasse troppo, soprattutto in battaglia: per avere un campo visivo più ampio, si era fatto rimodellare il naso in modo che opponesse meno ostacolo all’occhio che gli era rimasto.

Queste supposizioni sono state però screditate durante gli studi degli anni ’70 e ’80, che hanno identificato in un unico colpo di lancia il responsabile sia della perdita dell’occhio sia della rottura del naso.

(Ringraziamo per la correzione sopra il Prof. Francesco M. Galassi, che ha allegato anche un interessante lavoro sui suoi studi sulla Gotta del Duca Federico da Montefeltro).

Nonostante la praticità dell’avere un naso modificato, un interrogativo è intrigante:

Perché i pittori di corte invece di dissimulare questo difetto lo dipingono in modo così riconoscibile?

Invece di nascondere il difetto fisico, Federico da Montefeltro lo accentuò e ne fece il suo marchio distintivo.

I suoi contemporanei, che erano al corrente della vicenda, quando vedevano il suo ritratto non solo conoscevano il motivo del naso tagliato, ma richiamavano alla mente (o immaginavano facilmente) il suo intero volto deturpato e non potevano fare a meno di ammirare il suo coraggio.

Anche Federico, però, doveva avere le sue paure: ce lo rivela una lettera scritta al suo medico personale durante una campagna militare. Il duca era tormentato dalla gotta, il dolore a un piede non lo lasciava dormire di notte, era preoccupato, pentito di non avere rispettato la dieta rigida che il medico gli aveva prescritto, deciso a seguirla pur di liberarsi dal tormento.

Fragilità private che non potevano essere mostrate in pubblico, in un’epoca in cui la politica era gestita in modo spregiudicato, in cui un uomo di potere doveva apparire sprezzante di ogni fatica e di ogni pericolo, e doveva essere disposto a fare della ferocia il suo riferimento estetico.

Ricostruzione moderna del volto di Federico da Montefeltro. Fotografia dell’Università di Urbino:

Tutte le immagini sono di pubblico dominio.

Federico, fra Arte, coraggio e spregiudicatezza

Federico da Montefeltro vive un’esistenza senza dubbio aggressiva, e passa dall’essere un semplice figlio illegittimo di Guidantonio da Montefeltro, destinato a un futuro di modesto cabotaggio come signore di una piccolissima corte umbra, a grande mecenate rinascimentale, uno fra i principali condottieri militari di quel periodo e faro di un’epoca complessa nell’Italia delle signorie. Federico cresce lontano dalla corte di Urbino a causa della presenza del fratellastro, il legittimo Oddantonio, viene mandato come ostaggio prima a Venezia poi Mantova per volere del padre, in garanzia di trattati politici che aveva stretto, e poi diventa un piccolo signore locale, a Mercatello, grazie al matrimonio con Gentile Brancaleoni, che sposa nel 1437. Federico ha più o meno 15 anni, è ancora un ragazzino ma è già stato ordinato cavaliere, e sa che la sua vita trascorrerà sui campi di battaglia.

Nel 1444, Federico ha 22 anni, il fratellastro Oddantonio viene ammazzato a Urbino, Federico arriva in città e viene acclamato signore. Naturalmente dietro la morte della vittima si potrebbe celare il complotto del fratello, anche se prove, oltre le supposizioni, per ora non sono saltate fuori, e credo che 6 secoli siano stati sufficienti per trovarle…

Dopo la morte di Oddantonio Federico è signore di Urbino e di un’infinità di altri castelli e paesi della zona, e il papa da Roma prima lo scomunica, perché compra una signoria da Galeazzo Malatesta signore di Rimini, poi inizia a collezionare cariche e titoli ecclesiastici da far invidia a tutti gli altri signori rinascimentali. Prima diventa Vicario Apostolico, poi più tardi, nel 1474, Cavaliere di San Pietro, poi consigliere papale e così via. Curioso che un uomo di grande religiosità come Federico sia morto in una battaglia combattuta proprio contro la chiesa, ma questo lo vedremo fra poco.

Nel 1446 sventa una congiura, ordita dai soci del fratellastro Oddantonio morto poco prima, fa decapitare tutti i congiurati e ristabilisce l’ordine. Poi rade al suolo Fossombrone, nel 1447, che si era ribellata al suo dominio, e poi dedica parte della sua vita alla lotta contro Sigismondo Pandolfo Malatesta, signore di Rimini, del quale alla fine ha completa ragione. Il nobile riminese aveva ordito tutti i complotti per rovesciare l’ordine di Federico, e il Conte di Montefeltro si vendica nel modo più cruento: gli prende tutti i territori vicini alla città eccetto Rimini stessa. L’epilogo avviene nel 1462, durante la battaglia del Cesano, quando i riminesi vengono attaccati di notte dalle truppe urbinati. La posta in palio è alta: i domini delle città della marca di Ancona che Sigismondo aveva sottratto al Papa. Sigismondo Malatesta è preso alla sprovvista ma reagisce prontamente, contrattacca e sembra avere la meglio, ma in aiuto di Federico arriva Napoleone Orsini, al soldo del Papa, che sbaraglia l’esercito romagnolo e consegna la vittoria a Federico.

La sconfitta di Sigismondo, fra le altre cose, segnerà abbastanza definitivamente anche la divisione fra l’attuale regione della Romagna, (si perché noi qui in Romagna ci consideriamo regione, l’Emilia è cosa a parte, non c’entra niente e non san fare né i cappelletti né la piadina) e le Marche. Il Papa in breve tempo riprenderà Senigallia e Fano, e Rimini costituirà il confine sud della Romagna, anche se linguisticamente la nostra regione si estenderebbe un po’ più giù verso le Marche. Federico vince Sigismondo, anche se con molta fortuna e aiutato da Orsini, e si assicura un proseguo molto più tranquillo rispetto ad avere accanto un vicino costantemente sul piede di guerra.

Il Duca di Urbino però è comunque sempre in guerra, e negli anni successivi partecipa a tante battaglie e scontri, ovviamente da protagonista. Nel 1472 conquista Volterra per conto di Firenze, nel 1478 ordisce insieme a Papa Sisto IV la congiura dei Pazzi di Firenze, ne abbiamo parlato in un lunghissimo video dedicato che ho girato proprio a Firenze, e poi è in campo nel 1482, accanto a Ferrara, Firenze, Napoli e Milano contro il Papa stesso e Venezia durante la guerra di Ferrara, o guerra del sale. Ed è qui che Federico si accomiata dalla vita terrena. Lui che è sopravvissuto a uno scontro mortale contro una lancia che gli ha frantumato il naso, lui che ha sfidato gli eserciti di mezza Italia nulla può contro la malaria, che se lo porta via il 10 settembre del 1482.

Lascia dietro di sé una biblioteca immensa, che servirà da base per la biblioteca apostolica vaticana, molti figli naturali, tutti riconosciuti, una città, Urbino, che a mio parere è una delle più belle d’Italia, sembra quasi il dipinto della città ideale conservato proprio a Urbino, e ci rimane anche il suo famoso ritratto con la seconda moglie Battista Sforza, la più amata, in cui a noi moderni appare come uno sfregiato, una persona menomata. Ma quel ritratto Federico lo commissiona a Piero della Francesca in un periodo che nulla ha a che vedere con quello contemporaneo: dove noi ci vediamo un uomo menomato i suoi contemporanei vedevano un eroe, un uomo con un coraggio da mettere in fuga 100 soldati solo con il suo sguardo, un condottiero tanto famoso da essere soprannominato “La luce dell’Italia”.

Paola Moro

Vivo in un paese di campagna, dove l’orizzonte piatto fa sembrare il mondo senza confini. Insegno italiano e latino in un Liceo. Amo i gatti. Leggo qualunque cosa, cammino e d’inverno nutro i pettirossi. Scrivo per condividere ricerche, pensieri, curiosità.