Le fate: magiche creature di cui abbiamo sentito parlare sin da piccoli e, negli ultimi anni, cinema e tv (su tutti, le fortunate trilogie del Signore degli Anelli e Hobbit tratte dalla penna “fatata” del visionario Tolkien) ce le hanno portate davanti agli occhi. Dal punto di vista geografico, le leggende riguardanti le Fate si diffusero soprattutto nei territori abitati dai Celti, l’antica popolazione che, prima dell’arrivo del dominio di Roma dominò gran parte dell’Europa centro-settentrionale.
Sotto, l’area di diffusione della cultura Celtica all’apogeo della civiltà, durante il III Secolo a.C. circa:
Tra le aree dove si ritrovano più numerose le leggende di fate c’è la Scozia e, in particolare, le sue Terre Alte, le Highlands. Non potrebbe esserci habitat più adatto per le Fate. Personalmente ho visitato e “vissuto” le Highlands per tre volte e, spesso, ho avuto la netta sensazione di trovarmi in quello che sarebbe corretto definire:
Un mondo a parte
E’ certamente una terra magica e senza tempo, perfetta per isolare i gruppi umani e tenerli nascosti tra le spire della natura. Un ambiente selvaggio, disseminato di vaste brughiere e minacciose paludi, segnato da muscolose montagne e frastagliate dorsali che si gettano sul mare, penetrato dal ghiaccio che, aggredendo la roccia, in tempi remoti creò profondi fiordi.
Sotto, dipinto di Ivan Kramskoi del 1871 – Spiriti del Lago
Le Highlands poi, soprattutto, sono il regno della Nebbia e della Pioggerella Fine (drizzling rain) che ovattano i suoni e limitano la vista. Ma che, per certo, fanno aumentare la “vista interiore” e l’inclinazione alla credenza nel Fantastico. Ancor oggi nello slang scozzese è viva l’importanza delle Fate: “è andato via con le fate” si dice per definire uno che si comporta in modo insensato, “fare una fata” per ripudiare qualcuno e “che vede le fate” per indicare una persona misteriosa.
Sotto, dipinto del XVIII secolo che mostra alcuni spiriti del bosco:
Le Fate, oltre che sensuali ed eteree creature femminili, potevano intendersi come elfi o gnomi dotati di prodigiosi poteri, dimoranti in luoghi sotterranei e remoti. Sulla loro origine si hanno svariate e fantasiose interpretazioni: alcuni le ritenevano qualcosa di simile ad “angeli caduti dal cielo”, altri anime dei morti, altri ancora Tuatha Dè Danann (mitica popolazione irlandese cacciata nelle viscere della terra da successivi conquistatori).
Sotto, i Tuatha Dé Danann raffigurata in “Riders of the Sidhe” di John Duncan (1911):
Esiste un’affascinante teoria sostenuta, in particolare, dallo studioso di folklore celtico-indoeuropeo J. G. Campbell. Questi esseri sarebbero i superstiti di native popolazioni (ad esempio i Sami della Scandinavia e i Baschi di Spagna) che vennero relegate ai margini dai conquistatori Celti provenienti da Oriente.
Una possibile prova della sovrapposizione tra Fate e popolazioni autoctone sarebbe l’espressione “toccare ferro” contro gli influssi maligni e il mettere ferro nelle culle dei bambini. “Toccare ferro” deriverebbe dall’armamento in metallo dei Celti grazie al quale riportarono la vittoria contro gli originari popoli nativi che ne erano sprovvisti, dando così inizio alla credenza che il ferro tenesse lontano il male.
Posizionare un oggetto di ferro vicino alle culle aveva lo scopo di tenere lontano le Fate “rapitrici di bambini”, minerale di cui avevano il terrore
Per quanto riguarda i Sami, tipico è il loro vestito di pelle di renna e similmente la Fata, ogniqualvolta cambiava forma, di solito prendeva le sembianze di un cervo. Infine, nella celtica isola di Man (tra Inghilterra e Irlanda), la credenza che i primi abitanti dell’isola fossero le Fate è stata molto forte sino all’800.
Sotto, due persone del popolo Sami, famosi allevatori delle Renne nordici:
In Scozia si pensava che le loro dimore fossero le shi-en “Le colline delle Fate” (ancor oggi sopravvissute nei detti popolari), non troppo distanti dai villaggi e, quindi, in stretto rapporto con gli uomini. Vicino a Glasgow c’è la Carmylie Hill, un tumulo con il nome “collina del Popolo Incantato” dove, si tramanda, le Fate danzino allegramente durante la notte. Ad Aberfoyle (Highlands Centrali) vi è la Doon Hill, dove il reverendo Robert Kirk nel 1692, anno della sua morte, si fantastica sia stato trasportato nel regno delle Fate. La sua tomba di arenaria rossa, si dice, sarebbe piena di sassi.
Sotto, Doon Hill:
Nelle isole Shetland, ad Haltadans, vi è un grande circolo di pietre – tipo Stonehenge – denominato “Danza Zoppicante”, dove le Fate sarebbero abituate a ballare alla luce della luna.
Un giorno danzarono fino all’alba e così, per punizione, vennero trasformate in pietre
Com’erano le Fate
Le Fate vengono immaginate di piccola statura, vestite di verde o rosso e intente a occupare la giornata svolgendo le stesse mansioni degli uomini. Tuttavia poteva essere molto pericoloso incontrarle, dato che nel restare in loro compagnia si perdeva la nozione del tempo e si rischiava di “invecchiare” centinaia di anni senza accorgersene (non poche storie raccontano di persone che, intrattenendosi a ballare con le Fate, fossero poi tornate a casa per non trovare più alcuna abitazione, essendo trascorsi addirittura secoli!). Famosi erano anche i loro cù sìth “cani fatati” (di grossa taglia e di color verde scuro) che montavano la guardia oppure se ne andavano erranti per desolate brughiere.
I latrati di tali creature erano assai temuti perché, se uditi per tre volte, si riteneva fossero un presagio di morte
Le Fate potevano anche essere nunzi di morte (bean nighe), come si nota nella famosa storia del “Cavaliere senza Testa”. Nel ‘500, a Lochbuie nell’isola di Mull (chiamata l’isola delle Tenebre per la sinistra fama delle sue streghe), Ewen MacLaine stava cercando di uccidere il padre Iain “Lo Sdentato” per strappargli la leadership sul clan. Quest’ultimo, allarmato, chiese manforte al parente Hector MacLean di Duart per sventare la minaccia.
Secondo certe versioni del racconto il giovane Ewen, la sera prima della battaglia contro il padre Iain, stava cavalcando sulle colline di Mull quando, a un tratto, incrociò una bean nighe intenta a lavare abiti su un ruscello. Avvicinatosi, notò con terrore che stava sciacquando la sua camicia inzuppata di sangue.
Il suo destino era ormai segnato
Il giorno dopo, nella battaglia di Glen Forsa, un colpo gli recise di netto la testa pur lasciandolo dritto sulle staffe, essendosi in precedenza legato alla sella per non venir sbalzato a terra nel combattimento. In seguito, il cavallo venne visto galoppare come impazzito per le colline e lungo le ripide scogliere. Da questo racconto nacque la leggenda del “Cavaliere senza Testa” che, in giornate nebbiose, veniva scorto scorrazzare per i glen dell’isola. E, quando questo capitava, entro poco tempo il capo clan dei Lochbuie sarebbe morto.
Le Fate potevano anche prendere la forma di donne che corteggiavano e venivano corteggiate oppure essere “rapitrici di bambini”, come si tramanda in una leggenda dei MacLeod dell’isola di Skye, luogo fatato per antonomasia. Skye vanta una Fairy Glen “Valle delle Fate” e un complesso di specchi d’acqua e cascate verdi e azzurre di nome Fairy Pools.
Sotto, le famose “Fairy Pools” di Glenbrittle, sull’isola di Skye:
Possiamo dire che, nell’immaginario collettivo delle aree celtiche d’Europa, persiste ancora la magica aura delle Signore dei Boschi perché non pochi continuano a percepirne il fascino e amano credere che queste fantastiche creature aleggino intorno a loro. Per quanto mi riguarda, in zone densamente boscose e remote di montagna tipo le Dolomiti e le Highlands… non posso negare che i miei “occhi della mente” abbiano viaggiato per sedurre e ingannare la mia razionalità.