Oggigiorno le notizie, si sa, corrono veloci in tutto il mondo e ognuno di noi le interpreta a suo modo. Sarebbe però un errore presumere che, senza l’attuale diffusione in tempo reale attraverso il web, fino a qualche decennio fa le notizie non trovassero un immediato riscontro tra il pubblico.
Rimane paradigmatico, per le implicazioni ancora molto attuali, il caso della trasmissione radiofonica di uno sceneggiato, “La Guerra dei Mondi”, diretto e interpretato da un giovanissimo (e già grandissimo) Orson Welles.
La vicenda è nota: il 30 ottobre 1938, alle ore 20, viene trasmesso dalla CBS un adattamento radiofonico di un romanzo di fantascienza di H.G. Wells, La Guerra dei Mondi, nel quale invincibili invasori provenienti da Marte vengono alla fine uccisi dai batteri presenti nell’atmosfera terrestre.
Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:
Copertina di La guerra dei Mondi – 1927
Immagine di pubblico dominio
L’estro artistico di Orson Welles si esplica in una trovata geniale: la vicenda viene narrata attraverso una serie di comunicati stampa e interventi “dal vivo” di presunti cronisti, che vanno ad interrompere i consueti programmi musicali. Tutta una serie di notizie sulla caduta di un meteorite nel New Jersey, che poi si rivela essere un astronave aliena pronta a scatenare un attacco alla Terra, viene diffusa in un crescendo drammatico:
“Signore e signori, è la cosa più terribile alla quale abbia mai assistito… Aspettate un momento! Qualcuno sta cercando di affacciarsi alla sommità… Qualcuno… o qualcosa. Nell’oscurità vedo scintillare due dischi luminosi… sono occhi? Potrebbe essere un volto. Potrebbe essere… [Urlo di terrore della folla].”
“Signore e signori, devo riferirvi qualcosa di molto grave. Sembra incredibile, ma le osservazioni scientifiche e l’evidenza stessa dei fatti inducono a credere che gli strani esseri atterrati stanotte nella fattoria del New Jersey non siano che l’avanguardia di un’armata di invasione proveniente da Marte.”
Tripode alieno in un’illustrazione di Henrique Alvim Corrêa dell’edizione francese del 1906
Immagine di pubblico dominio
Negli Stati Uniti si scatena il putiferio, almeno secondo quanto riportano i giornali del mattino seguente.
Già durante la trasmissione si diffonde il panico tra la gente, che si riversa in strada e gremisce le chiese in attesa della fine del mondo. Eppure, sia all’inizio sia alla fine del programma era stato comunicato chiaramente che si trattava dell’adattamento di un romanzo fantascientifico. Ma tant’è, ognuno ascolta solo ciò che vuole sentire.
Orson Welles, che si ritrova al centro di una pubblicità insperata, un po’ ci gioca con quella vicenda e dichiarerà, in una successiva intervista: “Furono le dimensioni della reazione ad essere sbalorditive. Sei minuti dopo che eravamo andati in onda le case si svuotavano e le chiese si riempivano; da Nashville a Minneapolis la gente alzava invocazioni e si lacerava gli abiti per strada. Cominciammo a renderci conto, mentre stavamo distruggendo il New Jersey, che avevamo sottovalutato l’estensione della vena di follia della nostra America.”
Tuttavia, analisi recenti di quanto veramente accadde quella notte sfata il mito di quel panico generalizzato, che avrebbe addirittura indotto al suicidio diverse persone.
In realtà non ci fu nessuna manifestazione di isteria generalizzata, nessun suicidio collegabile alla trasmissione, e probabilmente furono veramente pochi quelli che credettero a una reale invasione aliena.
Come nasce dunque la leggenda del grande panico?
La “colpa” è imputabile (almeno secondo analisi dei dati fatta negli anni scorsi da Jefferson Pooley e Michael J. Socolow, esperti di media e comunicazione) ai giornali dell’epoca, in guerra con le stazioni radio per motivi economici: gran parte degli investimenti pubblicitari erano stati trasferiti dalla carta stampata ai network dell’etere.
Quale migliore occasione di quella fornita dall’incolpevole Orson Welles, per gettare discredito sulle radio: le notizie da loro trasmesse sono inaffidabili, al contrario di quelle stampate sui giornali (!!). Il prestigioso New York Times è in prima fila in questa battaglia: esce un editoriale dal titolo “Terror by Radio”, dove di accusano i “funzionari radiofonici” di trasmettere programmi di “fantascienza raccapricciante, offerti esattamente nel modo in cui sarebbero state fornite le notizie vere”.
Editor and Publisher, una rivista di settore della carta stampata, rimarca: “La nazione nel suo insieme continua ad affrontare il pericolo di notizie incomplete e fraintese su un mezzo che deve ancora dimostrare… che è competente per svolgere il lavoro di [diramare] notizie.
Dopo quegli inquietanti articoli apparsi sui quotidiani del 31 ottobre, la leggenda sul panico generalizzato cresce a dismisura nel corso del tempo. Secondo questa narrazione della vicenda, praticamente tutti i cittadini statunitensi sarebbero stati sintonizzati sulla CBS, ma la verifica dei dati racconta qualcosa di diverso: le indagini sugli ascolti di quelli sera rilevava un modesto 2% per il programma di Orson Welles, nettamente battuto da uno spettacolo di varietà seguitissimo all’epoca.
Eppure, i giornali si riempiono di storie su migliaia di telefonate arrivate alle redazioni dei giornali (famosa sarebbe la domanda “a che ora è la fine del mondo?”, posta appunto da un ignoto ascoltatore al centralinista del New York Times) e su innumerevoli tentativi di suicidio. Si cita un anziano morto d’infarto, ma nessun nome viene però mai fatto, nessuna di queste notizie è mai suffragata da prove.
In realtà, in quella domenica sera d’autunno, la vita trascorre come sempre in tutte le città del Nord America. Lo affermano, nell’immediato e anche a distanza di tempo, molte persone che, trovandosi per strada in quelle ore, non notano nulla di diverso rispetto agli altri giorni. Eppure, il mito del panico dovuto alla “Guerra dei Mondi” ha continuato a persistere (ed è ancora ben presente negli Stati Uniti) come ammonimento sul potere dei media.
Lo stesso Orson Welles, tre anni dopo, realizza uno dei suoi capolavori, Quarto potere, che non a caso racconta, tra le altre cose, proprio della manipolazione dell’informazione da parte dei giornali (“Io sono un’autorità su come far pensare la gente” dice il protagonista Charles Kane).
Fotografia pubblicitaria del film Quarto Potere
Immagine di pubblico dominio
Se da un episodio di dichiarata fantascienza l’attenzione si sposta su un fatto reale che riguarda gli UFO, nell’accezione reale del termine – oggetti volanti non identificati – e presunti alieni arrivati sulla Terra, le cose non cambiano poi di molto, almeno per quanto riguarda la diffusione delle notizie.
Il caso più eclatante, conosciuto in tutto il mondo, continua dopo decenni ad essere quello di Roswell, negli Stati Uniti. Ma lungi dall’essere risolto, il mistero si aggroviglia tra false notizie e spiegazioni poco convincenti, come da protocollo quando c’è di mezzo (forse) qualche attività di spionaggio.
Una mappa dei luoghi dello schianto
Immagine via Wikimedia Commons – licenza CC BY-SA 3.0
L’incidente di Roswell è pressoché noto a tutti: nell’estate del 1947 (la Guerra Fredda è alle porte), nella notte tra il 2 e il 3 luglio per la precisione, un oggetto volante non identificato precipita in un campo del New Mexico, non troppo lontano (meno di un centinaio di chilometri) da Roswell, sonnacchiosa cittadina abitata per lo più da allevatori e militari di una base aerea.
Proprio un allevatore del luogo, William Ware Mac Brazel, trova nei terreni della sua fattoria dei rottami poco identificabili: lamine, asticelle di legno e lattice. L’uomo si fa forse influenzare dalle chiacchiere di paese che raccontano di dischi volanti nei cieli della contea, e ancor più, probabilmente, dagli avvistamenti riportati da un aviatore (Kenneth Albert Arnold) alla fine di giugno di quello stesso anno, a Mount Rainer, nello stato di Washington. Decide quindi, il 6 luglio, di portare personalmente (visto che nella zona non c’è ancora la linea telefonica) qualche reperto allo sceriffo del vicino villaggio, Corona.
Il tutore dell’ordine va sul luogo dello schianto insieme ad uomo vestito in borghese, che probabilmente è un militare. I due raccolgono altri rottami e redigono un rapporto dove si parla di “pezzi di gomma, stagnola, carta piuttosto robusta, asticelle di legno e un filo di nylon”, che evidentemente appartengono a un oggetto volante non identificato ma, come poi scritto in un articolo del CICAP a firma di Massimiliano Teso: “(…) Risulta inoltre difficile pensare che un’ipotetica astronave aliena possa essere costituita da materiale come gomma, stagnola, asticelle di legno di balsa e nastro adesivo.”
Il Roswell Daily Record del 9 luglio 1947
Immagine di pubblico dominio
Invece accade una cosa che ha dell’incredibile: l’8 luglio 1947 la Roswell Army Air Field (RAAF) dirama un comunicato stampa (poi diffuso tramite il giornale locale) dove si parla espressamente di un “disco volante”:
“Le numerose voci concernenti i dischi volanti sono finalmente diventate realtà ieri, quando il Reparto Informazioni del 509º Gruppo da Bombardamento dell’VIII Forza Aerea del Campo di Aviazione di Roswell ha avuto la fortuna di entrare in possesso di un disco con la collaborazione di un allevatore del posto e dello sceriffo della Contea di Chaves (omissis). L’Aeronautica è passata immediatamente all’azione e il disco è stato rimosso dalla casa dell’allevatore, quindi esaminato nel Campo di Aviazione di Roswell e infine inviato dal maggiore Marcel al quartier generale”.
E’ un ufficiale dei servizi segreti, Jesse Marcel, a condurre le indagini della RAAF sul presunto relitto alieno e sul luogo dello schianto.
Passa un giorno e subito quella straordinaria notizia viene smentita dalle Forze Armate: no, quei detriti non appartengono affatto a un disco volante (neologismo coniato dopo gli avvistamenti di Arnold), sono semplicemente i resti di un pallone meteorologico.
Il maggiore Jesse Marcel con i resti del pallone meteorologico

Tutto risolto dunque, e la notizia perde d’interesse, tranne che per qualche appassionato di ufologia. Torna però alla ribalta verso la fine degli anni ’70, quando Marcel dichiara che la storia del pallone sonda era una balla, raccontata per nascondere la vera natura di quei relitti.
Un pallone sonda meteorologico NOAA appena dopo il lancio
Immagine di pubblico dominio
Nel 1980 esce un libro, The Roswell Incident, dove si ipotizza che là, nel deserto del New Mexico, fosse precipitata davvero un astronave aliena, con relitti finiti nel ranch di Brazel e un assai più consistente reperto caduto nella Piana di San Augustin (circa duecento chilometri a nord di Roswell). Ma non solo, vicino all’astronave sarebbero stati recuperati i corpi di alcuni alieni. Nel 1995 compare un filmato dove apparentemente si vede l’autopsia effettuata sul cadavere di un alieno. Quel video è palesemente una bufala, come poi ammesso dal regista stesso, che però intanto lo ha venduto alle TV di mezzo mondo (RAI compresa).
Manichino esposto all’International UFO Museum di Roswell
Immagine di InSapphoWeTrust via Wikipedia – licenza CC BY-SA 2.0
Ma tant’è, la storia di Roswell e degli extraterrestri precipitati non perde di fascino e sono veramente in tanti a continuare a credere che il governo degli Stati Uniti abbia mentito.
E in questo hanno ragione: nel 1994 un rapporto dell’areonautica militare ammette che a Roswell non era precipitata una sonda meteorologica, ma un pallone spia che doveva controllare l’Unione Sovietica, con particolare riguardo alla possibile realizzazione della bomba atomica. La segretezza di quell’operazione aveva richiesto la diramazione di una falsa notizia. Un secondo rapporto, diffuso nel 1997, spiega che i presunti corpi degli alieni, quelli che la teoria ufologica vuole conservati nell’Area 51 in Nevada, altro non fossero che manichini usati durante un altro esperimento condotto nel 1950. La sovrapposizione delle notizie, e le confuse spiegazioni dei sostenitori della teoria aliena avrebbero portato a un intreccio tra due episodi diversi.
Da una parte quindi ci sono le spiegazioni razionali (ma quanto vere?) del governo statunitense, e dall’altra le varie teorie degli ufologi, che non sono concordi.
Qualcuno parla di un’astronave aliena, altri di due velivoli schiantatisi in due diversi luoghi del New Mexico in giorni diversi. Ma esistono anche ipotesi addirittura più sconcertanti:
– l’UFO di Roswell sarebbe stato in realtà una macchina del tempo, con a bordo uomini provenienti dal futuro (ipotesi del 1995);
– il relitto di Roswell era sì di un pallone sonda, ma con a bordo dei prigionieri di guerra giapponesi, poveri disgraziati usati per testare la reazioni del corpo umano all’alta quota (ipotesi del 2005);
– i relitti di Roswell appartengono ad un aereo sovietico inviato da Stalin negli Stati Uniti per disseminare il terrore nella popolazione locale, visto che a bordo ci sono esseri deformi (un po’ come avviene nella Guerra dei Mondi, quando i marziani escono dall’astronave), frutto degli esperimenti del famigerato medico nazista Josef Mengele (ipotesi del 2011).
Inutile dire che tutti gli assertori di queste stravaganti teorie hanno poi scritto un libro sull’argomento… che certo non è come diramare una notizia su un giornale, ma è comunque un buon mezzo di comunicazione (e profitto).