Di Evelyn McHale (1923-1947) non si sa molto: la sua era una vita come tante, divisa tra il lavoro da impiegata e le uscite con il fidanzato, i giochi con il nipotino e i preparativi per il suo matrimonio. Ma anche Evelyn, come tutti, aveva il suo lato oscuro, che prese il sopravvento su di lei in una nuvolosa mattina di maggio del 1947.
Evelyn McHale – Foto del diploma
Fonte immagine: findagrave.com
Il 30 aprile Evelyn era andata a trovare il suo fidanzato, Barry Rhodes, a Easton (Pennsylvania). Avevano trascorso la serata insieme, probabilmente per festeggiare il compleanno di lui. La mattina successiva, alle 7, Evelyn prese il treno per New York, la città dove viveva e lavorava, lasciando portare dal vento le sue ultime parole per il fidanzato, che non le afferrò, perché lei correva per salire sul treno.
Evelyn McHale con il nipotino
Fonte immagine: findagrave.com
Arrivò a New York verso le nove del mattino, e poi si diresse all’Empire State Building, facendo solo una sosta per scrivere poche righe d’addio. Qualche minuto prima delle 10.30, Evelyn comprò il biglietto per salire alla terrazza panoramica del grattacielo, all’86° piano. Intanto la vita si svolgeva come sempre nella 34° Strada: gente che camminava frettolosamente, persone sedute nei locali, automobili in sosta, un agente che dirigeva il traffico…

Proprio un agente, John Morissey, vide una sciarpa bianca che pigramente veniva giù, lasciata andare da uno dei piani alti dell’edificio. Non ebbe il tempo di pensare nulla, perché subito dopo sentì uno schianto, quello del corpo di Evelyn, caduto sul tetto di una limousine parcheggiata nella strada.
La fotografia di Evelyn è disponibile nel video di Vanilla Magazine qui sotto, oppure a questo link:
Robert Wiles, “studente di fotografia”, era vicinissimo al luogo della disgrazia: attraversò la strada e si trovò di fronte alla scena di un suicidio. Quattro minuti dopo lo schianto, Wiles fotografò la povera ragazza, realizzando un’immagine che è divenuta iconica: un solo scatto per fissare per sempre non l’orrore di una morte violenta, ma la grazia e la bellezza di una giovane donna che cercava pace. Sembra addormentata Evelyn, che con naturalezza stringe con la mano la collana di perle, e giace placidamente con le caviglie incrociate, mentre la misura della sua morte violenta è evidente nelle lamiere accartocciate e nei vetri rotti della limousine.

La fotografia di Wiles fu pubblicata sulla rivista Life il 12 maggio 1947, ed è conosciuta come “il più bel suicidio”, talmente significativa da ispirare Andy Wharol per la sua opera “Suicide:Fallen Body”.
Evelyn ottenne, con il suo gesto disperato, esattamente il contrario di ciò che avrebbe voluto: nel biglietto d’addio che lasciò scritto, chiedeva che il suo corpo non fosse mostrato alla famiglia, ma subito cremato, senza nessuna cerimonia funebre e nessuna lapide come ricordo. Evelyn fu effettivamente cremata, e non c’è una tomba dove qualcuno possa portarle un fiore, tuttavia, dopo 70 anni, la sua immagine ancora commuove e suscita interrogativi ai quali non è facile trovare risposta. Le poche righe d’addio non forniscono molte indicazioni:
“Non voglio che qualcuno della mia famiglia o estraneo veda alcuna parte di me. Potresti distruggere il mio corpo con la cremazione? Prego te e la mia famiglia: non fate per me alcun servizio (funebre), o una cerimonia di ricordo. Il mio fidanzato mi ha chiesto di sposarlo a giugno. Non penso che sarei una buona moglie per nessuno. Sta molto meglio senza di me. Dillo a mio padre, ho troppe tendenze di mia madre”.
Evelyn, una ragazza di appena 23 anni, aveva già attraversato momenti molto dolorosi, che evidentemente non era riuscita a superare. La sua era una famiglia numerosa (sette figli) ma agiata: il padre era un impiegato di banca che cambiava spesso città per lavoro. Probabilmente non furono i tanti trasferimenti a incidere sul carattere di Evelyn, quanto la situazione familiare: la madre soffriva quasi certamente di depressione, una malattia che all’epoca non fu probabilmente né riconosciuta né curata. Il disagio della donna portò alla fine del matrimonio: la coppia divorziò e i figli vennero affidati al padre. Nel 1944 la ragazza andò a vivere a New York con uno dei fratelli e la cognata; iniziò a lavorare come impiegata, e poi conobbe il suo fidanzato, Barry, con il quale aveva deciso di sposarsi nel giugno del 1947. Tutto sembrava scorrere tranquillo nella vita di Evelyn, ma lei non si sentiva a posto:
pensava di aver ereditato la tendenza alla depressione della madre, tanto che più volte espresse il timore di non poter essere una brava moglie
Nessuno può sapere quanta sofferenza e quanto dolore pesassero sulle giovani spalle di Evelyn, ma certamente, lei che voleva essere cancellata dalla memoria di tutti, lasciò il segno nella vita di almeno due persone: Barry, morto a 86 anni celibe e Robert Wiles, che non ha mai più pubblicato una fotografia.