Una battuta che si sente ripetere spessissimo è che in Italia vivono 60 milioni di commissari tecnici della Nazionale di calcio. In effetti, da sempre, il ruolo di CT è visto dalla gente comune quasi come se fosse più importante di quello del Presidente della Repubblica o del Consiglio. Per questo, chi lo ha rivestito nel corso del tempo, è stato sempre coperto di critiche spietate, al di là degli insuccessi e delle responsabilità relative a essi. Perfino di Enzo Bearzot, pochi giorni prima della vittoria mondiale del 1982, si diceva (e si scriveva sui giornali) peste e corna, salvo poi rimangiarsi tutto subito dopo il trionfo del Bernabeu.
Si può dire che le elucubrazioni di aspiranti CT della Nazionale, proposti a getto continuo sui giornali e nelle tv, muovano un giro d’affari di un bel po’ di milioni
Ma nessuno dei tanti CT mancati, a memoria d’uomo, è mai riuscito a eguagliare la fama raggiunta dal più popolare tra essi, il bresciano (sebbene nato in provincia di Parma) Eugenio Gaggiotti, detto Gegio, vissuto dal 1924 al 1991.
Sotto, l’unica fotografia disponibile online di Eugenio Gaggiotti, fotografato, secondo Wikipedia, in un Bar di Brescia nel 1967:
Gaggiotti era un grande intenditore di calcio, che frequentava l’ambiente a pieno diritto, prima in qualità di fratello di un modesto centrocampista (Giuseppe Gaggiotti, una presenza in serie A con il Napoli) e amico fraterno di un pilastro del Grande Torino e della Nazionale, lo stopper Mario Rigamonti; poi, dopo la tragica scomparsa di Rigamonti nel disastro aereo di Superga, in veste di talent scout e mediatore nel calciomercato.
Sotto, Mario Rigamonti del “Grande Torino”:
Fin qui, tutto normale. Il problema è che a un certo punto, nei primi anni ’50, visti i magri risultati degli azzurri, il buon Gegio si mise in testa che solo lui sarebbe riuscito a riportare la Nazionale ad alti livelli. E, visto che in Federazione non lo calcolavano nulla e non lo ricevevano nemmeno, decise di mettere in campo una strategia in parte vendicativa e in parte intimidatoria, delegittimando la Federazione stessa e i suoi campionati attraverso una lunga serie di partite truccate. Quante siano state queste, non si sa. Intervistato negli anni ’70 (addirittura da Indro Montanelli) prima ne confessò una settantina, poi abbassò la cifra a una ventina.
“Squadre che dovevan retrocedere e son rimaste al loro posto, squadre che dovevano essere promosse e che invece avevano ripetuto la classe, giocatori fidatissimi che hanno mollato nell’attimo fuggente necessario. Un capolavoro, signori miei: anzi, una serie di capolavori” Gaggiotti intervistato da Indro Montanelli.
Peraltro, non gli riuscì difficile attuare il suo piano. Molti presidenti e dirigenti di squadre in difficoltà si prestavano a dargli la massima fiducia e ogni forma di finanziamento, a patto che permettesse loro di evitare una retrocessione. Purtroppo per lui, diverse volte le sue pastette furono scoperte perché i giocatori coinvolti lo denunciarono.
La più scandalosa impresa di Gegio si ebbe nel campionato 1952-’53, quando riuscì addirittura a truccare una partita di serie A, Pro Patria-Udinese, terminata 2-3 dopo che il primo tempo si era chiuso sul 2-0. Almeno 4 giocatori della Pro Patria, Settembrino, Fossati, Mannucci e Travia, intascarono 150.000 lire a testa per far vincere gli avversari. La vicenda emerse solo durante il campionato 1954-’55 quando Settembrino fu coinvolto in un’altra combine, tra Pro Patria e Lazio, e, mentre negava ogni addebito per la partita in questione, confessò di aver preso parte a quella precedente.
Le indagini riuscirono a scovare una testimone, una ristoratrice di Busto Arsizio che, ignara di tutto, aveva fatto da tramite per la consegna dei soldi a Travia e, a quel punto, i fatti non poterono più essere negati e saltò fuori anche il nome di Gaggiotti come intermediario. Anche se non si riuscì a stabilire l’identità esatta dei suoi dirigenti coinvolti, l’Udinese (che in campionato si era classificata addirittura al secondo posto) fu retrocessa in serie B per illecito sportivo.
Al momento della scoperta di questi fatti, però, Gaggiotti si era già messo nei guai altre volte. Nel 1953, poco prima di Fanfulla-Alessandria in serie B, aveva avvicinato il portiere alessandrino Della Fontana, offrendogli 35.000 lire per facilitare la vittoria degli avversari. Della Fontana aveva finto di accettare ma poi lo aveva denunciato. Era stato combinato un incontro tra Gaggiotti e i dirigenti alessandrini ma, al posto di questi ultimi, si era presentata la polizia, che aveva arrestato Gaggiotti. Questo, però, una volta caricato sulla volante che doveva portarlo in commissariato, approfittando di un attimo di distrazione degli agenti, aveva aperto la portiera ed era saltato giù dall’auto in corsa, dandosi alla fuga.
Sotto, il Fanfulla della stagione 1953/54:
L’inchiesta federale stabilì poi che, con i dirigenti del Fanfulla, Gaggiotti aveva creato un vero e proprio fondo sociale di alcuni milioni, il cui scopo era appunto quello di comprare e vendere partite, a seconda di quale squadra avesse più necessità di fare punti. Ovviamente, il Fanfulla fu punito con l’azzeramento di tutti i punti conquistati in campionato e i dirigenti coinvolti furono squalificati o direttamente radiati.
Gaggiotti non subì però alcuna conseguenza legale perché non era tesserato da nessuna squadra e le leggi del tempo non prevedevano alcuna specifica sanzione per le sue attività illecite
Un’altra impresa di Gaggiotti, molto complessa, fu la combine della partita che concluse il campionato di serie B 1954-’55 con la promozione del Padova in serie A, Padova-Legnano 3-0. L’inchiesta relativa a questa gara (che coinvolse anche l’allenatore Nereo Rocco, futuro mister super-vincente del Milan negli anni ’60. Il suo ruolo non fu mai definitivamente chiarito) risultò particolarmente complessa per via dello scaricabarile con cui i giocatori del Padova cercarono di attribuire ogni responsabilità a un compagno, Zorzin, che aveva appena annunciato il proprio ritiro, anche perché Zorzin aveva avuto la delirante idea di raccontare i fatti in una lettera all’amico Nuciari, che invece giocava nella Triestina, società che era stata superata in classifica dal Padova grazie alla vittoria sul Legnano e quindi era parte in causa.
In realtà, come emerse successivamente, la lettera di Zorzin a Nuciari era falsa, Zorzin l’aveva scritta all’inizio dell’inchiesta per salvare il Padova, in cambio di 3 milioni di lire. La mediazione tra il Padova e i difensori Zian e Tarabia del Legnano (che avevano causato 2 rigori a favore del Padova) era come sempre opera di Gaggiotti.
Il quadro che ne risultò alla fine fu comunque tanto confuso che, nonostante le squalifiche e le radiazioni di diversi giocatori, le società non subirono conseguenze. La Federazione, a quel punto, aveva già diffidato le società di calcio dall’intrattenere qualsiasi tipo di rapporto con Gaggiotti: al punto che, quando nell’estate del 1954 questo si era presentato a Napoli per curare l’ingaggio di tre ragazzi da lui scoperti nel bresciano (tra i quali il mediano Posio, che sarebbe stato per 7 stagioni una colonna degli azzurri e avrebbe giocato anche una partita in Nazionale), la società partenopea lo tenne ben nascosto in un albergo per tutto il tempo che si trattenne in città.
Visto che tra la A e la B si era fatta dura per lui, per qualche anno, Gegio si dedicò alla serie C, continuando a combinarne di tutti i colori. Ma nel 1958 riuscì ad alterare di nuovo il risultato di una partita nella massima serie, Padova-Atalanta 0-3, caratterizzata da una serie di terribili errori difensivi di una delle stelle di quel Padova che stava conquistando un prestigioso terzo posto, Azzini. Questa volta, la storia finì in modo particolarmente grottesco, perché la truffa fu smascherata in seguito alla denuncia della ex fidanzata di Azzini, l’indossatrice Silveria Marchesini, che volle vendicarsi del mancato matrimonio spifferando tutto ciò che sapeva sugli incontri del suo ex con Gaggiotti.
Sotto, Silveria Marchesini:
Ma non finisce qui, perché la ragazza fu anche retribuita con una donazione di 3,5 milioni di lire dalla Sampdoria, club interessato alla vicenda perché finito ex aequo con altre 4 società al terz’ultimo posto e quindi costretto a una serie di spareggi per non retrocedere. Anche il Verona pagò profumatamente un altro testimone (un benzinaio amico sia di Gaggiotti sia di Azzini) perché interessato a prendere il posto dell’Atalanta se questa fosse stata retrocessa all’ultimo posto. Cosa che puntualmente avvenne (mentre Azzini fu radiato) ma il Verona finito penultimo dovette comunque giocarsi la permanenza in A con il Bari secondo classificato in B e perse lo spareggio.
Renato Azzini con la maglia del Padova:
Gli elementi involontariamente comici erano destinati ad accompagnare più o meno sempre le imprese di Gaggiotti
Il top fu raggiunto nel 1959, quando Gegio andò a Parma e fece scorta di pane, focaccia e dolci nel vapoforno di proprietà del capitano del Parma, Cocconi, approfittandone anche per proporre al proprietario di far vincere il Brescia nella partita di serie B che si sarebbe giocata solo due giorni dopo. Cocconi pensò che stesse scherzando e la prese a ridere ma, sfortunatamente, la partita terminò 2-0 per il Brescia, grazie anche a una prestazione sottotono e a una autorete di Cocconi stesso, per cui Gaggiotti si ripresentò puntualmente al negozio dell’amico per consegnargli un bel pacco di banconote da 10.000 lire. A quel punto, Cocconi lo denunciò all’istante.
Tuttavia, grazie a un buon avvocato, sia Gaggiotti sia il Brescia se la cavarono senza conseguenze
Le ultime gare che si ritiene siano state truccate da Gaggiotti si giocarono in serie B nella stagione 1966-’67. Dopodiché, Gegio prese atto della triste realtà per cui nessuno gli avrebbe affidato la Nazionale, nemmeno dopo la disfatta di Middlesbrough contro la Corea ai Mondiali inglesi, e prese a vivere come una persona normale, tra famiglia e lavoro.
Da questa vicenda, si possono trarre un bel po’ di considerazioni
Una è sicuramente relativa al fatto che lo sport, da quando ha cominciato a diventare un business, ha attirato ogni sorta di delinquenti come mosche sul miele, e l’andazzo non accenna certo a diminuire. La seconda è che, con l’andare del tempo, i delinquenti sono diventati figure sempre più pericolose e ripugnanti, lontane anni luce dal simpatico, pittoresco e a modo suo idealista Gegio Gaggiotti. La terza è che sorprende davvero il fatto che, nella intensa e gloriosa stagione della commedia cinematografica all’italiana, nessuno si sia mai fatto venire in mente di girare un film sulle avventure di un personaggio davvero unico e ineguagliabile come questo.