“… I nostri dubbi sono traditori, e ci fanno perdere il bene che potremmo ottenere perché abbiamo paura di tentare…”
William Shakespeare
Il ruolo dell’insegnante, da sempre, rappresenta quello del comunicatore, colui o colei che attua il processo comunicativo con facilità e che lo utilizza come strumento privilegiato dell’apprendimento. Per il docente, però, non è sempre facile sostenere non solo la comunicazione, ma anche il processo di insegnamento, poiché, costantemente, si trova a fare i conti con la propria etica e professionalità. È dall’azione docente che possiamo ricavare le formule di un’etica della professionalità insegnante. L’insegnante trasmette (saperi, cultura, norme) e valuta (l’apprendimento e la formazione), ma anche orienta, guida, sostiene l’allievo, curvando su di lui tutto il suo operato; inoltre è inserito all’interno di una micro-comunità (la classe, la scuola) e partecipa attivamente ai suoi processi, ai suoi problemi, alle sue pratiche, ma non solo progetta, svolge il ruolo di programmatore, di costruttore di itinerari teorici e pratici, didattici e formativi…
In altre parole, potremmo definire la professionalità e l’etica nel docente come una serie di “contrassegni” che forniscono un valore sostanziale alla funzione dell’insegnante. Questa potrebbe essere una sorta di panoramica sull’importanza della professionalità in ambito scolastico, ma non basterebbe. Prima di tutto dobbiamo sottolineare che l’etica e la professionalità reclamano un impegno costante. Impegnarsi, in questo senso, significa: stare con/vicino a… collaborare con… pensare e ripensare gli obiettivi, darsi compiti… E l’impegno si costruisce sulla comprensione e sulla fedeltà. Comprensione della differenza di colui per cui ci si impegna e fedeltà al proprio progetto, pur mutabile che sia. Senza impegno il processo formativo collassa e si trasforma in routine, una routine non rassicurante, ma scolorita, che svilisce le mete e rischia di impigrire gli animi.
In secondo luogo l’etica necessita di responsabilità educativa, in cui la responsabilità (il farsi carico di fini e mezzi, e del loro raccordo e della loro dialettica) sta al centro, come dispositivo-chiave.
In ultima analisi, poi, troviamo l’etica legata alla comunicazione, in cui la conversazione diviene solo uno dei tanti strumenti, in cui il linguaggio non è inteso solo come verbale, ma anche e, soprattutto alla scuola dell’infanzia, come linguaggio non verbale. Una dimensione tipica dell’insegnare, poiché non giocata sempre sulla parola, ma sul confronto, sullo stare insieme, gestiti in forma sempre più relazionale e dinamica.
L’etica e la professionalità dell’insegnante si collocano al punto di unione e di tensione tra queste tre caratteristiche Tra impegno, responsabilità e comunicazione deve attivarsi però una deontologia che proprio sulla responsabilità si fa organicamente costruttiva.
Cosa si intende per “codice deontologico”?
Lasciando però questo terreno di teorizzazione etica della professionalità insegnante e scendendo sul terreno più operativo, più concreto, il problema che si pone è se è possibile fissare un codice deontologico, che funga da promemoria e da “orientatore”. È possibile proprio esplicitando le dimensioni etiche dell’operare docente e fissandole in norme e regole. Da qui l’idea di un codice, che – tra l’altro – sulle professioni libere ha avuto un ruolo essenziale: si pensi al giuramento ippocratico dei medici. Oggi che anche l’insegnamento (da attività ora para-parentale ora burocratica) si fa professionalità più libera (quindi anche più responsabile) e più problematica e complessa (per i fattori che coinvolge), l’idea di un Codice si è fatta più pregnante e più urgente, e proprio perché la responsabilità personale dell’insegnante viene posta in primo piano.
Proviamo, qui, a elencare i primi, fondamentali articoli di questo ipotetico “codice”. Partendo dalla riflessione attuale sia sull’etica sia sulla professione docente si possono indicare sette articoli-chiave o base.
1° Insegnare “secondo verità”, ma sempre attraverso il metodo critico e mai secondo quello dogmatico, cosicché la verità emerga sempre nella dialettica dei punti-di-vista e come approssimazione alla verità.
2° Formare alla/nella libertà, ovvero dare strumenti ai soggetti per emanciparsi da vincoli, condizionamenti, pregiudizi e per “darsi forma” secondo il principio della libertà: della libera costruzione di sé, pur difficile che essa sia.
3° Capire l’individualità degli alunni, il più possibile, per quanto è possibile, per meglio orientarli e comprenderli nel loro percorso educativo e formativo.
4° Attivare sempre il sostegno: mettersi a disposizione; intervenire per capire disagi e problemi; agire stando vicino a… (al bambino, alla famiglia).
5° Valorizzare il dialogo, per interiorizzarlo e farlo apparire come valore, se pure faticoso, in quanto produce vicinanza, comunicazione ed empatia.
6° Farsi mediatore razionale rispetto a ciò che è pubblico, politico o sociale che sia: rispetto a ideologie, a confessioni, a tradizioni, etc., in modo da portare più comprensione, dove c’è, spesso, pregiudizio, chiusura emotiva, etc.
7° Mostrare sempre la cultura (nel senso più ampio del termine) come valore, che lo potenzia, ne interpreta e arricchisce il senso…
Provate anche voi ad inserire nuove voci a questo ipotetico “Codice Deontologico”: sicuramente ciascuno inserirebbe altre considerazioni, necessità e/o idee ritenute “irrinunciabili”, oppure provate a dare un ordine diverso da quello sopra elencato… In base alla mia esperienza vi posso confermare che è davvero utile questo esercizio perché fonte di riflessione: ciascuno di noi avrebbe sicuramente modi differenti di intendere l’etica e la deontologia professionale e questo diviene importante in un’ottica di scambio, condivisione, crescita e formazione, senza trascurare un ingrediente fondamentale: la motivazione. La motivazione, infatti, è indispensabile affinché possa continuare ad ardere quella “passione educativa” che dovrebbe contraddistinguere ciascun insegnante o meglio, ciascun educatore, dal nido fino all’università.